Politica dell’immagine

In Arte, Letteratura

“Paura reverenza terrore” è una raccolta di saggi di Carlo Ginzburg il cui filo rosso è il valore politico dell’iconografia

Paura reverenza terrore, l’ultimo libro di Carlo Ginzburg, affronta i sentimenti che suscitano in noi le immagini-manifesto, la loro genesi manifesta e subliminale e il loro scopo.
Si tratta di una raccolta di saggi che raccontano temi diversi, tutti però legati all’iconografia politica evocata nel sottotitolo.

Pieno di suggestioni è lo strumento analitico con cui Ginzburg li analizza, cioè la nozione di Pathosformeln ( “formule di pathos”), proposta da Andy Warburg, più di un secolo fa.
Il concetto non è così semplice da definire in poche parole: semplificando al massimo, si propone di ritrovare le radici antiche di immagini moderne, e il modo in cui quelle radici sono state elaborate.

Prendiamo ad esempio un disegno di Dürer e un’incisione della cerchia di Mantegna che raffigurano con poche varianti la Morte di Orfeo: il gesto della baccante riecheggia un gesto che si trova già nei vasi greci:  “una formula di pathos (Pathosformel) archeologicamente autentica”.

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L’arte del Rinascimento recupera cioè dall’antichità i “modelli di una gestualità patetica intensificata”, ignorati dalla visione classicistica.
Tra le caratteristiche di queste  “parole primordiali di gesticolazione appassionata”, c’è l’ambivalenza: i gesti antichi assumono un significato rovesciato, pensiamo alla Maria Maddalena raffigurata come una menade nella Crocifissione di Bertoldo di Giovanni.

In David, Marat. Arte politica religione, Ginzburg ci accompagna verso il quadro Marat à son dernier soupir – questo il titolo originale e ‘patetico’ dell’opera – in cui la ripresa dei gesti di un’iconografia pagana prima, cristiana poi, viene posta al servizio di un’iconografia rivoluzionaria, per farci scoprire in maniera quasi sconcertante le ambiguità della secolarizzazione.

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Cominciamo con un dato inconfutabile: la data del quadro. Le parole l’AN DEUX sono scritte sulla cassa di legno raffigurata a destra, sotto la dedica À MARAT e la firma DAVID. Il significato del nuovo calendario rivoluzionario, da cui erano scomparsi tutti gli elementi cristiani, è evidente: la Rivoluzione Francese dichiara aperta una nuova era.

Nel quadro la spazio è scandito in modo classico, come la posa di Marat, ma non c’è allegoria, tutto è letterale: la vasca da bagno, la pelle malata, il calamaio, la tavola di legno, la lettera indirizzata a una povera vedova madre di cinque figli, il coltello da cucina insanguinato usato da Charlotte Corday, l’assassina. David con la raffigurazione di un eroe che muore accoltellato in una vasca da bagno viola il decorum classico, per proporre l’iconografia nuova di un martire repubblicano, reale, storico, per questo ancora più efficace, più irresistibile e manipolatorio.

Proprio al condizionamento, all’efficacia del gesto, è dedicata l’analisi del manifesto di Lord Kitchener del 1914, alla vigilia dalla dichiarazione di guerra inglese.

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La macchina della propaganda bellica si è messa in moto alla grande.
Gli occhi blù metallico di Kitchener che guardano fissi dai manifesti sparsi ovunque, il dito puntato che con un effetto illusionistico sembra uscire dal fondo e puntare direttamente su di te, l’appello personale: WANT YOU – Join Your Country’s Army! God Save the King, scritto a lettere cubitali sotto la sua faccia minacciosa, hanno un effetto dirompente: orde di volontari, due milioni e mezzo, si precipitano ad arruolarsi.

“I manifesti che si rivolgono alle reclute ricoprono le staccionate, le vetrine, gli omnibus, i tram, i furgoni. La base della Colonna di Nelson ne è completamente coperta. Il loro numero e la loro varietà sono impressionanti. Dappertutto lord Kitchener punta un dito enorme ed esclama: Io voglio te ( I want you)”, scrive un giornalista del Time nel gennaio dl 1915.

Kitchener riappare negli Stati Uniti nelle vesti dello Zio Sam e in Unione Sovietica in quelle di Trockij, sempre con la stessa funzione di arruolare le masse. L’iconografia riprende quella del Cristo benedicente di Antonello da Messina e Hans Memling, ma anche il gesto del Dio Creatore di Michelangelo negli affreschi della Cappella Sistina, ma questi dispositivi pittorici pur con la loro inversione energetica, non sarebbero stati sufficienti a determinarne la straordinaria efficacia.

Il luogo di nascita del manifesto di lord Kitchener e dei suoi epigoni, il Grande Fratello tra i tanti, va cercato in uno spazio sociale e visivo del tutto nuovo: la lingua quotidiana della pubblicità.

Già nel 1910, H. Bridgewater, responsabile della sezione pubblicità del Financial Times, scrive a proposito del manifesto pubblicitario delle sigarette Godfrey Phillips & Sons che ha le stesse caratteristiche:

“Sono arrivato alla convinzione che la guerra commerciale non sia altro che una forma più elevata della guerra antica. Per competere con successo nella guerra moderna – ossia il commercio – bisogna possedere le stesse qualità che portavano alla vittoria gli uomini del passato. E cioè coraggio, perseveranza, arte di arrangiarsi, e infine ( ma non è un particolare da poco ) inventività”.

Qualità che ritroviamo tutte nel genio di Picasso, raccontato nel saggio La spada e la lampadina. Per una lettura di Guernica, dedicato al quadro politico per eccellenza del XX secolo.

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