“Tessiture di sogno”: Sebald viaggia nel tempo

In Letteratura

Da Kafka a Nabokov, da Napoleone a Chatwin: nell’ultima raccolta di racconti, pubblicata postuma e ora edita da Adelphi, W.G. Sebald rivela tutta la sua sapienza di viaggiatore nel tempo. Scopre tracce, scruta sopravvivenze, mette in moto associazioni. E restituisce vita alle ombre, perché «occuparsi del passato … è ciò che fanta­smi e scrittori hanno in comune».

L’ultima raccolta di racconti di Winfried Georg Sebald, intitolata Tessiture di sogno e uscita postuma nel 2003, viene oggi pubblicata da Adelphi, come tutte le sue altre opere.
La lettura di Sebald sembra un’esperienza facile, inoffensiva, piacevole.
Sebald si presenta come un viaggiatore, osserva il paesaggio, la luce, i colori, ne descrive le sfumature, poi si concentra su un albero, oppure una casa, un pozzo, un vecchio e a questo punto (come Alice che, seguendo Bianconiglio, precipita in un pozzo infinito, spaventoso, colorato) a poco a poco l’albero, la casa, il pozzo, il vecchio prendono vita e ci raccontano la loro storia: talvolta le loro storie si incrociano e incontrano anche la grande Storia, talvolta ne incontriamo altre che si associano e ricostruiscono un mondo per piccoli, insignificanti frammenti.


Sebald è viaggiatore nel tempo e nello spazio, nella storia e nel mito, in vite di piccoli e grandi uomini, nel conscio e nell’inconscio e ci riempie di invidia e di gioia tanto riesce a dar vita a piccoli indizi, a libere associazioni, a citazioni più o meno colte; ci piacerebbe essere viaggiatori bravi come lui, ma comunque seguirlo nei suoi pellegrinaggi è un piacere degli occhi, della conoscenza.
Tanto per capirci, certo su un registro epico, ma che conosciamo bene fin dalla scuola, vengono in mente quelle strofe di Ugo Foscolo nei Sepolcri:

‘…Un dì vedrete
Mendico un cieco errar sotto le vostre
Antichissime ombre e brancolando
Penetrar negli avelli, e abbracciar l’urne
E interrogarle. Gemeranno gli antri
Secreti, e tutte narrerà….’

Certo Sebald non è Omero, e non si sogna neanche di imitarlo, ma il dono di ridare vita alla ombre del passato ce l’ha ed è un’esperienza immersiva.
Per capirci, cominciamo dal primo dei racconti: Breve escursione ad Ajaccio.
Sebald arriva in Corsica per una vacanza di quindici giorni. È settembre. Una giornata piena di luce. Di Ajaccio non sa niente, salvo che ci è nato Napoleone. Vaga per i porticati della città, si infila negli androni bui, vorrebbe vagare senza scopo, quando si trova davanti all’ingresso del Musée Fesch. La tentazione di dare uno scopo al suo vagabondare è troppo forte. Scopre leggendo il suo vecchio ‘Guide Bleu’ che Josef Fesch, era fratellastro di Napoleone e che grazie ai privilegi ottenuti dall’imperatore era diventato uno dei più insaziabili collezionisti della sua epoca. Il museo trabocca di tesori trafugati in chiese e castelli, confiscati agli émigrés. A questo punto Sebald comincia a descriverci i quadri più belli, a ricostruirne la storia. Prima di uscire, scende nei sotterranei, stipati di cimeli napoleonici.
Un bric a brac di tagliacarte, sigilli, scatole, uova di struzzo, medaglioni, tutti decorati con l’effigie dell’imperatore. Lo spettacolo più stordente sono

‘le numerose statuine dell’imperatore in steatite o in avorio, che lo mostrano nelle sue celebri pose e che, a cominciare da quelle di una decina di centimetri, vanno via via rimpicciolendo, finché non si vede più nulla, se non una macchiolina bianca e vaga, forse il punto di fuga dove svanisce la storia dell’umanità’.


La riflessione sul fluire del tempo e la sua inesorabile entropia ci accompagnano nel vicino cimitero di Piana. La baia sottostante è splendida, piena di turisti che fanno il bagno, mangiano, ridono, poi Sebald si inerpica sul sentiero che porta al camposanto. È in completo abbandono, pietre sgretolate, gradini franati, resta dell’affetto dei parenti qualche orrido fiore di plastica colorata, sembra quasi una beffa. Guardandosi in giro, si scoprono erbacce che spuntano dappertutto, alcune con fragili corolle di fiori, altre con eleganti viticci, è la natura che gentile e risoluta riprende il sopravvento.
Il procedimento, dall’osservazione esterna, al ricordo, all’associazione è la struttura anche dei saggi critici, su Peter Handke, su Günter Grass, su Kafka, su Chatwin, su Nabokov, ed è proprio il saggio su quest’ultimo, Tessiture di sogno, che dà il titolo alla raccolta.


‘Secondo Nabokov e secondo la teoria messianica della redenzione non occorrono grandi mezzi per mettere in moto qualcosa di così bello: basta una minuscola scossa mentale capace di ibernare i pensieri, che continuano a girare in tondo nella gabbia della nostra testa, così da schiuder loro la via di un universo in cui, come in frase ben costruita, c’è posto per ogni cosa e ogni cosa è al suo posto. gli accorgimenti che uno scrittore deve utilizzare per costruire una simile frase sono stati paragonati da Nabokov a quelli di una partita a scacchi nella quale i giocatori sono a loro volta i pezzi mossi da una mano invisibile’.


Così Nabokov ci svela chi è il suo maestro.

(Visited 1 times, 1 visits today)