“Automi, bambole e fantasmi”: Hoffmann visionario e modernissimo

In Letteratura

Visionario e allegorico, angosciante e immaginifico, Ernst Theodor Amadeus (come volle chiamarsi per terzo nome, da sé) Hoffmann si è avventurato per le strade del fantastico e del perturbante anticipando un modo di vedere la realtà e diventando maestro di una intera generazione di scrittori. Della cura di tutta la sua opera L’Orma editore si sta occupando con costanza: sesto titolo della collana a lui dedicata, “Hoffmanniana”, è uscito da poco “Automi, bambole e fantasmi”. Una raccolta di racconti che ha esercitato illustri condizionamenti, non solo letterari.

Scrittore, musicista, disegnatore e giurista, Ernst Theodor Amadeus Hoffmann è soprattutto uno dei padri della letteratura fantastica moderna, maestro e ispiratore di Poe, Dostoevskij, Baudelaire e Gogol’.
Eppure il suo carattere bizzarro e discontinuo ne ha condizionato – in vita e in morte – la fama: per Baudelaire era l’autore del «comico assoluto», per Walter Scott più che di un critico, avrebbe avuto bisogno di uno psichiatra, per Goethe le sue storie nuocevano alla salute, mentre per Freud era il maestro del «perturbante», come si legge nella presentazione di Automi, bambole e fantasmi, una raccolta di suoi racconti uscita per L’Orma Editore, accompagnata da un illuminante saggio di Théophile Gautier.


Gautier smonta la grottesca macchietta di un Hoffmann sempre ubriaco di birra e di vino del Reno, accanito fumatore e attaccabrighe nelle più sordide bettole. Anzi, afferma il critico: bisognerebbe proprio sfatare la leggenda che questi mezzi favoriscano il genio; casomai lo ottundono.


Né vino, né tabacco infondono il genio; quando è ubriaco, anche un grande uomo barcolla come tutti li altri, e non vale la pena colare a picco per levarsi al cielo’


Un bel colpo basso al mito genio-sregolatezza caro al Romanticismo e al Decadentismo, insomma.
Il motivo del grande successo di Hoffmann, al contrario, è da ricercare propio dove non lo si è mai cercato: nella viva e reale percezione della Natura che dà spessore, verità anche ai suoi racconti più misteriosi, incredibili.
Gautier ne fa una lettura strutturale ante-litteram.
Hoffmann è uno degli scrittori più abili nel definire la fisionomia delle cose e nel conferire tratti reali a creazioni inverosimili. Sono quell’osservazione rigorosa, scientifica, particolareggiata su sequenze e particolari irrilevanti a dare senso di realtà a sviluppi, eventi imprevedibili, fantastici, che altrimenti rifiuteremmo come improbabili, falsi, esagerati.

C’è anche un altro aspetto importante. Hoffmann era pittore, musicista e poeta, e questo gli permette di cogliere il mondo sotto ogni aspetto: i colori, i suoni e i sentimenti; l’affinità delle arti e l’opera d’arte totale di wagneriana memoria.
Poi, certo, quello che lo intriga di più è il mistero che c’è dietro la più banale delle cose ed è fatto della stessa pasta dei nostri sogni, è il segreto nostro e del mondo.

Leggere, o rileggere i suoi racconti è sempre una meravigliosa avventura, anzi più ne conosciamo la trama, più riusciamo ad apprezzarne l’abilità nel costruire i caratteri, nel suscitare simpatia e odio, paura e tensione.
Esemplare è il racconto Schiaccianoci e il re dei topi, che fu pubblicato insieme ad altre fiabe per bambini nel 1816.
Nel 1845 Alexander Dumas padre lo riscrisse ed è da questa versione più edulcorata rispetto alla versione originale di Hoffmann che Pëtr Il’ič Čajkovskij trasse il suo famoso balletto.
Una storia, quindi, letta vista sentita infinità di volte.
Eppure, quando rileggiamo ancora una volta il racconto scritto da Hoffmann, non riusciamo più a mollarlo.
Amiamo, odiamo, tremiamo, proviamo a suggerire consigli ai buoni giocattoli e a sperare che gli orridi topi vengano sconfitti, trucidati. Sì, il racconto è anche violentissimo, quasi splatter. Eppure è come se tutto fosse vero, reale. E in questo sta la grandezza di E.T.A. Hoffmann.