Se l’ossessione diventa realtà: “Annette” di Marco Malvestio

In Letteratura

«Si ama solo ciò che non si è ancora conosciuto». Così afferma il protagonista di Annette, romanzo d’esordio di Marco Malvestio. La storia dell’ossessione per una attrice pornografica (fino all’effettivo incontro con lei) in un romanzo di autofiction e ibridazione.

Ossessione e proiezione sono i due nuclei attorno a cui ruota il romanzo di esordio di Marco Malvestio, Annette, pubblicato da Wojtek nell’estate 2021. Ossessione per chi?
E proiezione di chi o cosa?
Ossessione per una donna, Annette Schwarz, pornoattrice tedesca attiva sulle scene internazionali dal 2002 al 2014. Proiezione dell’io sull’Altro e, più precisamente, del desiderio sulla realtà.


Su questi due binari si costruisce infatti l’intero romanzo, in cui si intrecciano il racconto dell’ossessione erotica del protagonista, alter ego dell’autore, per Annette e la narrazione delle vicende biografiche della donna.
Prima di affermarsi nel mondo del porno, Annette Schwarz lavora in ospedale come infermiera, sviluppando sin da giovanissima una particolare attrazione per il sesso e per la sperimentazione in campo erotico. A diciotto anni la ragazza gira il suo primo film in Germania e, nel giro di qualche mese, si afferma come una delle pornostar più apprezzate a livello nazionale e internazionale, tanto da trasferirsi per qualche anno negli Stati Uniti, dove collabora con importanti figure del porno (Jake Malone, John Stagliano e Rocco Siffredi), fino a quando non decide di ritirarsi dalle scene. Annette ama profondamente fare film porno, cosa che le consente di distinguersi dalle altre star (emblematica in questo senso la frase che pronuncia Siffredi, nella prima parte del romanzo: «questo per me non è solo business, è il mio mondo. Ed è anche il tuo») e che rende le sue performance intriganti, soprattutto per lo sguardo (maschile) del protagonista.

Il merito maggiore del romanzo di Malvestio è quello di essere riuscito a coniugare con intelligenza diversi generi letterari e forme di scrittura (dall’autofinzione alla biofiction, dalla forma romanzo alla forma saggio), dando vita a un ibrido dell’ibrido.
La componente autofinzionale è sfruttata principalmente nella prima parte, dal titolo Preliminari, in cui l’alter ego dell’autore prende la parola per raccontare la sua ossessione per la pornostar e, più in generale, del suo rapporto con la pornografia. Come per ogni autofinzione che si rispetti, alla corrispondenza di dati tra scrivente e protagonista (hanno la stessa età, provengono entrambi da una famiglia veneta benestante, entrambi hanno la stessa passione per il porno e l’ossessione per Annette) si mescolano informazioni inventate, come ad esempio quelle riguardanti la professione dell’io narrante o la narrazione dell’incontro con Annette per un’intervista che in realtà non è mai stata realizzata.
Anche quando il focus è rivolto alla vita di Annette, il processo di ibridazione si rende necessario: se infatti Malvestio segue con scrupolo e precisione minuziosa l’evoluzione cronologica della carriera della pornoattrice, appoggiandosi a fonti documentali reali, in molte occasioni si rende necessario l’uso della finzione, per esempio nella resa dei dialoghi o nei momenti introspettivi, così come nel racconto di episodi della vita privata di Annette (le scene con la famiglia, per esempio) o che precedono la sua carriera da pornostar.
Per rendere ancora più evidente l’ibridazione tra realtà e finzione spesso Malvestio attua un vero e proprio processo di autosmascheramento, inserendo nel testo dei documenti testimoniali che contraddicono la sua versione dei fatti e che tuttavia gli permettono di riaffermare una scelta di campo, tutta in favore della finzione e di una “verità superiore” garantita proprio da questo processo di sovrapposizione:

Ho inventato, e mi prendo la responsabilità della mia invenzione, visto e considerato peraltro che devo ricorrervi così abbondantemente in altre zone di testo. Se questo libro funziona come credo che possa funzionare, allora la viva voce di Annette e il frutto della mia immaginazione sono altrettanto veri, anche se in modi diversi

Oltre a mescolare costantemente elementi autofinzionali e biofinzionali, Malvestio nel suo romanzo tenta di coniugare una narrazione che imiti il porno, attraverso delle vere e proprie ecfrasi di alcune scene dei film di Annette, descritte nei minimi dettagli, a momenti saggistici (accompagnati da citazioni di fonti, sistema di note a piè di pagina e bibliografia finale), in cui l’autore tenta di interpretare criticamente i rapporti tra pornografia e società contemporanea.
Con un processo che a tratti ricorda quello messo in atto da Walter Siti in Troppi paradisi, Malvestio prova a stabilire dei punti di contatto tra l’ossessione individuale del soggetto e le ossessioni collettive della contemporaneità. Il porno sarebbe infatti la «coerente propaggine d’avanguardia del capitalismo», fondandosi sulla «promessa di piaceri non ancora esperiti» e su un principio di dipendenza che nasconderebbe un non troppo inconscio desiderio di annullamento:

La pornografia trasforma il mondo in cui viviamo in uno spazio in cui le convenzioni sociali sono dissolte, dove le necessità economiche e di sopravvivenza non esistono e quelle erotiche sono sempre soddisfatte immediatamente e infinitamente; e dunque crea un mondo in cui il mondo che conosciamo viene annullato. Guardando porno, perpetuiamo attivamente il nostro desiderio di fuggire dal reale, e la coazione che caratterizza il suo consumo non è mai incosciente, ma deliberata .

La pornografia diventa una delle maggiori espressioni del desiderio nella sua versione 2.0, riproducibile e astratta. L’ossessione del protagonista, infatti, non è una persona reale, non è Annette in carne ed ossa, ma è un’immagine, una proiezione che non trova un’incarnazione, restando incastonata nello schermo e migrando da esso direttamente all’immaginazione del soggetto. Con il porno il desiderio si virtualizza e diventa riproducibile, senza che quel processo di infinitizzazione che lo caratterizza necessiti di una testimonianza concreta nella realtà:

Da qualunque parte la si guardi, la realtà, per quanto eclettica e arzigogolata, non è comparabile alle possibilità infinite del sogno e dell’immaginazione. […] La mia Annette, proprio perché è con me solo attraverso il lucido velo dello schermo del mio computer, mi si offre sempre nuova in un campionario sì finito di video cui attingere, ma in un campionario infinito di fantasie da sognare senza che le si debba sciupare realizzandole .

Realtà e desiderio restano per tutto il romanzo su due piani separati, fino alle ultime pagine, quando, nel Poscritto P.O.V., viene narrato l’incontro tra Annette e il protagonista, contrassegnato da un moto di sostanziale delusione. Quando si incarna nella realtà e in un corpo, l’ossessione non è mai all’altezza dell’ircocervo creato dalla mente: la constatazione della normalità dell’esistenza di Annette, del suo corpo stanco e invecchiato, della sua umanità – che ricordano da vicino le pagine finali di Lolita – mettono ancora più in evidenza la discrasia tra proiezione dell’io e realtà.

Nel romanzo di Malvestio, la pluralità dei livelli e delle prospettive attraverso cui viene sviscerato il desiderio è resa attraverso una scrittura molto precisa e controllata: chi legge capisce di essere di fronte a uno scrittore-critico che conosce alla perfezione gli strumenti del mestiere. Se c’è un difetto nel romanzo, forse, è proprio l’eccessiva freddezza della forma: una forma impeccabile e precisa, a cui però manca quell’urgenza e quell’impeto di chi sente ancora pressante l’ossessione dentro di sé. Non a caso le pagine migliori sono le ultime, quando la scrittura diventa più autentica e palpitante, proprio in corrispondenza con l’uscita dalla speculazione ossessiva e con la narrazione dell’incontro fisico tra il protagonista e il suo oggetto del desiderio.