La nuova famiglia triangolare, con affidamento congiunto, ma del marito

In Cinema

Alexandra Leclère adora mettere i suoi personaggi in situazioni in cui non hanno scelta (vedi “Maman” e “Benvenuti… ma non troppo”), per vedere come si comportano: stavolta impone al malcapitato Jean, sposato felicemente da 15 anni un ménage a tre in cui a condurre il gioco solo la moglie e l’amante, alleate e vincitrici più che tradite e sconfitte. è un buon cast a salvare il gioco

Tornati dalle vacanze estive, potrete godervi la spumeggiante commedia di Alexandra Leclère Un marito a metà con Valérie Bonneton, Didier Bourdon e Isabelle Carré; la storia di un “amore condiviso”, di un affidamento congiunto non della prole ma del malcapitato marito.

Dopo quindici anni di matrimonio e due figli con Jean (Didier Bourdon), Sandrine (Valérie Bonneton) scopre attraverso degli sms compromettenti che questi la tradisce con Virginie (Isabelle Carrè); disperata, la donna impone al marito di non vedere più l’amante e lui, temendo di perdere la famiglia, ubbidisce. Sandrine si rende ben presto conto, però, che Jean è innamorato di Virginie e non è felice senza di lei. Con l’aiuto della madre, progetta quindi un piano per recuperare l’amore di suo marito: propone a Virginie un affidamento congiunto del coniuge a settimane alterne, con annesse tutte le responsabilità che prevede una famiglia, figli compresi. Ma quella che sembrava inizialmente una situazione ideale, si rivelerà ben presto, per Jean una trappola, e per le due donne un triangolo fatto non solo di gelosia e ripicche, ma anche di solidarietà.

La Leclère adora mettere i suoi personaggi in situazioni in cui non hanno scelta, per vedere come si comportano; come una burattinaia un po’ crudele, la regista francese obbliga i suoi protagonisti a confrontarsi con una decisione che non viene da loro, facendoli ciondolare tra una peripezia e l’altra: se in Maman (2012) erano i due figli a costringere la madre ad amarli, nel campione di incassi Benvenuti…ma non troppo (2015) era la legge a imporre ai cittadini agiati di ospitare dei senza tetto a casa loro, e così in Un marito a metà sono le protagoniste femminili a dare l’ultimatum a Jean. Ed è a causa sua, e dei sentimenti che ha suscitato in loro, se lo porteranno alla situazione triangolare che è alla base della trama del film.

In un mondo in cui condivisione è la parola d’ordine, non ha più senso tacere e sopportare in silenzio il tradimento, come ha sempre fatto il personaggio di Hélène Vincent che interpreta la madre di Sandrine nel film. Così il triangolo diventa la nuova forma geometrica per indicare la famiglia, almeno all’inizio; sì perché se al principio sembra l’uomo a trarre giovamento dalla situazione, inaspettatamente sono le donne a tenerlo per il cappio, riuscendo a superare anche il vincolo della gelosia prendendo “il buono” della situazione. Nella divertente scena finale, è ben chiaro cosa per la regista conti veramente di un uomo: e ormai, per la “moderna società occidentale”, è forse veramente così.

Gli attori aiutano la Leclère in quella che è una sceneggiatura a dir poco azzardata, in cui i canoni della commedia classica sono un lontano ricordo, se non per qualche inevitabile cliché ormai stantio anche per il pubblico francese. Però, per lo spettatore, una cosa è certa: finite le vacanze, bisogna ridere per tornare al lavoro e Un marito a metà non vi deluderà.

Un marito a metà di Alexandra Leclère, con Didier Bourdon, Valérie Bonneton, Isabelle Carré, Hélène Vincent, Laurent Stocker, Michel Vuillermoz, Jackie Berroyer, Billie Blain, Marty Berreby, Lise Lamétrie, Agnès Hurstel, Thomas Gérard, François Perache, Marion Miquel-Murray

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