Quando il palcoscenico diventa un serial

In Teatro

Inizia a Torino la lunga marcia a episodi di “6 Bianca” di Stephen Amidon che coordina un gruppo della scuola Holden. Regista Serena Sinigaglia, soggetto la città

“Chi ha ucciso Laura Palmer?” ci si è chiesti per due stagioni davanti alle immagini televisive di Twin Peacks di David Lynch.

“Perché si è uccisa Bianca Ferraris?” si chiederanno ora fino a maggio gli spettatori seduti in poltrona nella platea del Teatro Gobetti di Torino davanti agli attori di 6Bianca. Stephen Amidon (lo scrittore americano consacrato da noi dal romanzo Il capitale umano, da cui Virzì ha tratto il suo film) sperimenta oggi in teatro la formula della narrazione seriale.

Non è la prima volta che succede in Italia, con precedenti anche illustri come Bizzara di Rafael Spregelburd al Napoli Teatro Festival 2003, ma è la prima volta che è la produzione di uno Stabile ad occupare (o si dovrebbe dire blindare?) per oltre tre mesi una delle principali sale cittadine.

Un complesso di sei puntate (una per ciascuno dei personaggi principali), portate in scena dal giovedì alla domenica con la cadenza di una ogni due settimane, ma con la possibilità di recupero degli episodi eventualmente perduti attraverso lo streaming del web… così anche chi non riesce a recarsi di persona a Torino può avere un’idea di quel che va continuando ad accadere su quel palcoscenico.

A coordinare un operazione così articolata è stata chiamata la regista milanese Serena Sinigaglia, a cui il copione definitivo da dirigere viene consegnato quasi all’ultimo momento, non appena è licenziato dall’officina della Scuola Holden dove Amidon presiede un gruppo di lavoro drammaturgico.

Come si deduce facilmente siamo di fronte a un’operazione tutta made in Torino e tutti torinesi sono anche i riferimenti ai luoghi e ai fatti dell’azione: peccati e coltellate nel ristretto cerchio di una famiglia di alti industriali sabaudi (saranno mica gli Agnelli?) e una scenografia che riproduce le rovine di una fabbrica in cui sono morti numerosi operai per una porta di sicurezza impossibile da aprire durante un drammatico incendio (sarà mica la ThyssenKrupp?).

Tra quelle mura diroccate si è impiccata Bianca Ferraris, dopo aver bruciato un quaderno o forse un diario, accompagnata nel suo ultimo istante solo dalle note rock dei Radiohead.

Perché l’ha fatto? La risposta l’avremo, come di regola nei serial, da intrighi e confessioni più o meno segrete tra suo padre, la sua matrigna, il segretario innamorato clandestino, la miglior amica (che è anche l’amante del padre), il responsabile della sicurezza, un misterioso barbone e la nonna in esilio. Però per saperlo dovremo attendere fino alla fine dell’ultimo episodio.

Per ora si può parlare con cognizione di causa solo del pilot che ha posto le premesse e scoperto le prime carte su quanto c’è da aspettarsi. Di certo si può già dire che la direzione degli attori è al massimo livello e Pierluigi Corallo, qui protagonista nel ruolo del padre, il cinquantenne capitano d’industria, ne ha dato esplicita prova.

Per il resto si può già apprezzare l’uso antinaturalistico delle luci pensato dalla regia con gli attori a illuminare da soli un proprio primo piano prendendo in mano fari e torce portatili in totale contrasto con l’iperrealismo della magnifica scena di Maria Spazzi.

Qualche riserva rimane su taluni passaggi della scrittura quando si butta in un’inutile polemica autoironica contro chi produce sceneggiature per le serie TV (“Guarda che perfetta scena per Centovetrine!”) o esibisce vanitosamente certi aspetti della propria aristocratica matrice letteraria.

Di certo è troppo presto per esprimere dei giudizi definitivi. Ora la curiosità è al massimo grado come alte le aspettative. Non resta che attendere ovvero To be continued…

6Bianca, di Stephen Amidon, regia di Serena Sinigaglia, al Teatro Gobetti (Torino) fino al 10 maggio

(Visited 1 times, 1 visits today)