Ecco perché siamo scappati da Scientology

In Cinema

L’ottimo documentario “Going Clear” di Alex Gibney intervista molti noti fuoriusciti dalla “setta” fondata da Hubbard: ne esce un quadro davvero inquietante

Un documentarista del rango di Alex Gibney (vincitore dell’Oscar con l’inchiesta filmata Taxi to the Dark Side) non poteva farsi scappare l’occasione di trasporre in immagini uno dei più interessanti libri degli ultimi anni, Going Clear: Scientology, Hollywood, and the Prison of Belief del giornalista premio Pulitzer Lawrence Wright, in cui, attraverso le testimonianze di vari e importanti ex adepti, si cerca di indagare sull’organizzazione para-religiosa oggi più discussa a livello mondiale. Il film s’intitola Going Clear: Scientology e la prigione della fede, e arriva nelle sale in una stagione da sempre considerata ingrata dai distributori italiani, ma che meriterebbe invece molta più attenzione e scelte coraggiose, come far uscire film di questi tipo.

Gibney, che ha alle spalle in quest’occasione la Hbo come produttore, utilizza il suo consueto stile asciutto e lineare per raccontare, anzi farsi raccontare, tutto ciò che accadde dalla fondazione di Scientology, negli anni 50, in poi: dai metodi dell’ideatore L. Ron Hubbard, sino alle decisioni dell’attuale capo David Miscavige, passando per le storie dei membri illustri John Travolta e Tom Cruise. Due ore in cui si alternano spezzoni di interviste, documenti originali e filmati d’epoca, che documentano l’enorme potere, soprattutto economico e immobiliare raggiunto dall’organizzazione, la sua capacità di condizionare le idee di milioni di adepti, i loro comportamenti anche privati, caso celebre quello del divorzio tra Cruise e Nicole Kidman, di fatto deciso dalla “chiesa” per l’opposizione del padre di lei ai suoi metodi decisamente autoritari.

Un film d’impegno morale che permette allo spettatore di avvicinare questo argomento molto controverso con informazioni di prima mano, un duro colpo a un’organizzazione potente da un film in cui l’arte comunque trova il suo spazio: la sequenza dei fedeli torturati psicologicamente sulle note di Bohemian Rhapsody dei Queen è l’emblema di una tecnica che mescola il realismo della ricostruzione storica all’estro più spinto. Una brillante strategia, che non lascia indifferenti, una direzione in cui forse ci si sarebbe potuti spingere di più. Ciò che conta in Going Clear: Scientology e la prigione della fede è però soprattutto il contenuto che emerge in molti passaggi, anche duri, delle interviste-racconto che sono tutte di sicuro impatto emotivo. A cominciare dalla quella di Paul Haggis, nome di punta a Hollywood.

Going Clear è un nuovo esempio di un genere, il documentario, che sta diventando sempre più importante, perché riesce, con i tempi e i mezzi propri del cinema, a narrare vicende forti, che su altri media trovano spesso meno spazio e la cui denuncia acquista qui una potenza d’impatto considerevole. Citizenfour di Laura Poitras, sul caso Edward Snowden, uscito recentemente in Italia, ne è un altro grandissimo esempio. Entrambi film necessari, che valgono assolutamente la visione in sala (anche d’estate).

Going Clear: Scientology e la prigione della fede, documentario di Alex Gibney su Ron Hubbard

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