Il regista è ancora il padre padrone del teatro?

In Teatro

Hinkfuss, caro Hinkfuss: chi è davvero IL registai? Ieri se lo chiedeva Luigi Pirandello, ai tempi del «direttore di scena». E oggi? Tiezzi porta in scena Questa sera si recit a a soggetto, con apprezzabili risultati

Sia vero o no, la leggenda vuole che il Buonarroti, dopo aver terminato il Mosè, colpito dalla potenza vitale che la scultura esprimeva abbia esclamato furibondo: “Perché non parli?”.

Ecco, di questo in fondo ci racconta Pirandello in Questa sera si recita a soggetto, lavoro conclusivo della cosiddetta trilogia del “teatro nel teatro”, qui messo in scena da Federico Tiezzi. Di una statua che parla. Ma ha senso che un’opera d’arte sia viva? Se è viva, dovrà morire, e se deve morire, se non dura, se non occupa che il tempo di una sera e poi cessa di esistere, può ancora chiamarsi arte? Una statua probabilmente no, anche se con l’arte moderna tutto è possibile. Ma uno spettacolo teatrale di sicuro. Perché solo il teatro, fra le arti, si può fare a soggetto. L’unica arte che muore, che non è eterna. Per questo, forse, la più viva.

E così un gruppo di attori, sotto la guida sicura del dottor Hinkfuss, il loro direttore di scena (così allora si chiamava la nascente figura del regista) decidono, per una sera, di recitare a soggetto sulla trama di una novelletta, scritta da Pirandello. Ma la novella non ha importanza, ci dice Hinkfuss. No. Perché ciò che andremo a vedere non è l’opera dello scrittore, ma la realizzazione scenica che ne farà lui, il direttore. Il testo scritto, infatti, non è che un primo, incompleto attrezzo che serve al regista per dare vita a quella che sarà la sua creazione.

La trama su cui si recita è semplice e terribile. Una madre con quattro figlie che danno scandalo per la libertà di costumi in cui vivono, ricevendo liberamente uomini in casa, senza curarsi delle dicerie. Fra questi ce n’è uno, Rico Verri, che al contrario è intriso di una rigidissima morale, e finirà per sposare la figlia maggiore, Mommina, per poi torturarla e torturarsi in quella che Alessandro D’Amico chiamerà la “gelosia del passato”.

Ma ciò a cui assiste lo spettatore, come sappiamo, è ben altro. Il tentativo della compagnia e del direttore, infatti, subisce continue interruzioni, per la frustrazione degli interpreti, che finiranno verso il finale per cacciare dal teatro il regista, che impedisce loro di vivere davvero la parte, che li usa come delle marionette senza fornire un minimo punto fisso, tanto da metterli nell’impossibilità di fare ciò che è loro richiesto.

L’adattamento di Sandro Lombardi e dello stesso Tiezzi, pur con tagli, variazioni e inserimenti di scene non previste dal testo, rimane nella sostanza fedele a Pirandello. Infatti l’opera originale chiama naturalmente le interpolazioni, e in fondo rappresentarla con tutte le battute così come sono scritte sarebbe quasi un tradimento. Ciononostante alcune aggiunte appaiono a volte un po’ forzate. Gli interpreti, Luigi Lo Cascio, Valentina Cardinali, Elisa Fedrizzi, Francesco Colella, Francesca Ciocchetti, Sandra Toffolatti, Massimo Verdastro, Petra Valentini, Nicola Ciaffoni, Gil Giuliani, David Meden, Marouane Zotti, Elena Ghiaurov, Ruggero Franceschini e Alessio Genchi, riescono a toccare tutti i toni del teatro, come in una brillante galleria di tipi scenici, portando ognuno il proprio colore. L’Hinkfuss di Luigi Lo Cascio che ci spiega alla lavagna la sua teoria del teatro è teso, infervorato, articola le parole preso dalla foia della creazione come un cattivo che davanti al protagonista imprigionato rivela il suo malefico progetto di dominio del mondo. La regia di Tiezzi sa mantenere in equilibrio il piano dell’esposizione teorica e quello della vicenda, dando perfino in certi momenti l’impressione che si stia veramente andando a soggetto. Un bel momento è quello in cui gli attori, dopo aver cacciato il regista dal teatro, si organizzano da soli per continuare lo spettacolo. Perché sono proprio così quei momenti in cui, approfittando di un’assenza del regista, si gioca e si discute insieme su come potrebbe funzionare una scena. Succede tante volte, infatti, che le indicazioni del regista sembrino agli attori troppo teoriche. Ma d’altra parte è anche seguendo un’indicazione che non si condivide che a volte si può scoprire in sé ciò che da soli non ci sarebbe venuto in mente. Per cui sì, ammettiamolo, alla fin dei conti il regista a qualcosa serve.

(foto di Attilio Marasco, per il video si ringrazia Piccolo Teatro)

Questa sera si recita a soggetto, di Luigi Pirandello, al Piccolo Teatro fino al 24 marzo 

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