Diario americano: nuovi, vecchi estremismi qui e lì

In diarioCult, Weekend

Ci siamo dimenticati tutto? Abbiamo archiviato fascismo e antifascismo? Mentre in Italia e negli Stati Uniti dove si vota per il Midterm trionfano nuovi estremismi, riapriamo i libri di storia e le nostre personali memorie

Trovo incredibile che gli americani e gli italiani continuino a fare gli stessi errori, malgrado la loro storia. Come in Italia, negli Stati Uniti la democrazia sta a poco a poco cedendo ad estremismi che potrebbero apparire nuovi, ma che invece non sono che quello che i nostri nonni e bisnonni hanno tentato di eliminare.

Il mese di novembre è quando cade la festa del Ringraziamento, una cena in famiglia dove si mangia il famigerato tacchino ripieno, fagiolini e torta di mele; si beve e chi non si addormenta davanti al divano con lo zio guarda la partita di football americano. È anche la festa in cui esiste il tacito accordo: a cena non si può parlare di politica o di qualsiasi tema che possa generare discussioni o addirittura litigate. Ma, tra una forchettata e l’altra, una volta osai chiedere chi si ringraziasse quel giorno lì. La versione, come dire, ufficiale è che il primo anno che gli europei approdarono alle coste orientali dell’America e faceva freddo, i nativi americani li invitarono a cenare con loro, per salvarli. “Ah, quindi si festeggia il fatto che gli europei sono sopravvissuti al freddo grazie agli indigeni e, siccome non sono morti di freddo, sono riusciti a sterminarli? Beh, una bella festa…”. Ricordo che ad un tratto, le forchette vennero posate sui piatti e che il silenzio fu freddo come quel primo inverno. Poi si decise di cambiare discorso.

Ora, invece, grazie a quelli che guardano la storia con occhio diverso, novembre è il mese dedicato alla sensibilizzazione delle persone native, e la Festa del Ringraziamento si chiama “Indigenous People Appreciation Day”. Così almeno il tacchino, per natura secco e poco appetitoso, non strozza nessuno.

La settimana prossima si vota per il Midterm, una specie di controllo su come sta andando il presidente in carica e la sua amministrazione. Ci si aspetta una perdita storica da parte dei democratici, un po’ come è successo in Italia qualche tempo fa. Si ritornerà ai periodi di paura, quando l’ex presidente Trump ne faceva di tutti i colori. I suoi scugnizzi, soprattutto in Florida e in Texas, sono già pronti con la bottiglia di champagne in mano e un sacco di idee per limitare libertà che sembravano ormai consolidate. 

La stessa cosa sta succedendo in Italia. Sembra che l’ideologia fascista sia tornata di moda, che in fondo non si stava poi così male. Sembra che nessuno si ricordi di quei tempi là, quelli che mi raccontava mia nonna mentre cucinava.

Ricordo un particolare una sera a Bordighera, proprio nella casa in cui mia nonna era cresciuta. Io avevo appena messo a letto i bimbi e mi sono seduta attorno al tavolo rosso della cucina, dove lei stava tagliando delle zucchine per fare la torta verde. Le chiesi della guerra. Lei tagliava e raccontava. Raccontava della volta che mio nonno lavorava alla Caproni, quando venne ammazzato un tedesco. La mattina dopo, tutti gli impiegati furono messi in fila, uno di fianco all’altro. Il plotone contava fino al dieci, e il decimo in fila veniva trucidato. Non ricordo come, ma mia nonna venne a saperlo, prese la bicicletta e arrivò trafelata alla Caproni. Disse che una delle figlie aveva avuto un incidente gravissimo, e che suo marito doveva assolutamente correre all’ospedale. Fu così che gli salvò la vita.

Raccontava anche di quando andava a letto con lo stomaco vuoto; di quante volte si era sacrificata per lasciare da mangiare al marito e alle due figlie e che una volta mia zia le chiese un’altra fetta di pane nero e lei le mollò un ceffone. “Pensa che disperazione: si arrivava a picchiare i figli perché avevano fame!”. Raccontava anche quando mi nonno perse il lavoro (aveva sempre rifiutato la tessera fascista) e decise di costruire casette per le bambole con tutti i mobili piccolini, tutto in legno. Mio nonno era un incredibile artista. Il compito della nonna, invece, era di andare in bicicletta in giro per i (pochi) negozi di giocattoli e vendere i prodotti che mi nonno faceva in cantina. “Quando tornavo con un fiasco di vino, voleva dire che avevo venduto qualcosa!”, mi diceva sorridendo. Ma c’era ben poco da ridere: le sirene di notte che facevano tutti correre nelle cantine; il prete morto quasi davanti a casa loro; lo sfollamento di qua e di là. I miei nonni paterni, vicini di casa e amici di quelli materni, non l’avevano vissuta molto meglio: la prima moglie di mio nonno e la figlia Margherita vennero uccise da una bomba crollata sulla loro casa. 

Ma soprattutto, non c’era libertà. Chi si opponeva diventava nemico, persona pericolosa e da eliminare al più presto. Chi osava alzare la testa durava ben poco.

Sono solo alcuni racconti di mia nonna, che sicuramente sono stati i racconti di tutte le nonne e bisnonne, che adesso non ci sono più. Per fortuna. Chissà cosa penserebbero riguardo a ciò che sta succedendo in Italia: forse che malgrado il sangue versato per la libertà, il fascismo non è mai stato debellato.

Teniamoci forte e studiamo meglio la nostra storia.

In apertura slogan fascista a Lavenone.

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