Depardieu, un Maigret dimesso, paterno, in cerca di un po’ di calore

In Copertina Cinema

Un altro grande protagonista del cinema francese si aggiunge alla lunga lista di attori che hanno prestato volto e corpo (molto, in questo caso) al celebre detective raccontato da Georges Simenon. Questa versione delle investigazioni parigine del commissario, firmata da Patrice Leconte, è grigia, crepuscolare, senza speranza. E la vicenda di un giovane ragazza trovata senza vita diventa un filo che unisce il racconto noir, la vita di Maigret e anche la drammatica biografia del suo interprete

Dimesso. Nel vocabolario, alla voce dimesso si legge: modesto, umile, sottomesso. Oppure, nel modo di
vestire, volutamente trascurato. Di un fatto espressivo, disadorno. Nel senso letterale abbassato, cadente, accasciato. Dal Lat. demissum, “abbassato”. Maigret di Patrice Leconte è un film volutamente dimesso, il colore prevalente è il grigio, rotto qua e là solo dal carminio dei rossetti di donne infelici e dal sangue della vittima. Per il resto domina una sensazione di strascichio di piedi, di immagini volutamente asfittiche, di luoghi e animi crepuscolari.

L’ispettore protagonista di tanti libri di Georges Simenon questa volta è incarnato, nel vero senso della parola, da Gerard Depardieu, che per l’occasione mantiene una recitazione in linea con la dimessità (ebbene sì, pare che il vocabolo esista) cercata da Leconte. Sparite sono tutte le tracce del roboante attore francese, persino la sua fisicità è ormai solo costrizione, fatica. Paludato in mesti cappottoni grigi, silenzioso e infelice, il commissario di Depardieu è un uomo vinto., stanco. Non è un caso che la prima scena del film si apra in uno studio medico, dove a Maigret viene intimato di smettere di fumare e di mangiare in maniera più sana. Un ordine perentorio che drena ogni vitalità dal nostro eroe, il quale rimane con una pipa vuota, utile solo a essere rigirata in mano come una pallina antistress, anche se protagonista di una buona battuta con citazione belga (Ceci n’est pas une pipe!).

Cos’altro rimane al commissario? Solo il lavoro, che lo mette a contatto con una costellazione di piccole vite dentro le quali irrompe il delitto. Questa volta si tratta di quella d’una donna senza identità, giovanissima, trovata accoltellata con indosso un lussuoso vestito da sera. Ma i suoi indumenti intimi di poco prezzo raccontano una storia diversa, fatta di solitudine e povertà. Una storia che interessa Maigret quasi più del delitto in sé stesso. Per questo si mette a ripercorrere – con i suoi passi pesanti che quasi lo accomunano, nell’incedere, a un Frankestein in Paris – gli stralci di vita della ragazza, fra stanze incolori e lavoretti senza importanza.

Durante questa ricerca, l’Ispettore incontra un’altra ragazza, Betty, anche lei arrivata a Parigi in cerca di una nuova identità. L’incontro con Betty alleggerisce, anche se di poco, il passo di Maigret. Un po’ perché usandola come esca per vedere se i suoi sospetti sono reali, riesce a risolvere il caso. E un po’ perché questa ragazza, come la giovane uccisa, gli ricorda la figlia perduta. Nelle loro vicende, nei loro
destini di ragazze abbandonate, gli sorge spontaneo un senso paterno, un bisogno di accudimento, di protezione dalle brutture del mondo. A prescindere dal delitto in sé, dai sordidi (oggi farebbero ridere) risvolti sessuali all’origine dell’evento, e delle solite varie meschinità di chi ne coinvolto, il senso della storia è tutta lì, in questo grande uomo annientato che in qualche modo trova un po’ di calore nella gioventù altrui. Se si pensa che lo stesso Gerard Depardieu ha perso il figlio primogenito Guillaume a
soli 37 anni, dopo un’esistenza burrascosa, non si fatica a rintracciare una nota autobiografica
in questo triste desiderio nel suo Ispettore.

Resta da capire il senso dell’intera operazione. Patrice Leconte ha già fatto sapere di non essere interessato a proseguire nella saga di Maigret. E allora perché fare un film che resta un po’ sospeso in un limbo, senza grande respiro, senza una visone particolare, un film così classico da correre il pericolo di essere fuori tempo, e sopratutto dimesso fino al soffocamento?

Maigret, di Patrice Leconte, con Gerard Depardieu, Anna Lioret, Clara Antons, Jade Labeste, Mélanie Bernier, Aurore Clément, André Wilms, Hervé Pierre, Pierre Moure, Bertrand Poncet

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