Daniel Auteuil si sdoppia al cinema

In Cinema

L’interprete francese fa il mattatore accanto a Camélia Jordana in “Quasi nemici” di Yvan Attal, per il quale l’attrice appena 26enne ha vinto il Cesar come migliore promessa, raccontando il duello-duetto fra un barone dell’accademia, sgradevole e razzista, e un’allieva di origini maghrebine uniti a sorpresa dall’obiettivo di vincere una gara di eloquenza tra le università parigine. In “Sogno di una notte di mezza età” si dirige in una commedia a quattro personaggi sui temi della maturità maschile e del tradimento: nel cast anche Gérard Depardieu, Adriana Ugarte e Sandrine Kiberlain

Auteuil 1/ Il Pigmalione e la studentessa tra conflitti, amicizia e successo

Dev’essere un fenomeno rilevante in Francia quello delle competizioni di capacità oratorie fra gli studenti delle università, se a distanza di pochi giorni, dopo l’ottimo A voce alta, esce un altro film che parte da questo tipo di gara (che è didattico ma anche psicologico, etico, sociale) e ne racconta gli sviluppi. Ma mentre nella vicenda corale ambientata a Saint-Denis da Stéphane De Freitas contavano molto la dinamica collettiva, i racconti di molti ragazzi di estrazioni diverse, i loro sogno di promozione sociale, in Quasi nemici di Yves Attal  (Le brio in originale) sottotitolato per una volta in Italia in modi assennati, “L’importante è avere ragione”, tutto si gioca in un rapporto a due: quello tra l’odioso e paludatissimo barone accademico Pierre Mazard, cui da ottimamente volto il roccioso Daniel Auteuil, protagonista di lungo corso e di grandi qualità di oltre 100 film, tra cui Un cuore d’inverno, La regina Margot, Il mio migliore amico (e pure lui titolare al momento di una doppietta sugli schermi, e di seguito potete leggere la scheda dell’altro film, che ha anche diretto Sogno d’una notte di mezza età) e la giovane Neïla Salah, un ruolo grazie al quale la 26enne francese Camélia Jordana ha vinto il Premio César 2018 alla miglior nuova promessa femminile, dopo la buona prova, vista anche anche in Italia, in In due sotto il burqa, candidandosi davvero a un ruolo di primo piano nel cinema transalpino.

Cresciuta a Créteil, nella multietnica banlieu parigina, lei sogna di diventare avvocato, e a prezzo di non pochi sacrifici familiari si iscrive alla prestigiosa università di Panthéon-Assas a Parigi, ma dal primo giorno è messa nell’angolo dal professor Mazard, maschilista, razzista, celebre per i modi bruschi e il gusto di provocare. Il suo atteggiamento però supera ogni limite e finisce sotto accusa e a rischio licenziamento. Per farsi perdonare dalle gerarchie accademiche ed emendare il suo agire troppo politically uncorrect, dovrà preparare e sostenere Camélia, studentessa proprio di quell’origine maghrebina che è una delle sue principali idiosincrasie, in modo che vinca l’attesissima gara inter-universitaria di eloquenza, portando così al successo anche il prestigioso ateneo.

Va da sé che l’incontro tra i due è brusco e ruvido fino agli insulti e alla rissa: ma le grandi capacità di insegnante (miste alla crescente convinzione di trovarsi di fronte a una giovane di sicuri talenti e intelligenza) in lui, e la testarda scelta di convincere delle proprie qualità il ricco e spocchioso docente (e insieme la comunità borghese tutta che affolla le aule parigine) in lei, compiranno il miracolo. Anzi, i due non solo riusciranno a collaborare fino all’immancabile vittoria finale di Camélia (ma c’è un “in cauda venenum…”) ma sorgerà addirittura fra loro una singolare forma di solidarietà, quasi un’amicizia, pur in mezzo a mille differenze, diffidenze, anche ostilità che non cessano mai del tutto. Ed entrambi dimostreranno il loro nuovo rapporto dando sostegno l’una all’altro e viceversa nel momento in cui ne hanno più bisogno.

In tempi di pregiudizi, razzismo strisciante (anche debordante a volte, in verità), diffidenza verso gli altri, il 53enne regista e interprete (The Interpreter. Munich) israeliano Attal, autore/attore anni fa di Mia moglie è un’attrice, ha scritto (con molti aiuti) e messo in scena una commedia acuta e brillante, che sfida con beffarda intelligenza anche il cinema perbene facendo uno slalom tra temi spinosi come l’integrazione, l’intolleranza, lo scontro fra classi, la smania di affermazione. Il canovaccio classico dei due caratteri che si odiano costretti ad aiutarsi acquista un ritmo impeccabile e in molti dialoghi raggiunge un umorismo non banale, colto perfino. Lei non ha remore e sa colpire dove fa più male, per mettere Mazard in soggezione, lui ha capito che l’ambizione della ragazza sarà la leva per farle superare qualunque prevenzione nei suoi confronti. E soprattutto per farla trionfare nella gara, con gran gioia dei protagonisti e dell’establishment in generale.

Perché alla fine l’ex ragazza di banlieu, e qui sta il “venenum” del film, che ha confermata tenerezza di cuore nel suo amore per un coetaneo davvero lontano da tutto questo, dimostrerà però che la sua etica, almeno in pubblico, si è uniformata agli standard della società dei vincenti. Affrontando il suo primo processo da avvocatessa con grande realismo. Perché, come ci hanno spiegato al liceo, dalla filosofia dei sofisti in avanti, non è fondamentale essere nel giusto, proclamare la verità, ma avere ragione, venire riconosciuti in pubblico come vincitori per capacità logiche, discorsive, oratorie. In fondo è lo stesso meccanismo, solo arricchito di modi adeguati all’etile e al bon ton, di Twitter e Facebook, dove spesso non prevale chi ha fondati argomenti ma chi riesce a far passare i suoi, con virulenza o abililità, come più convincenti presso il pubblico.  Perché sarà anche vero, come si dice più volte nel film, che «Quando si parla bene ci si dimentica come dire le cose in maniera semplice», e non sempre questo è appropriato alle situazione della vita, ma intanto si vincono le dispute. E il torneo di eloquenza delle università parigine.

Un film ben scritto, diretto e montato, al centro del quale c’è però soprattutto un duetto di attori davvero senza difetti. Auteuil e Jordana spendono la propria verve mattatoriale sempre dentro i limiti del credibile e del gradevole, perché è pur sempre una commedia, non un pamphlet. Mostrando anche come si possono interpretare caratteri che mutano nel corso della storia restando però al tempo stesso in fondo anche fedeli a loro stessi. Un film che diverte e dà fastidio, fa riflettere e interroga, ricordandoci l’importanza di saper fare un passo indietro, mettersi a disposizione del prossimo, integrarci e superare i nostri pregiudizi. E tanto meglio se questo alla fine ci fa anche comodo, nella vita.

Quasi nemici, di Yvan Attal, con Daniel Auteuil, Camélia Jordana, Yasin Houicha, Nozha Khouadra, Yvonne Gradelet, Serge Gainsbourg, Romain Gary, Jacques Brel, François Mitterrand, Nicolas Vaude

 

 

Auteuil 2 / Daniel e Gérard: qualche risata, un po’ di noia e melò

Come vi sentireste se il vostro migliore amico vi presentasse la sua nuova compagna e voi vi innamoraste di lei? Riuscireste a mantenere il giusto contegno? E rimarreste fedeli a vostra moglie? Sono questi i quesiti alla base della commedia francese Sogno d’una notte di mezza età, diretta da Daniel Auteuil che ne è anche l’interprete principale.

Daniel (Auteuil) è un editore parigino che una mattina, tornando a casa dal lavoro, incontra il suo vecchio amico Patrick (Gerard Depardieu); questi vorrebbe organizzare una sera una cena da lui, per presentargli la sua giovane compagna Emma (Adriana Ugarte), ma inizialmente lui è riluttante, poiché per mettersi con Emma, Patrick ha lasciato sua moglie, che è anche la migliore amica di Isabelle (Sandrine Kiberlain), moglie di Daniel. Ma alla fine accetta. Solo che da quando incontrerà per la prima volta Emma, comincerà a fantasticare sempre di più su di lei, mettendo a dura prova la sua fedeltà coniugale.

Sin dalle scene iniziali riusciamo a inquadrare i principali personaggi maschili della vicenda, opposti sotto molti aspetti: infatti Daniel è un individuo timido e impacciato, che ha sempre paura di far arrabbiare la moglie, dotata di un carattere molto più “virile” del marito (lei tra l’altro lo aiuta nel lavoro come correttrice di bozze); al contrario, Patrick è un uomo che ama ostentare le sue ricchezze e il fatto di avere una compagna con la metà dei suoi anni, e cerca di continuare a vivere come se fosse ancora giovane. Anche le loro controparti femminili, la Kiberlain e la Ugarte, interpretano bene due ruoli che, sotto certi aspetti, sono in antitesi con i loro partner: il carattere esuberante di Isabelle la rende più simile a Patrick, mentre Emma ha un comportamento schivo che a volte la fa somigliare a Daniel.

Quando Patrick ed Emma andranno a cena da Daniel, questi inizierà ad avere fantasie amorose su lui ed Emma, e così realistiche che per lo spettatore sarà difficile capire quando ci troviamo nella sua mente e quando nel mondo reale. Ciò darà vita a numerose gaffe e situazioni imbarazzanti, in cui il padrone di casa farà fatica a mantenere l’autocontrollo necessario per nascondere agli altri cosa gli gira per la testa.        Ed è qui che sta uno dei principali difetti della trama, basata su un’opera teatrale di Florian Zeller (anche sceneggiatore del film): Isabelle, pur detestando dal primo momento Emma, sembra non sospettare mai cosa pensa il marito, nonostante egli si lasci più volte sfuggire affermazioni ambigue nel corso della serata. Ma così difficilmente scatta una vera situazione di pericolo (anche dai risvolti comici) per il protagonista.

Se come regista non riesce a ottenere grandi risultati, come interprete Auteuil dimostra un grande talento nel rappresentare i vari stati d’animo del suo personaggio; e lo stesso vale per Depardieu, che qui è alla sua quarta collaborazione con Auteuil. La trama del film, che vorrebbe ricalcare il genere di commedie ambientate durante una cena, portato un risultato notevole nel 2012 da Cena tra amici (dal quale nel 2015 è stato fatto un remake italiano, Il nome del figlio) e da Perfetti sconosciuti, alterna scene esilaranti, dove lo spettatore non può fare a meno di ridere ad altre alquanto monotone, che sconfinano nel melodrammatico. E la regia non riesce a rendere bene una storia che si, fa ridere, ma poteva essere sviluppata molto meglio.

Sogno d’una notte di mezza età, di e con Daniel Auteuil, e con Gérard Depardieu, Adriana Ugarte, Sandrine Kiberlain

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