Sul “mostro” di Rostov un film bello e senz’anima

In Cinema

La scomoda verità sui delitti di un serial killer nell’Urss di Stalin: l’indagine, accurata, ben diretta, sostenuta da un cast efficace, manca però di pathos

Non esistono omicidi in paradiso. Quindi se nei boschi intorno a Rostov, e lungo la linea della ferrovia, cominciano a spuntare cadaveri di bambini nudi e seviziati, la spiegazione ufficiale dovrà essere una catena di incredibili incidenti. Perché a nessun costo potrà esser la più ovvia, cioè la presenza di un feroce serial killer.

Siamo nella Russia stalinista del 1953 – il paradiso, appunto – e in nome dell’ortodossia comunista e della lotta contro l’odiato nemico capitalista tutto è giustificabile, anche l’aberrazione di permettere a un mostro di continuare a uccidere per anni. All’origine di Child 44, tratto dal bestseller dell’americano Tom Rob Smith, c’è un caso di cronaca nera fra i più agghiaccianti della storia, quello di Andrei Chikatilo, soprannominato il mostro di Rostov, che andò avanti dal 1978 al 1990 a massacrare donne e bambini. Solo con l’arrivo della perestrojka di Gorbaciov la sua presenza venne finalmente ammessa, anche nel “paradiso” comunista. E dopo aver ucciso 56 innocenti, lui fu arrestato e giustiziato.

Nella finzione del libro e del film di Daniel Espinosa (svedese di origine cilena sbarcato tre anni fa a Hollywood, senza infamia e senza lode, con il thriller Safe House), tutto si svolge in una manciata di mesi, retrodatato nel periodo staliniano, e i bambini sono solo (?!) i 44 del titolo.

L’indagine va avanti grazie all’acume e alla perseveranza di un investigatore un po’ particolare, Leo Demidov (Tom Hardy), comandante dei servizi segreti nonché eroe di guerra, capace di torturare i presunti nemici del comunismo senza alcuna esitazione, ma abbastanza intelligente da sapere che il paradiso in terra non esiste. Forse perché è cresciuto in un orfanotrofio ucraino negli anni Trenta del Novecento. Nella sua testarda ricerca della verità il protagonista metterà a repentaglio vita e carriera, oltre al matrimonio con la bella e enigmatica Raisa (Noomi Rapace), ma potrà contare sull’insperato aiuto di un generale refrattario alle menzogne di regime (Gary Oldman).

Un film che mantiene esattamente ciò che promette: una sontuosa produzione internazionale, un’accurata ricostruzione d’epoca, un’ottima fotografia livida come si conviene, un’impeccabile prova da parte degli attori, tutti grandi professionisti e sufficientemente convinti dei loro ruoli, compreso Vincent Cassel nei panni di un viscido burocrate destinato a fare una brutta fine. Tutto bene, quindi? Sì e no.

Da ingredienti pur pregevoli, Espinosa tira fuori un piatto da cucina internazionale, buona per tutti e per nessuno: appetitoso a prima vista, ma che all’assaggio si scopre un po’ insipido. Un film convenzionale, costruito rispettando le regole contenute nei manuali di sceneggiatura e persino qualcuna in più, che parte spedito e nonostante qualche lungaggine si lascia seguire senza fatica, ma non arriva mai ad appassionare davvero.

Quello che manca a un film come questo è un po’ di anima, ingrediente sempre più assente dal palcoscenico del cinema mondiale.

Child 44 di Daniel Espinosa, con Tom Hardy, Noomi Rapace, Gary Oldman, Joel Kinnaman, Vincent Cassel

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