Week End – amara solitudo, questa (s)conosciuta

In Teatro

Week End: dal testo di Annibale Ruccello del 1983 Luca De Bei adatta uno spettacolo per il teatro con Margherita Di Rauso

Annibale Ruccello non è uno tra gli autori più conosciuti, ma il testo Week End allestito all’Elfo Puccini per la regia di Luca de Bei ben mostra quello che il drammaturgo partenopeo nasconde dietro le righe delle sue pièce. Perno dell’opera è la storia di Ida (Margherita Di Rauso) , un’insegnante di lingue affetta da un handicap che la porta a zoppicare alla gamba sinistra: la sua vita si barcamena tra le ripetizioni a un giovane ragazzo (Lorenzo Grilli) e la scuola, con la necessità di dimenticare quel difetto fisico che non solo l’ha resa diversa dalle altre donne del paese natìo, ma che non le ha permesso di vivere una vita da moglie, né di essere guardata con gli stessi occhi dagli uomini che desiderava. Per sopperire alla mancanza di considerazione lancia timidamente avances a un giovane idraulico (Giulio Forges Davanzati) che con un pretesto porta a letto. La donna, però, non si accorge che il suo studente la spia con curiosità…

 

Senza dubbio la centralità della rappresentazione si fonda sulla solitudine della protagonista, trasfigurando in chiave nostrana un personaggio che pare uscire da un dramma di Tennessee Williams. Molto interessante è la scenografia che disegna l’ambiente un po’ retrò in cui l’aspetto metodico da insegnante è supportato da una colonna sonora parigina anni Cinquanta e da altrettanti arredi bene ordinati, in contrasto con le figure dei due giovani che sembrano arrivati direttamente dagli anni Ottanta e che esprimono la forza e il disordine di due generazioni in contrasto, la cui comunicazione non avviene realmente a un livello di profonda comprensione.

La sessualità è vista dalla donna come un’arma per imporsi sull’altro o su quegli altri che avrebbe voluto come compagni, sui giovani che la affascinano e seguono le sue parole, ma il suo atteggiamento mostra la povertà di una mancata accettazione che se in qualche momento è capace essere soddisfatta da viaggi o amanti occasionali, mostra il segno scoperto e non ancora sanato del trauma della perdita di dignità. L’aspetto esteriore collide fortemente con i desideri celati e inespressi di una rivalsa interiore, inconscia ma fortemente voluta, un muto grido di disperazione verso l’accettazione di sé stessa e degli altri e manifestata dalla ricerca spasmodica di corpi e sguardi che la desiderino. Forse anche l’interno e l’esterno con cui il regista gioca continuamente, grazie ad un balcone con vista su un’immaginaria periferia di Roma, sanciscono i momenti di felicità o tristezza, introversione ed estroversione, coscienza e non-coscienza destinati a non risolversi se non in una folle e quasi onirica metafora in cui il quotidiano si rivela spettro distorto, racconto, forse leggenda di un cuore sofferente. La cifra stilistica dello spettacolo è la tinta dialettale romana e partenopea, il punto a favore risiede proprio nella manifestazione di quel lato coperto e invisibile di una pulsione in apparenza dimenticata, coperta da una necessità sociale imperante ma che spinge e implora di essere ascoltata per non essere nascosta sotto il tappeto a generare fantasmi senza soluzione – perlomeno in apparenza.

Bravi gli attori, soprattutto la Di Rauso che tiene bene tutto lo spettacolo, puntuale la regia di Luca de Bei e ottimo l’impianto delle scene di Francesco Ghisu.

 

(foto di Pietro Pesce, video di Teatro Elfo Puccini)  

 

Week End di Annibale Ruccello, al Teatro Elfo Puccini fino al 18 dicembre