La Cina negli occhi di una folle Gong Li

In Cinema

Tra denuncia storica e intimo melodramma esistenziale, “Lettere da uno sconosciuto” consente a Zhang Yimou di ritrovare le sua splendida, bravissima musa

A Zhang Yimou è caro un certo neorealismo sociale, abbandonato in un certo periodo per dedicarsi a film molto più coreografici ed eroici, e ultimamente ritrovato con pellicole in cui i conflitti interni della storia cinese si fanno dominanti. Il suo film più recente, Lettere di uno sconosciuto è ambientato tra gli anni Sessanta e il periodo successivo alla Rivoluzione Culturale in Cina.

Lu (Chen Daoming), accusato di tradimento, viene arrestato e rinchiuso in carcere per molti anni, dopo aver perso definitivamente contatto dalla moglie Feng (Gong li) e la figlia (Huiwen Zhang), in seguito a un estremo tentativo clandestino di incontrarle, prima della cattura.

Quando viene scarcerato, la Rivoluzione Culturale è finita da anni e sono cambiati i vertici del governo, ma il suo ritorno sarà comunque assai amaro, perché la donna che lo ha sposato non sa chi sia e non lo vuole più a casa: in seguito a un trauma subito, crede di vedere in lui altre persone che rifiuta e Lu, sperando che così finalmente lo riconosca, per farle tornare la memoria, le legge vecchie lettere che avrebbe voluto inviarle e invece si era tenuto con sé in prigione.

Quello che ci propone Yimou è un dramma sulla distanza, che prima di tutto è interiore e si gioca sulle individualità di una coppia divisa così tanto tempo da essere incapace di amarsi come prima. In realtà il sentimento della donna non svanisce, ma appare miope, inutile di fronte al marito che pur presente, non può renderla di nuovo felice. Lu, complice la figlia che negli anni ha sopportato la malattia della madre, cerca di ricostruire il legame familiare perduto, vessato da un’esistenza ingiusta, punito da restrizioni inumane che hanno infranto i sogni suoi e di tanti altri.

Feng vive in un mondo a parte, è una nostalgica sognatrice di un vita che non c’è, di un Amore che non torna mai, tenacemente chiusa nei suoi ricordi in un’attesa piena di speranza e passione.Lu è ostinato, innamorato, ma responsabile, ma finisce per giocare solo un ruolo di osservatore, paradossalmente invisibile e inerme rispetto alla malattia e alle ferite subite dalla donna.

Il connubio tra romanticismo e vicende storiche, al centro di molti film, qui si gioca in una particolare chiave melodrammatica alimentata da gesti, sguardi, silenzi e situazioni, dipinte attentamente da una regia ricca di pathos, pacato eppure crescente, che non è frequente poter apprezzare.

E la Cina, con il suo sistema di potere attraversato da tanti conflitti e censure, è qui raccontata negli effetti che produce su chi è soggiogato da condizioni di vita inumane che per prime vanno a colpire la famiglia: da un lato c’è la lotta per le libertà politiche e culturali, dall’altra il destino impietoso che nega le soddisfazioni e inibisce le ambizioni, relegando l’amore a frammento mancante di una fotografia, una melodia, un ricordo.

Con coraggio Zhang Yimou illumina fotogrammi gentili e decisi in grado di commuovere e denunciare allo stesso tempo, per chi è in grado di cogliere i segnali fra le righe: il lavoro che opprime l’infanzia, le censure del pensiero, l’impossibilità di raggiungere la felicità e i propri ideali se non al prezzo assai caro di sentirsi estranei l’un l’altro, aggrappati a un passato che sembra svanire nel tempo. E sceglie l’eloquenza di immagini intime, intense, di leit-motive essenziali e di poche, incisive battute, portatrici di sentimenti molto profondi, che solo un certo cinema cinese è in grado di regalarci.

Lettere di uno sconosciuto di Zhang Yimou con Chen Daoming, Gong Li, Huiwen Zhang

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