Viaggio tra Milano e i Balcani, inseguendo Il clima ideale

In Letteratura

Un’avventura, firmata dal cronista di giudiziaria Franco Vanni, che dissotterra scheletri sepolti da vent’anni.

Ci sono dei libri su cui ti impunti. Basta vederli per una frazione di secondo in libreria, o sulla pagina Facebook di un amico, per esserne irrimediabilmente ispirata. Con Il clima ideale di Franco Vanni, per me, è stato così. Risalire la china dei perché non è forse particolarmente produttivo; sarà stata la copertina verde e azzurra come vorresti che fossero tutti i giorni di settembre. Sarà stato il titolo, evocativo e misterioso insieme. O l’editore, Laurana, che ha un obiettivo nobile come “pubblicare letteratura che mostri le solite cose, ma in modo completamente diverso”. O forse solo quel larghissimo giro di conoscenze milanesi, per cui ti sembra sempre di conoscere tutti, che assottiglia la distanza tra la grande città e un paese. Fatto sta che, tra le tante novità di questa fine estate, ho deciso di leggere Il clima ideale.

Arriva un punto, però, quando finalmente ti ritrovi in mano il volume prescelto, dopo aver letto dedica e citazione iniziale, insomma sul limite della prima pagina, in cui improvvisamente vieni colta dal dubbio: e se poi non mi piace? L’arbitrarietà della tua decisione ti si para improvvisamente davanti: hai scelto praticamente alla cieca, non c’è niente che ti garantisca che non rimarrai delusa.
Per fortuna, stavolta mi è andata bene.
Innanzitutto perché, fin da subito, ho simpatizzato per i protagonisti, un nonno e un nipote fatti di una stessa pasta dura, abituati a plasmare il destino e la storia secondo le proprie regole.
Michele è un lobbista timido, uno che non fatica a piegare il concetto di legalità al proprio interesse, ma anche uno che conta i passi per andare da un posto all’altro. Uno che non si impressiona né si fa influenzare facilmente, ma che poi non è tranquillo senza il suo yoyo.
L’unica autorità che riconosce senza discutere è quella di suo nonno Folco, psichiatra novantunenne, che condivide con il nipote l’interpretazione arbitraria della legge (“Scusa una cosa”, disse [Michele] ad alta voce, “ma perché non paghi le spese di condominio?” “Ho novant’anni” esordì il nonno, con tono solenne, “se devo scegliere a chi dare i miei soldi, preferisco sia una persona a cui voglio bene. Ad esempio tuo cugino, che almeno se li spende con qualche bella ragazza”. P. 57).
In effetti è proprio la volontà ferrea e bizzarra di questo vecchietto inarrestabile (il personaggio più pensato dell’opera, a detta dell’autore) a mettere in moto la trama del romanzo. Sarà lui a coinvolgere il nipote in un’incredibile avventura in cui il nostro lobbista senza scrupoli rivestirà, quasi fino alla fine, il poco lusinghiero ruolo di “investigatore inconsapevole”. Un’avventura che dissotterra scheletri sepolti da vent’anni, in bilico tra Milano, l’Albania, la Serbia e la Bosnia.
A dare corpo e continuità alla trama contribuisce infatti senz’altro il fascino dei luoghi.
Prima di tutto c’è Milano, che l’autore racconta un po’ con voce da cronista (Vanni scrive di giudiziaria per La Repubblica), e un po’ – soprattutto – con lo sguardo innamorato di chi la conosce e la abita da sempre. Il ritratto che ne esce restituisce al lettore l’immagine una città ruvida, infestata di turiste sguaiate, ragazzini ubriachi al Bar Rattazzo e piccole imprese criminali nelle cantine dei palazzi di periferia; una città di cui però, nonostante tutto, non si può non riconoscere il fascino.
Poi ci sono i Balcani, in cui le guerre “non le vuole ricordare più nessuno, a Belgrado come a Tirana” (P.33); anche se poi, tra attentati, pestaggi e pedinamenti, la violenza sembra annidarsi dietro ogni angolo.
Su quest’ambientazione tanto variegata, Vanni costruisce la sua narrazione, che risulta intricata ma sempre godibile, impegnata senza diventare pesante.
Con sorprendente leggerezza, infatti, l’autore riesce ad accostare il dramma della guerra nelle campagne della Bosnia orientale al dettagliatissimo resoconto del miracolo di Senna a Donington nel ’93. L’indolenza della quotidianità milanese del protagonista ai sanguinosi inseguimenti per le strade di Tirana.
Il risultato è una storia drammatica popolata di macchiette, in cui – oltre al vecchietto incredibile e al lobbista timido – figurano, tra gli altri, il criminale senza scrupoli, i suoi scagnozzi pieni di cicatrici, la figlia del cattivo, ovviamente bellissima e coraggiosa, gli investigatori privati un po’ minacciosi e un po’ pasticcioni…
Ed è forse proprio in questa continua alternanza di toni e situazioni che risiede il segreto di Il clima ideale. La piacevole impossibilità di ingabbiare le pagine in una definizione di genere o di stile dice di una complessità che una forse non si aspetta, da un libro scelto d’istinto a fine estate.

Il clima ideale, Franco Vanni (Laurana, 2015, 283 pp., 16€)

 

Immagine: On the road