Letti ieri, letti oggi (23): l’Esclusa

In Letteratura, Weekend

A inizio ‘900 Pirandello si prova per la prima volta nel romanzo e lo fa scegliendo una protagonista, Marta Ajala, ‘schiacciata dalla società’ del suo tempo e seguendola nelle sue dolorose vicende. È ‘L’esclusa’, rilettura consigliata

“Illustre amico, lei conosce le vicende di questo romanzo, e sa che con esso per la prima volta io mi provai nell’arte narrativa (…)
Ogni volontà è esclusa, pur essendo lasciata ai personaggi la piena illusione ch’essi agiscano volontariamente; mentre una legge odiosa li guida (…) e fa sì che un’innocente, scacciata dalla società – per esservi riammessa – debba prima passare sotto le forche dell’infamia, commettere cioè davvero quella colpa di cui ingiustamente era stata accusata.”

Così il ventiseienne Luigi Pirandello nel dicembre del 1907 al mentore Luigi Capuana. In quella lettera si delinea in termini essenziali la lunga serie di vicende dolorose che si abbattono su Marta Ajala. L’Esclusa, appunto.


Marta
La donna, moglie incinta di Rocco Pentagora, viene sorpresa dal marito mentre legge la lettera di un ammiratore, il brillante avvocato Gregorio Alvignani. È questa la prova inconfutabile del tradimento, non ci sono scusanti. La legge implacabile di ciò che dice la gente nella Sicilia profonda di fine Ottocento vince, e Marta non può che tornare nella casa paterna a partorire, tra l’altro un neonato senza vita; il padre si rifiuta di avere contatti con lei e si lascia andare fino a morire di crepacuore, mentre la florida conceria di famiglia va in malora.

Marta non disarma, riprende gli studi interrotti a sedici anni per sposare Rocco di cui, tra l’altro, non era innamorata. Torna nel collegio dove studiava nell’indifferenza delle ex compagne, si impegna con entusiasmo e supera brillantemente gli esami di diploma.
Tra molte difficoltà di natura burocratica, riesce ad avere una supplenza come maestra proprio nel suo collegio, ma ben presto si rende conto che l’ostracismo da parte del paese, dei genitori e delle stesse allieve è troppo forte. Deve abbandonare.

Marta che legge, Marta che lavora e che, sia pure per breve tempo, è in grado di mantenere se stessa, oltre che la madre e la sorella, è qualcosa di intollerabile per l’ambiente circostante, anche e soprattutto per Rocco che si dice disposto mantenere lei e la sua famiglia , a patto che lei smetta di insegnare. La sollecitudine del direttore del collegio e di Alvignani diventato parlamentare permette alla donna di trasferirsi a Palermo dove finalmente può insegnare liberamente lontana dal piccolo e grande vituperio quotidiano del paese.

Rocco e famiglia
Anche Rocco torna nella triste casa da celibe, torna a vivere col padre, il fratello Niccolino, la zia e la domestica Epponima, ‘vera signora caduta in bassa fortuna’.
L’atmosfera pesante è ravvivata, si fa per dire, dalle battute ironiche e amare di Antonio Pentagora che cerca in tutti i modi di distrarre il figlio.
Scopriamo così che anche la madre di Rocco è stata cacciata di casa per lo stesso motivo. Chissà se leggeva lettere di ammiratori anche lei? E mi viene il dubbio che più che per il tradimento, in casa Pentagora (o forse in tutto il paese e fuori dal paese) le mogli vengano cacciate perché sanno leggere e scrivere. Ultimo dettaglio: pure la nonna di Rocco è stata cacciata di casa.
È troppo, tant’è che il padre, rivolto al figlio, in una delle spiacevoli facezie fuori luogo, facendo il gesto delle corna esclama “Caro mio, le vedi queste? Per noi stemma di famiglia!”

Unico sollievo per il marito afflitto dal presunto tradimento è l’intenzione di sfidare a duello il tracotante Alvignani. Suo padre però lo scoraggia, quello che dovrebbe essere il padrino lo invita alla prudenza, l’avversario si sottrae per evitare a Marta un supplemento di ignominia, Matten, l’inquilino del piano di sotto prova ad impartirgli, con risultati decisamente modesti, qualche rudimento di scherma.
Tutto sembra mettere la sordina alla singolar tenzone priva, sia della rudezza rusticana che dell’eroica difesa dell’onore dei cavalieri antichi.
Il che equivale a dire che non si usa più. Deve aver pensato la stessa cosa anche l’autore, se dopo una improvvisa sospensione narrativa ci fa sapere che la scontro in armi ha avuto luogo, che Rocco ha avuto la peggio e, dopo parecchie pagine, che gli è rimasta una ferita sulla guancia.

Tutti a Palermo
A Palermo, in città, convergono i destini dei personaggi principali della vicenda: Marta, che, dopo un periodo di serenità e di gratificazione per il lavoro che svolge con entusiasmo e che le consente di mantenere la madre e la sorella, stimata e corteggiata dai colleghi, fa i conti, forse per la prima volta in modo consapevole, con se stessa.
Gregorio Alvignani, il deputato siciliano in cerca di tregua dagli intrighi della politica romana, desidera trascorrere a Palermo un periodo di riposo, in realtà nella segreta speranza di incontrare la bella Marta.
Così è. Si incontrano, lui le parla d’amore, lei sa che questi incontri non hanno futuro ma diventano amanti, lei resta incinta tra sensi di colpa e pensieri suicidi.
Lui ama Marta? Per non sbagliare le consiglia di tornare al paese col marito. Non mi piacque allora, alla prima lontana lettura, adesso ancora meno.
Rocco Pentagora giunto in città alla ricerca della moglie adultera, forse per coglierla in flagrante con l’Alvignani, forse perché l’ama ancora, forse per sottrarsi alla schiavitù della rozza filosofia paterna, forse…
Mentre faccio queste ipotesi, peraltro tutte plausibili, mi viene in mente che nel Furioso tutte le volte che qualche cavaliere manca all’appello, basta cercare Angelica. Altri tempi , altre atmosfere, altri generi e soprattutto altro nitore di sentimenti.

Torniamo a Palermo. In una stanzetta triste Fana, madre di Rocco, la seconda ‘esclusa’ da casa Pentagora in ordine regressivo, abbandonata a se stessa, senza denaro per pagare la pigione, sta vivendo gli ultimi giorni di vita. E Marta va a trovarla e la tiene per mano mentre arriva Rocco (lui e il fratello hanno avuto dal padre il permesso di vedere la madre una volta all’anno). Il quadro – la scena la vedo meglio su tela o su fotogramma cinematografico – è paradossale: la morente incrocia la mano di Marta con quella del figlio, guardandolo per quel che le consente lo stremo delle forze vitali. La benedizione materna è arrivata e lui fa sì sì col capo, mentre le due donne vicendevolmente si intendono e si includono in una dimensione intima e solidale.

Il destino dell’innocente Marta, espulsa dal suo ambiente e dalla sua famiglia, sta per compiersi: tornerà nella casa maritale e sarà infelicemente riaggregata al suo gruppo sociale, proprio come l’autore aveva preannunciato.

L’Esclusa di Luigi Pirandello, quasi 130 anni e non sentirli.


Immagine di copertina © Conconi Luigi, La rosa, Fondazione Cariplo

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