Manuel a caccia di una giovinezza che forse ha perduto prima di viverla

In Cinema

Il documentarista romano Dario Albertini firma un bel ritratto di ragazzo di periferia (ottimo e ben diretto il protagonista Andrea Lattanzi) che esce a diciott’anni da una accogliente casa-famiglia per affrontare il mondo. Dove dovrà prendersi cura della madre, grazie a lui in uscita dal carcere, tra il dover essere filiale e i sogni di fuga verso un’altra vita, in cui potrà godersi la sua meravigliosa età

Il 43enne romano Dario Albertini è un documentarista, e lo so vede anche in questo suo debutto nel film di fiction, Manuel, comunque basato su un personaggio già raccontato in La Repubblica dei ragazzi (2012-2013), il suo passo d’esordio dedicato alla storia di una comunità per minori privi di sostegno familiare, nata nel 1945 e gestita in autogoverno, che tra i suoi primi ospiti ha avuto anche alcuni dei ragazzini comparsi in Sciuscià di Vittorio De Sica. Il suo talento di reporter della realtà è stato poi confermato lo stesso anno da Slot, documentario sulla ludopatia, la dipendenza dal gioco elettronico come il video poker, e nel 2015 da Incontri al mercato, frammenti di vita popolare di provincia con Frankino facchino con la passione della musica techno devastato dalle droghe sintetiche, Maria Luisa, splendida 80enne ex danzatrice del Teatro dell’Opera di Roma, ed Erasmo, in arte Mimmo Marano, che canta e suona la chitarra al mercato per tenere vivo il contatto col suo pubblico.

Manuel, passato in una sezione parallela all’ultima Mostra di Venezia e già circolato in parecchi festival tra Francia e Spagna, è una storia parzialmente di fantasia, ma il passo e la vicinanza continua di Albertini ai suoi personaggi, e la scansione narrativa e temporale, ordinata e ben congegnata, delle vicende del protagonista, ne fanno quasi un resoconto di “vita esemplare” di periferia laziale, dunque quasi un prototipo sociologico dei giorni nostri. Non per questo però il film però è freddo, manca di pathos, anzi, grazie alla prova rocciosa ma a suo modo sensibile del 25enne Andrea Lattanzi, che ha già tre film all’attivo, sfacciatamente fisico e teneramente indifeso, la storia acquista spessore e sfumature, all’interno di una psicologica che a tratti pare quasi scolpita nel marmo.

Mentre sta per compiere 18 anni Manuel lascia il centro di accoglienza nel quale vive da quando sua madre Veronica (Francesca Antonelli, scoperta da Francesca Archibugi in Mignon è partita) è stata arrestata. Il “prima” si era appunto visto nella Repubblica dei ragazzi, e inizialmente il protagonista doveva essere il ragazzo reale cui è ispirato, non un attore “formato”, ma, ha spiegato Albertini, “la mia idea ero che avevo un attore professionista che dovevo far diventare un non attore”. Là fuori, il ragazzo ora dovrà cavarsela da solo, trovare un lavoro, rimettere in sesto l’appartamento di famiglia e soprattutto fare uscire mamma di prigione, garantendo il suo impegno accanto a lei e dimostrando alle autorità giudiziarie che riuscirà a garantirle una situazione stabile. Tra sogni di fuga e sbandamenti, Manuel sembra farcela, il tribunale dà l’assenso a riunire la famiglia e lui è pronto ad accudirla agli arresti domiciliari. Ma dopo aver dimostrato di voler rinunciare, per senso del dovere, alla sua giovinezza che ancora non ha vissuto, disposto a farsi garante e guardiano della madre, prospettiva per certi aspetti anche minacciosa, angosciante – in fondo col suo comportamento lei gli ha disegnato, certo non in modo positivo, la vita – un tentativo d’amore per un’aspirante attrice e l’idea di partire con un vecchio compagno per costruirsi un altro futuro sembrano mostrare qualche breccia significativa nella sua granitica convinzione. E il finale “aperto” del film, che segnala una pulsione non del tutto cancellata per un’altra esistenza, potrebbe rimettere in discussione tutto.

Albertini, che è anche musicista, regista di videoclip e fotografo, ha lavorato per ben tre anni con Simone Ranucci alla sceneggiatura, e quasi un anno e mezzo alle riprese: e per raccontarla, sembra quasi quasi “vivere” dentro la vicenda che sviluppa sullo schermo e lo scambio tra autore e protagonista è totale, visibile sullo schermo. Così Manuel, che esce dalla comunità dove ha molto vissuto, un luogo di affetto in cui ha ricevuto e dato, per entrare nel mondo reale in cui si potrebbe pensare che abbia bisogno di punti di riferimento, non dà mostra di spaventarsi. Sembra pronto, con qualche esitazione ma anche molta naturalezza, al passaggio da un’adolescenza protetta a un’età adulta che gli piomba addosso con un carico difficile da fronteggiare. E il film lo segue nel suo percorso, con originalità di sguardo, evitando tutto sommato gli stereotipi delle giovinezze coatte, allo sbando, frequentate assiduamente da un cinema recente fin troppo ambiguamente affascinato dall’idea del romanzo di formazione criminale preso dalla realtà.

Manueldi Dario Albertini, con Andrea Lattanzi, Francesca Antonelli, Renato Scarpa, Giulia Elettra Gorietti, Raffaella Rea