Il mio, imprevisto, Leopardi

In Cinema

Prima del ciak, l’inedito con cui il regista Mario Martone spiega al direttore della fotografia Renato Berta come vuole raccontare “la storia di un’anima”

Il giovane favoloso è in sala (e sta andando molto bene). Qui un passo indietro, prima del ciak, nel ” libro dei sogni e dei fabbisogni”: la lettera inedita in cui il regista Mario Martone spiega al direttore della fotografia Renato Berta come vuole raccontare quella che definisce “la storia di un’anima”.

Caro Renato, vorrei che Il giovane favoloso fosse molto diverso da Noi credevamo. Noi credevamo era un romanzo storico, fondato su un’esattezza quasi maniacale degli episodi risorgimentali, che abbiamo filmato tenendo spesso ferma la macchina da presa, ossia il punto di vista. Il giovane favoloso vuole essere invece la storia di un’anima. In questo film il punto di vista dovrebbe essere in movimento. Nelle brevi riprese che abbiamo fatto sul Vesuvio a giugno è successo che la macchina da presa sia rimasta casualmente accesa per un tempo non brevissimo: ebbene, mi sono scoperto a cercare avidamente cosa poteva aver ripreso sul quel set senza che nessuno lo avesse stabilito. Alla fine nemmeno un fotogramma di quel materiale sarà utilizzabile ma la spinta a quella ricerca mi è rimasta dentro. Del resto un set è un campo di energia, e lo è soprattutto in un caso come questo, in cui il soggetto del film, Leopardi, è un magnete fortissimo a cui ognuno di noi si volge anche indipendentemente dalla sceneggiatura. Elio Germano si sta preparando al personaggio leggendo a tutto campo quanto scritto da e su Leopardi: arriverà, com’è ovvio, il momento in cui anche il suo lavoro verrà stretto alle singole scene previste in piano di lavorazione, ma è interessante che le maglie della rete siano larghe, e che cose anche impreviste possano venire raccolte.

Proprio per avviare l’impostazione di questo metodo, vedrai che ho indicato nel libro dei (sogni e) fabbisogni le scene che immagino vadano girate a spalla. In ognuno dei casi non è previsto intervento digitale. La scena 2, la prima nella biblioteca, ad esempio, è tutta impostata sugli sguardi tra Giacomo e il padre seduti ai rispettivi scrittoi, le finestre non sono mai in campo. Così come stabilito durante i sopralluoghi, vedremo la piazza con la campagna da cui proviene la donzelletta soltanto nella scena 7, in cui la macchina respirerà fermissima, solo inquadrature fisse; al limite (e solo fuori dalla zona “digitale”) una qualche pigrissima panoramica.

C’è da dire che nel caso della scena 2 la macchina a spalla vuole fondamentalmente poter cogliere la tensione nervosa di quanto accade (Giacomo non riesce a pisciare e il padre non capisce che sta succedendo); in altri casi ci si può spingere oltre. Nella scena 45 (il “processo” a Giacomo dopo il tentativo di fuga), prevista nel salone rosso di Palazzo Carancini, io immagino uno spazio vuoto al cui centro c’è una sedia (e come vedi già siamo schizzati oltre la filologia). Giacomo seduto, padre e zio in piedi. Poche indicazioni di regia alla partenza, nessun movimento previsto in anticipo. Due macchine a spalla, e si comincia. Verrà fuori molto scarto? Certo. Ci sarà qualcosa di imperfetto dal punto di vista dell’inquadratura e della luce? Anche. Ma ci sarà anche qualcosa di imprevedibile in una scena di grande tensione che potrebbe sorprenderci. Avremo tutto il tempo e tutto il modo di gestire il decoupage nel formarsi della scena durante la giornata (in un caso come questo, infatti, mi do un tempo ragionevole nel piano di lavorazione).

Ho anche indicato dove immagino si debba girare con la steadycam. In particolare vorrei girare con la steadycam la scena 57, che è la lunga scena nel salotto fiorentino. In quel caso tu, nel corso del sopralluogo, hai previsto una illuminazione che consenta di muoversi liberamente, cosa che ho apprezzato moltissimo. Tutta la scena dovrebbe infatti svolgersi come in un immaginario labirinto, a partire dalle inquadrature iniziali. Il dialogo con cui si apre la scena, gli sguardi tra i tre personaggi, il gesto delle mani che si stringono, tutto vorrei che venisse ripreso da inquadrature in lieve movimento: se mi perdoni la metafora a forte rischio, petali che cadono schiudendo il fiore (sarò più chiaro quando ne parleremo!). Non pensare dunque che io voglia utilizzare la steadycam come strumento per esercizi di virtuosismo estetizzante (come sai non mi piacciono e non mi interessano), vorrei una possibilità, ripeto, lieve, di trasmettere, anche attraverso il movimento della macchina da presa, l’incanto e l’inquietudine che si formano nel misterioso rapporto tra Giacomo, Ranieri e Fanny.

Non mi dilungo oltre, quando puoi dai un’occhiata alle indicazioni del libro dei fabbisogni e se hai dei dubbi parliamone. Potrai notare un’altra cosa: l’indicazione temporale per Recanati è sempre la stessa: autunno. E i personaggi vestono sempre uguale. Sono scelte tese ad avere la massima libertà in montaggio. Chiaramente sarà bene avere il sole la prima volta che vedremo la piazza con Silvia, perché l’atmosfera della scena è calda, così come in alcuni casi marcheremo dei passaggi temporali con la presenza di soprabiti, ma non specifichiamo chiaramente “primavera” o “inverno”. Giriamo in autunno, dunque che sia autunno: il film deve contenere un livello documentario oggettivo, visto, oltretutto, che giriamo nei veri luoghi di Leopardi. Realtà e astrazione sono i due poli che devono guidarci. Torno sulle riprese fatte al Vesuvio: i due momenti più vicini all’idea che ho del film sono: 1) un pezzo della ripresa a spalla in cui c’è Leopardi fortemente in ombra, con la testa piegata verso il basso e leggermente voltata verso destra 2) la ripresa della ginestra con il cambio di diaframma, in cui il mondo sparisce lasciando un bianco accecante.

Ti ho scritto questa lettera perché è importante per me condividere adesso, prima di iniziare, l’impostazione di metodo da cui deriveranno le scelte sul set. Già ne abbiamo parlato a Roma, lo ricorderai: la presenza di scene piuttosto brevi, spesso “nervose”, può liberarci in molti casi da problemi di continuità fotografica e consentirci di girare di più, e di girare anche cose non previste.

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