Giorgio Griffa: la pittura non ha bisogno di parole

In Arte

Alla galleria Lorenzelli “Silenzio: Parla la pittura” di Giorgio Griffa con i suoi colori e geometrie va indietro nella storia dell’arte, fino al principio primitivo

“Silenzio: parla la pittura”, la frase di Giorgio Griffa, che dà il titolo alla mostra alla galleria Lorenzelli Arte, ci fornisce la chiave di lettura delle sue opere.

Strisce larghe, dense, oppure linee sottilissime, serie di punti, riquadri, virgole, in meravigliosi, fragranti colori arcobaleno o in morbide nuances. Colori e geometrie sono dipinti su tele grezze e su cotone e appesi alle pareti senza cornice: pendono su quattro chiodi. Le pieghe della stiratura a riquadri – come meridiani e paralleli in un mappamondo – creano ombre in movimento sui dipinti. Un effetto straordinario.

Il colore non è omogeneo, l’acrilico è usato come l’acquarello: si possono vedere le diverse densità della materia, si può scorgere dove la pressione della mano dell’artista ha premuto, dove è più leggera, dove ha caricato più materia, dove diventa quasi trasparente. Sentire l’opera nel suo farsi, come nella pittura zen.

Orizzontale policromo, Giorgio Griffa, 1973, acrilico su juta
Orizzontale policromo, Giorgio Griffa, 1973, acrilico su juta

Le sequenze dei segni non seguono le regole tradizionali della composizione, ma una grammatica interna; si tratta di segni primari, semplici, non definiti da contorni, che si dilatano sulla tela. Si vede il colore spandersi e asciugarsi. La successione delle linee e dei colori, le pieghe e le ombre della tela creano un ritmo come di danza; evocano musica, paesaggi, sensazioni e sentimenti. Nulla di figurativo, nulla di astratto.

Arrivare a un risultato del genere significa «portare la pittura dalla visione esterna alla rappresentazione interna dell’evento», spiega Griffa. «La pittura – continua l’artista – ha sentito molto presto l’impulso a percorrere un sentiero conoscitivo che altri aspetti del sapere umano già percorrevano, cioè quello di introdursi dentro i fenomeni anziché descriverli dall’esterno», quello che la scienza ha incominciato a fare nell’Ottocento. La pratica stessa del dipingere, il semplice gesto di stendere il colore, di tracciare un segno è un atto di conoscenza: mano e mente sono la stessa cosa, secondo Griffa sono «presi per incantamento», citando Dante (Guido, i’ vorrei che tu Lapo ed io | fossimo presi per incantamento […])

Le opere esposte sono state tutte realizzate tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta e appartengono al ciclo dei cosiddetti Segni Primari; possiamo intravedere una certa vicinanza sia con l’Arte Povera, che col Minimalismo, il clima è quello, ma il percorso di Griffa va soprattutto all’indietro nella storia della pittura, nel gesto dell’uomo primitivo, nelle tecniche e conoscenze filosofiche e scientifiche degli artisti passati e, soprattutto, all’interno di sé, di noi esseri viventi.

Giorgio Griffa – Silenzio: parla la pittura. Lorenzelli Arte, fino al 13 maggio 2015

Foto: Giorgio Griffa, 1977, acrilico su juta

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