Passione seriale: l’apocalisse è qui

In serieTV, Weekend

La catastrofe climatica, il destino del pianeta, una possibile ‘vendetta’ della terra nei confronti di chi, noi, l’ha sfruttata e martoriata: è la nuova declinazione del genere apocalittico che ritroviamo in molte serie, a cominciare da ‘The last of us’

Nella prima puntata di The last of us un dibattito televisivo in puro stile anni Sessanta mette in guardia dalla catastrofe senza riparo che potrebbe essere innescata dal proliferare incontrollato di un piccolo stupido fungo, il Cordyceps, capace di mutare e infettare gli esseri umani trasformandoli in ottusi cannibali per effetto di un puro e semplice innalzarsi della temperatura – che, beninteso, non potrà mai avvenire! Un’eventualità del genere era in effetti impensabile all’epoca. 

Il genere apocalittico, parecchio florido fra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta, era allora quasi esclusivamente incentrato sull’ipotesi dell’olocausto nucleare, che poteva di volta in volta prendere la forma di lucertoloni, formiche o ragni giganti, o di una Terra ridotta a una landa desolata percorsa da pochi e disperati sopravvissuti, costretti di continuo a rintuzzare gli attacchi di creature contagiose e fameliche, a volte più inclini a bere sangue come vampiri, altre volte a nutrirsi di carne umana come gli zombie. L’elenco dei titoli sarebbe semplicemente infinito e potrebbe spaziare da Godzilla a Mad Max, da 1975: occhi bianchi sul pianeta Terra a La città verrà distrutta all’alba, tra radiazioni atomiche e sventurati esperimenti di guerra batteriologica. 

La paura di una pandemia in grado di cancellare dalla faccia della Terra l’intero genere umano è purtroppo storia recentissima, e di certo non stupisce ritrovarla in dosi massicce nella serialità televisiva, oltre che al cinema. Sembra invece (un po’ inspiegabilmente) totalmente scomparso dagli schermi, sia grandi che piccoli, il timore di un possibile conflitto nucleare dalle conseguenze catastrofiche, nonostante i venti di guerra che non smettono di agitare il mondo. 

Fra le emergenze che più spaventano, giustamente, c’è quella climatica e quindi parecchio diffusa fra cinema e serie è l’idea invero molto green che l’apocalisse potrebbe essere innescata dalla Terra stessa, come una sorta di meccanismo di difesa da parte di un pianeta martoriato dall’uomo e che a un certo punto potrebbe decidere di riprendersi il suo spazio, espellendoci dall’universo!

Cavalca questa idea, con esiti abbastanza interessanti, The rig, serie Prime Video firmata da David Macpherson, ambientata su una piattaforma petrolifera al largo della costa scozzese. Prima una serie di scosse di terremoto, poi una fitta nebbia seguita da una sequela di incidenti sempre più gravi mettono in allarme l’equipaggio guidato dal capitano Magnus, interpretato con meditabonda severità da Iain Glen (ser Jorah Mormont ne Il trono di Spade). Ben presto si capisce che la compagnia proprietaria della piattaforma, la Kinloch Bravo, ha più di uno scheletro nell’armadio, ma il vero pericolo sta risalendo dalle viscere profonde dell’oceano e non lascia scampo, perché ha a che fare con l’insondabile mistero di una natura che sembra aver deciso di sottrarsi alla rapacità degli umani, rivendicando la propria radicale e indecifrabile alterità. Un fantathriller ecologico che non sorprende ma riesce a coinvolgere a sufficienza per spingere lo spettatore da una puntata a quella successiva, fino alla fine, in attesa di una più che probabile seconda stagione. 

Un destino che invece non ha sorriso a un’altra serie “green” (in versione horror) sempre targata Prime Video, Swamp Thing, uscita nel 2019 e prontamente cancellata dopo una manciata di puntate. Protagonista il mostruoso eroe della DC Comics nato in una palude della Louisiana e pronto a tutto, anche allo sterminio, pur di difendere le ragioni di quella natura che lo ha generato e con la quale è interconnesso in modo inestricabile.

È andata meglio a Ragnarok, serie fantasy-ecologica di produzione danese-norvegese di cui sono disponibili su Netflix 2 stagioni (e potrebbe a breve arrivare anche la terza!). La parola Ragnarok, nella mitologia norrena, indica la battaglia finale fra luce e tenebra, che secondo gli autori di questa serie dovrebbe svolgersi in una cittadina norvegese al centro di una delle aree più inquinate del mondo. Contro l’inquinamento, lo scioglimento dei ghiacciai e le tante porcherie di cui si rende colpevole una potente multinazionale pronta a tutto pur di continuare nella sua opera di spietato sfruttamento delle risorse naturali del pianeta, c’è bisogno di un eroe fuori dal comune. Ed ecco farsi avanti un ragazzetto dislessico e introverso capace di trasformarsi (niente di meno!) nella versione contemporanea del dio Thor – fortissimo, invulnerabile e invincibile. Perché solo un dio, ovviamente, può scongiurare la fine del mondo.

A proposito di bizzarri modi per cercare di evitare la fine del mondo, da segnalare quello immaginato dagli autori di Utopia, fanta-thriller ultracospirativo dove la chiave per la salvezza della Terra è racchiusa in un graphic novel che contiene informazioni segrete su un’arma di distruzione di massa. 12 puntate distribuite su due stagioni per una serie inglese passata su Channel 4 e rapidamente cancellata. Ma non dimenticata! A distanza di 7 anni Prime Video ha deciso di produrre un remake (John Cusack tra i protagonisti) riportando in vita questo gruppo di sciroccati eco-terroristi convinti che l’uomo sia un parassita che inquina il pianeta, e come tale dovrebbe giustamente essere sterminato prima che sia troppo tardi.

Fra i prodotti bizzarri e piacevoli, un po’ difficili da trovare, c’è da segnalare anche una miniserie inglese, produzione BBC, che riporta in vita un classico degli anni Cinquanta, The Day of the TriffidsIl giorno dei trifidi, per immaginare che il riscaldamento globale possa essere curato attraverso delle piante mutanti di prodigiosa intelligenza, che si ritrovano sfruttate e schiavizzate, finché un gruppo di attivisti molto green ma purtroppo poco intelligenti, non decidono di “liberarle”, il tutto nel bel mezzo di un’eruzione solare che provoca la cecità di gran parte della popolazione mondiale. Il risultato è una guerra all’ultimo sangue fra umani sull’orlo dell’estinzione e piante carnivore cattivissime, capaci di muoversi e di organizzare complesse strategie di sopravvivenza.

Infine, grande attesa per una serie antologica in lavorazione tutta dedicata alla tematica ambientale e alle conseguenze del cambiamento climatico sulla vita delle persone e delle comunità: Extrapolations. Dovrebbe sbarcare su AppleTv+ prima della fine dell’anno, ma non si sa quando. Per il momento si sa per certo che fra le star coinvolte ci sono Meryl Streep, Kit Harington, Sienna Miller, ma dei loro personaggi non è dato sapere praticamente nulla. Il creatore è Scott Z. Burns, fidato sceneggiatore di Soderbergh (Contagion, Panama Papers), nonché produttore del celebre documentario Una scomoda verità.

A proposito di attesa, impossibile non citare infine Snowpiercer, la serie basata sull’omonimo film di Bong Joon-ho, ambientata nel 2026, in un mondo ridotto a una distesa di bianchissimo ghiaccio – una catastrofe ambientale causata proprio dal maldestro tentativo di scongiurare il surriscaldamento della Terra. Ciò che resta del genere umano è costretto dentro i claustrofobici spazi di due treni che corrono a folle velocità, inseguendosi all’infinito, condannati a rimanere in perenne movimento. Fino alla fine dei tempi. O alla quarta e ultima stagione. Ancora una volta su Netflix. Prossimamente.

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