C’erano una volta le fiabe (e ci sono ancora)

In Letteratura

Un viaggio fra fate, orchi, principe principesse, mostri, eroi e regni incantati. Le fiabe si leggono ancora e sono più vive che mai

‘In primo luogo dunque, a quanto sembra, noi dovremo sovrintendere ai produttori di miti, e accettare quello che facessero di buono, rifiutare invece quello che non lo è. Convinceremo sia le balie sia le madri a raccontare ai bambini i miti ammessi, mettendo più impegno nel formare le loro anime con i miti che i corpi con le mani’

In questa frase di Platone (Repubblica, II 377 C), grande inventore di miti, c’è già tutto il gran questionare che si fa sulla distinzione tra fiabe buone e fiabe cattive e sull’utilità di raccontarle.

Platone, da parte sua, sceglie e adatta solo quei miti che possono servire a formare il bravo cittadino della polis, gli altri non sono che menzogne. Descrive anche la fascinazione che ci prende nell’ascoltare, nell’essere trasportati in luoghi e tempi fantastici, nel seguire le mirabolanti avventure di eroi ed eroine, e come questo aiuti a formare il carattere, come e più di una speculazione filosofica.

E’ appena uscito un libro, magnificamente illustrato, Piacere di conoscerti, monsieur Monet! di Emanuela Di Lallo e Ilaria Demonti (Skira) che, in tono leggero, sembra quasi mettere in pratica gli insegnamenti di Platone.
Si tratta di una specie di iniziazione alla pittura.

E’ il 15 aprile 1874 e il piccolo Pascal va coi genitori all’inaugurazione della Prima Esposizione della Società Anonima degli Artisti, pittori, scultori e incisori nello studio del fotografo Nadar, dove espongono gli Impressionisti.
Pascal è subito colpito da uno dei quadri, Impressione, sole nascente di Claude Monet.
Si avvicina, l’immagine dell’aurora sul mare scompare, e lui vede una serie di piccole onde, macchioline, righette di colori puri che lo risucchiano in un vortice ‘e…whop!…sono entrato nel colore!! Ho un po’ paura, dov’è la mamma…Però…qui dentro è magnifico! Che sballo, sono in mezzo al blù…e mi sto muovendo?’.

Come dal nulla, gli compare davanti un vecchio signore con la barba, è Monet che lo accompagna a vedere i dipinti: la Cattedrale di Rouen che muta a seconda delle ore del giorno, è la luce diversa che le dà forma e la trasforma; e poi ecco lo stagno con le Ninfee; e ancora lo stesso paesaggio visto d’estate e d’inverno.

 

Claude-Monet-Ninfee-1914-1918-Mattino-particolare-Musée-de-lOrangerie-Paris

Dopo ogni dipinto, il bambino-lettore-pittore è invitato a copiare, a ispirarsi ai quadri e alle tecniche che ha imparato. Vien voglia di farlo anche a noi grandi.

Ma torniamo alle fiabe tradizionali.

Prendiamo come guida Bruno Bettelheim col suo Il mondo incantato –Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe (Feltrinelli).

‘Molti genitori credono che al bambino dovrebbero essere presentate soltanto la realtà conscia o immagini piacevoli e capaci di andare incontro ai suoi desideri: egli dovrebbe insomma essere esposto unicamente al lato buono delle cose. Ma questo alimento unilaterale nutre la mente soltanto in modo unilaterale, e la vita reale non è tutta rose e fiori’.

Noi vogliamo far credere ai nostri piccoli che tutti sono buoni, che tutto vada bene, ma loro sanno che non è così, che anche loro stessi sono o fanno i cattivi, per non parlare delle terribili ingiustizie che subiscono da parte dei genitori.

E allora arrivano le fiabe, che raccontano della lotta contro le gravi difficoltà della vita, che raccontano che solo chi non si ritrae spaventato, ma affronta le avversità inaspettate e spesso immeritate, può superare tutti gli ostacoli e alla fine uscire vittorioso. La fiaba prende molto sul serio le ansie e i dilemmi esistenziali e s’ispira direttamente a essi: il bisogno di essere amati e la paura di non esserlo, la paura della morte, e insieme, offre soluzioni che il bambino può comprendere e imitare.
L’eroe della fiaba è solo, proprio come il bambino moderno si sente isolato, ma nel corso delle avventure incontrerà aiutanti magici e otterrà l’aiuto di cui ha bisogno.

Esemplare a questo proposito è l’antologia di Fiabe danesi (Iperborea). Trascritte intorno alla metà dell’Ottocento, fanno rivivere lo spirito popolare di antiche leggende e ballate; raccontano di magia, di giganti, di troll. La dimora del Re è più una grande fattoria che un vero castello, il paesaggio è quello campagnolo.

Ma gli eroi e le eroine sono gli stessi bambini vittime di ingiustizie, che fuggono o vengono allontanati, che asciugano le lacrime e si danno da fare, che contro ogni ragionevole pessimismo trovano aiuto in un ranocchio, in una serpe. E così vincono orridi mostri, impossibili prove, inganni diabolici e soprattutto provano a se stessi il loro coraggio e possono finalmente dire: Io non ho paura, come nel romanzo di Niccolò Ammaniti. Dopo tanta fatica, ottengono il premio: un regno, un principe o una principessa, e finalmente vissero felici e contenti.

 

Immagine di copertina by pixabay

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