Ho dato voce al Conrad inconsueto

In Weekend

Esercizi di traduzione: in questo caso un Conrad inconsueto, quello de ‘Il caso’. Cinque stesure per una doppia sfida che il traduttore racconta

Nella produzione di Conrad Il caso: un racconto in due parti (Chance: A Tale in Two Parts, 1913) è un romanzo –  esce adesso in edizione economica per Adelphi –  dai tanti primati.  In nessun’altra sua opera troviamo una struttura narrativa così complessa, in cui entrano in gioco testimoni diretti e indiretti ciascuno con più motivi per rivelarsi alla fine inaffidabile e per la prima e unica volta al centro della storia  vi è un personaggio femminile, protagonista di una particolarissima storia d’amore: Flora de Barral, una giovane donna straziata da ogni sorta di umiliazioni dopo che il padre è stato condannato ai lavori forzati per una colossale truffa finanziaria e poi trascinata in mare da un uomo, il Capitano Anthony, che le offre rifugio dai mali del mondo a bordo della sua Ferndale.

Vi è infine un altro primato, che ha finito per oscurare gli altri due: Il caso infatti fu il primo successo commerciale per un autore i cui capolavori fino a quel punto avevano venduto solo poche migliaia di copie; forse questo successo ha creato un certo sospetto tra i critici, e così si spiega il perché, tra i romanzi conradiani maggiori, Il caso è quello meno studiato e insegnato nelle università. Era forse quest’ultimo il motivo per cui in Italia (l’unico paese al mondo a poter vantare due edizioni complete delle opere dell’autore: Bompiani [1949-1966] e Mursia [1967-1986]) il romanzo non era più in commercio, una lacuna colmata grazie alla decisione di Adelphi di farlo uscire in coincidenza con il centenario della sua pubblicazione in volume.

I critici accademici inglesi hanno a lungo ipotizzato che il relativo successo di vendite del romanzo fosse dovuto a concessioni fatte ai gusti del pubblico femminile da un Conrad che essi volevano imbalsamare nella posa dell’ex lupo di mare prestato alla scrittura romanzesca perché cantasse le lodi della marina mercantile britannica. E in effetti si ha la sensazione che l’autore abbia provocato intenzionalmente questa reazione, affidando lo scioglimento del groviglio di emozioni suscitato dalla protagonista proprio al capitano Marlow, visto per l’ultima volta sulle coste del Borneo in Lord Jim (1900), dopo aver prima rievocato gli orrori del Congo Belga in Cuore di tenebra (1899). Nel Caso invece viene Marlow costretto dal suo impietoso creatore a rivelare tutti i suoi limiti di misogino in cerca di una storia di cui poter essere protagonista allorché viene chiamato a investigare ogni possibile risvolto di una storia d’amore nata nella campagna inglese, coronata da un frettoloso matrimonio e la cui consumazione viene posposta per anni in attesa che le finissime sensibilità dell’uomo e della donna trovino il modo di intendersi. Vi è più di un pizzico di autoironia nella scelta di Conrad di affidare a Marlow una vicenda del genere, quasi volesse liberarsi dall’etichetta di “romanziere di mare”, dimostrando che la maestria narrativa affinata in tanti romanzi d’avventura gli avrebbe permesso anche di scrivere una storia d’amore. Non è un caso, appunto, che il suo romanzo più complesso sia anche l’unico con una donna al suo centro.

Il romanzo è soprattutto un esercizio di virtuosismo nell’applicazione delle potenzialità della tecnica-Marlow, il capitano-narratore rispolverato per l’occasione. Stavolta, però, anziché‚ raccontare una propria esperienza, Marlow si pone il compito di ricostruire una vicenda che lo ha sfiorato durante una sua breve vacanza a terra. Per far ciò deve mettere insieme una serie di testimonianze, a volte anche di seconda o terza mano, e quando non ha a disposizione un resoconto diretto, integra la storia con la propria immaginazione. Gli scambi tra Marlow e il narratore-cornice si riducono in questo romanzo per lo più ad una prolungata discussione sulle donne in cui il capitano sembra dar fondo ad una feroce misoginia. In questo suo filosofeggiare, il vecchio lupo di mare richiamato in servizio dal suo creatore per quella che per molti versi è una parodia dei romanzi d’appendice, è meno che mai il portavoce dell’autore. Il risultato è un tour de force mozzafiato che fece meritare a Conrad un ambiguo riconoscimento da parte di Henry James, il quale lo definì l’unico scrittore “votato a fare una cosa nella maniera che richiede più lavoro possibile”.

 La storia ha inizio quando Marlow incontra in un ristorante un uomo di mare, un certo Powell, che racconta loro come il caso lo aveva aiutato a trovare il suo primo imbarco, a bordo della Fernsdale. Nel corso della conversazione viene fuori che il comandante della nave era il capitano Anthony, e solo allora Marlow collega il nome ad un’estate di molti anni prima, quando durante una passeggiata il caso volle che egli salvasse una giovane fanciulla sul punto di suicidarsi; si trattava di Flora de Barral, la figlia di un celebre finanziere che aveva perso tutto dopo essere stato arrestato per bancarotta fraudolenta. Rimasta sola al mondo, Flora era stata accolta, quell’estate, da una vicina di Marlow, una certa signora Fyne, il cui fratello è il capitano Anthony, comandante della Fernsdale. Così ha inizio la storia, e sarebbe un peccato raccontare come prosegue, allorché si trasforma in un ritratto di signora in alto mare per poi concludersi con un finale indimenticabile.

 Il caso non è solo la storia di Flora e Anthony; vi è un terzo protagonista, Powell, il narratore privilegiato del primo capitolo e della seconda parte della storia, quella ambientata a bordo della Ferndale, la nave di Anthony di cui lui è il giovanissimo ufficiale in seconda. Il caso sarà pure una storia d’amore, ma contiene alcune delle pagine più belle tra quelle dedicate alla vita di mare, vista con la freschezza e l’ingenuità di chi ha saputo conservare intatto, negli anni, il senso di meraviglia che solo l’oceano sa ispirare.

Il lavoro di traduzione ha richiesto cinque stesure, perché il testo presentava due sfide distinte: riprodurre la voce narrante di Marlow e rendere l’intreccio di espressioni idiomatiche dei dialoghi e l’inglese latineggiante delle riflessioni e dei commenti. Per il traduttore del Caso è stato molto rincuorante scoprire, nelle tante recensioni e nelle domande dei giornalisti che lo hanno intervistato, la capacità del pubblico italiano contemporaneo di apprezzare questo inconsueto ibrido tra sottogeneri letterari.

Foto di copertina: Joseph Conrad’s writing desk and typewriter di Ben Sutherland

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