Dove sei, mondo bello: ricerca e disincanto secondo Sally Rooney.

In Letteratura

Nel suo terzo romanzo, “Dove sei, mondo bello”, tradotto in Italia per Einaudi, l’autrice irlandese riporta in scena gli ingredienti dei suoi precedenti successi, aumentando la maturità e la distanza da cui osserva i suoi giovani e infelici protagonisti.

Alice è uno dei quattro personaggi principali di Dove sei, mondo bello, il terzo romanzo dell’autrice irlandese Sally Rooney. Lei, come dichiara durante il suo primo appuntamento con Felix, un magazziniere conosciuto su un’applicazione di incontri, scrive (proprio come la stessa Rooney) libri che parlano “…Oh, non so(…). Delle persone”.

Esiste un mercato per questi libri, molte persone li considerano buoni, e quindi Alice, ha successo. È reticente e allo stesso tempo orgogliosa di questo. Una parte di lei manifesta il suo disagio per la necessaria partecipazione ad eventi promozionali che sono parte contingente della sua professione. Alice è quel tipo di autrice che: ”Ieri pomeriggio ho rilasciato tre interviste e ho fatto un servizio fotografico di un’ora”, il tipo di autrice con una pagina di Wikipedia, con diritti di film che vale la pena svendere e, certamente, anche con un sacco di soldi.

Per chi già conosce Sally Rooney, Alice appare chiaramente come un’alter ego della sua creatrice: nessun altro protagonista nei suoi romanzi precedenti – Parlarne tra amici e Persone normali (entrambi editi Einaudi e soggetto per serie TV che la Rooney ha co-scritto) – le assomiglia così tanto ed invita in modo così seducente ad immaginarla come una controfigura della Rooney stessa. Perché Sally Rooney scrive personaggi di fantasia che, come lei, sono giovani, irlandesi e globalizzati (o per meglio dire, molto contemporanei e anche molto “online”), e perché come Alice ha guadagnato un livello straordinario di fama nei pochi anni trascorsi dal suo debutto.

Come in un climax ascendente, nei suoi tre romanzi la Rooney è diventata progressivamente sempre più coinvolta nei giudizi critici dei suoi personaggi. E ancora di più che nei suoi due precedenti romanzi, in Dove sei, mondo bello qualcosa appare (volutamente?) contraddittorio, così come nella carriera della stessa Rooney. Ed è lecito quindi farsi delle domande.

Perché la Rooney, marxista dichiarata, scrive di persone che sembrano indossare la loro politica pigramente solo nei loro discorsi e mai attivamente altrove? Perché il loro dichiarato credo radicale si manifesta concretamente solo nella loro sfera sentimentale e passionale? Non è ironico che un libro di un’autrice che ha espresso disagio per la sua celebrità venga promosso con scatole di merchandising esclusivo, edizioni a tiratura limitata e camion decorati con la copertina del libro?

Sul tema Becca Rothfeld ha scritto per The Point: “Per quanto divertente, cerebrale o marxista possa essere la Rooney di persona, i suoi romanzi non sono affatto radicali”. Potrebbe essere infatti che Parlarne tra amici e Normal People catturino con un successo quasi involontario l’impotenza e l’ipocrisia che abbondano nelle comunità alla moda di sinistra e che popolano gli ambienti immaginari della Rooney.

Dove sei, mondo bello è il terzo romanzo della Rooney in soli quattro anni e quindi forse era inevitabile che integrasse gli effetti di questo successo nella sua stessa trama.
Lo schema del romanzo è piuttosto semplice, arricchito da simmetrie di trama e asincronie sociali.

Alice, la sua migliore amica del college Eileen, e i rispettivi compagni Felix e Simon. Amicizia, amore, disparità di classe, passione e incomunicabilità sentimentale.

Se da un lato, come detto, Alice incarna una giovane e infelice scrittrice di successo, Eileen dall’altro le fa da contraltare, non riuscendo ad emergere come collaboratrice di una rivista letteraria. Le due amiche si assomigliano e condividono gli stessi valori, la stessa posizione critica nei confronti del mondo che le circonda. Il lettore ha accesso al loro pensiero più intimo grazie all’uso di e-mail, scambiate tra le due protagoniste con regolarità all’interno del romanzo. Questa corrispondenza consente di avere una diretta visione su ciò che le due amiche pensano della loro vita, sulle loro divagazioni sulla vita moderna e le sue piaghe, inclusa la relativa utilità (o futilità) della scrittura di romanzi. Alice dubita che ciò che fa possa essere considerato come un lavoro in senso stretto. La fama la rende infelice; non riesce a capire in che modo una come lei possa cambiare lo stato delle cose attraverso la vendita dei suoi libri. Deride gli autori contemporanei i cui piccoli romanzi sensibili sulla vita reale non trattano la sofferenza e la catastrofe che caratterizza ciò che accade realmente per gran parte del mondo, anche se ammette lo stesso di sé stessa “non c’è peggior colpevole del mio stesso lavoro. Ragione per cui non credo che scriverò mai più un romanzo”. Sebbene ne sia consapevole, non riesce a fare nulla per sovvertire le cose e smettere di sentirsi in colpa per questo.

L’espediente delle email che si intervallano sistematicamente con lo scorrere della narrazione risulta funzionale alla trama stessa anche se talvolta la natura ideologica dei temi trattati da Alice ed Eileen produce anse un po’ distaccate dal naturale fluire della narrazione: ci sono questi scambi un po’ surreali in cui Eileen si interroga sul declino della civiltà nella tarda età del bronzo, ed Alice le risponde che però anche il cambiamento climatico al giorno d’oggi ha il suo peso, ed Eileen replica che sì, è vero, e che in effetti risulta contraddittorio al giorno d’oggi scrivere libri in un periodo come questo, di enorme crisi climatica, economica, politica, sociale, e poi secondo te quand’è che gli esseri umani hanno perso l’istinto per la bellezza, con la dissoluzione dell’URSS oppure nel 1976, quando la plastica è diventata il materiale più diffuso in circolazione?

Nelle loro e-mail, Alice ed Eileen si lamentano a vicenda, ciascuna non riuscendo a convincere l’altra che la loro infelicità sia del tutto giustificata. Ma le svolte più interessanti del libro si svolgono al di fuori delle menti dei personaggi. A Rooney è stato riconosciuto, nei precedenti romanzi, di aver rinnovato la narrativa delle relazioni sentimentali, evitando i rituali convenzionali e borghesi dei rapporti di coppia, e descrivendo perfettamente la frenesia, gli impulsi e l’incomunicabilità tipica degli amori contemporanei post-adolescenziali. Pur mantenendo tutti gli elementi e i contenuti dei precedenti romanzi, in Dove sei, mondo bello la Rooney racconta di una generazione che nel frattempo è cresciuta. I protagonisti ormai trentenni vivono le loro relazioni con una maggiore riflessività che li porta spesso a statiche elucubrazioni a discapito di azioni istintive, e come effetto la trama sembra risentirne espandendosi in un ritmo meno rapido.

Come nei precedenti romanzi della Rooney, ci sono feste e incontri in cui i partecipanti sembrano aver paura di ammettere di voler far parte di qualcosa che si possa etichettare o classificare secondo i canoni del mondo globale; dialoghi scherzosi, le cui linee si incastrano come i pezzi di un puzzle accuratamente costruito; dibattiti sulla migliore articolazione della lotta di classe; menzioni di scrittori come Baldwin e Keats; personaggi che si accoppiano in modo eterosessuale ma professano una casualità queer: “So di essere bisessuale, ma non la vivo come un’identità – voglio dire che non penso di avere per forza qualcosa in comune con altri bisessuali”, dice Alice a Eileen, in una email.

Nonostante le analogie di contesto e contenuti con i precedenti romanzi, in Dove sei, mondo bello vi è una grande differenza che riguarda il punto di vista del narratore.

Mentre Normal People è rimasto vicino ai suoi protagonisti, alternando le prospettive di Marianne e di Connell, Dove sei, mondo bello osserva i suoi personaggi da una notevole distanza. Il narratore spesso specula sull’accaduto descritto, e a volte non sembra più informato dello stesso lettore:

“Chissà se Felix trovava le sue risposte interessanti, o se si annoiava? Stava pensando a lei o a qualcos’altro, qualcun altro? E sul palco, mentre parlava dei suoi libri, Alice pensava a lui? In quel momento, lui esisteva per lei? E se sì, in che modo?”.

Il narratore non è onnisciente, ma si pone allo stesso livello del lettore producendo un effetto quasi filmico. Un esempio ne è il fatto che a volte la voce narrante non sente cosa si dicono i personaggi: Eileen segue Simon in camera da letto, e lui le dice qualcosa che però noi non sentiamo perché, di fatto, Simon ci chiude fuori, e possiamo solo intuire i loro mormorii e aspettare più tardi quando all’una di notte scende il silenzio.

Questa novità narrativa della Rooney è forse la più importante rispetto ai due precedenti romanzi: nel primo c’è una narratrice interna alla storia che parla al passato in prima persona, mentre il secondo si svolge al tempo presente e in terza persona, in un alternarsi tra i punti di vista dei due protagonisti. Il cambiamento introdotto con questo suo ultimo romanzo è funzionale per lo stile della Rooney: le consente di mettere in scena la una dettagliata coreografia dei suoi personaggi – fisici, emotivi, caratteriali – pur mantenendo il minimalismo narrativo che la contraddistingue.

Le descrizioni delle ambientazioni – gli appartamenti di Eileen e Simon, le strade dopo il tramonto – si estendono sia prima sia dopo l’apparizione dei personaggi, come se il narratore avesse delimitato le premesse per fornire una voce imparziale sugli eventi mentre si svolgono. “Alle dodici e venti di un mercoledì pomeriggio, una donna sedeva dietro una scrivania in un ufficio condiviso nel centro di Dublino, sfogliando un documento di testo, ” ci viene detto, nel nostro primo incontro con Eileen.

Le vite degli altri personaggi sono mostrate in modo simile, con la semplicità tipica di un lavoro quotidiano o di un viaggio in autobus, descritti con una serie di atti discreti ed empirici. Tali descrizioni non sono necessariamente atti rivelatori a livello di prosa, ma più spesso frasi occasionali nel romanzo, come la praticata facilità con cui le dita navigano su un touch screen. Eppure, l’insieme di piccoli gesti – mani infilate dentro e fuori dalle tasche, sguardi che cambiano destinazione con casualità – è una delle caratteristiche più acute dello stile della Rooney. Viene spesso sottolineato che i suoi romanzi sono leggeri e che possono essere letti velocemente. Ma di contro, il suo stile preciso e scarno può anche avere l’effetto di dilatare le scene e i tempi di lettura, facendo prestare molta più attenzione al lettore a ogni singola parola spesa. Questo avviene per esempio con il sesso, che nei romanzi della Rooney risulta estremamente vivido e caldo perché è scritto in una sintassi di pronomi, verbi e parti del corpo che non sono distratte dal pensiero avverbiale. In questo terzo romanzo di Sally Rooney restano intatti gli elementi attraenti e distintivi dei suoi romanzi precedenti, del suo stile e della sua capacità narrativa, ma seguendo il suo percorso da scrittrice, il ripetersi da angolazioni diverse dei temi trattati, la somiglianza marcata della protagonista alla stessa autrice, viene naturale chiedersi se questo moto centripeto porterà in futuro ad una sintesi autobiografica sempre più evidente e prossima alla non fiction, o se invece si dilaterà trasformandosi in una produzione di genere.

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