Il diario (pittorico) di Charlotte Salomon

In Letteratura

Bruno Pedretti racconta la storia di Charlotte Salomon, pittrice berlinese morta ad Auschwitz a 26 anni

Il romanzo Charlotte. La morte e la fanciulla di Bruno Pedretti racconta la vita di Charlotte Salomon, artista ebrea berlinese morta a 26 anni ad Auschwitz. La trama si sviluppa seguendo – come un filo d’Arianna – i dipinti che la stessa Charlotte aveva realizzato fin da ragazzina, raccolti in ordine cronologico e tematico sotto il titolo Leben? oder Theater? (Vita? o Teatro?), scritto col sangue prima di essere internata. È una storia vera che sembra un romanzo gotico, con presagi e presenze lugubri ancora prima della sua nascita. La prima immagine è quella di una fanciulla dai lunghi capelli neri, di nero vestita, composta in una bara, intorno i famigliari affranti. Si era gettata nelle gelide acque del fiume, si chiamava Charlotte. Qualche anno dopo la sorella Franziska dà alla luce una bambina, cui dà lo stesso nome della suicida. Cosa mai pensava dando alla figlia quel nome fatale? Colmava un vuoto affettivo o la riconosceva erede di quel tragico destino che sentiva anche su di sé? «È sempre una storia di vittime, ripeteva».

La piccola Lotte cresce con un padre assente, amatissima dalla nonna e dalla mamma. Appena può si infila nel grande letto di Franziska che le canta, con la sua suadente voce da soprano, dei Lied. Il preferito è La morte e la fanciulla di Schubert.

La fanciulla:
Via, ah sparisci!
Vattene, Barbaro scheletro!
Io sono ancora giovane; va caro!
E non mi toccare.

La morte:
Dammi la tua mano, bella creatura delicata!
Su coraggio! Non sono cattiva,
dolcemente dormirai fra le mie braccia!

«Se l’abbraccio della morte è dolce come il tuo, a me non fa paura» , dice Lotte alla mamma, che però proprio non ce la fa a sfuggire alla Triste Mietitrice e si suicida buttandosi giù dalla finestra. In un disegno vediamo Charlotte china sulla lapide che infila un biglietto nella corona funebre di passiflora e cipresso – le manine sanguinanti; è sicura che la mamma-angelo tornerà a prenderla.

Anche lo Storia incalza: i nazisti prendono il potere; la famiglia di Lotte è ricca, integrata, ebrea, fino all’ultimo hanno creduto che non gli sarebbe successo niente; invece  il padre perde il posto in ospedale e cominciano le ristrettezze economiche. Lotte è costretta a lasciare l’Accademia d’Arte. A casa, canta strazianti Lied e dipinge figure spettrali.

«Si chiese di che colpa si fosse macchiata se le toccava abbandonare l’albero su cui il suo frutto era nato e maturato. Per quale reato pagavano lei e la sua comunità». Riesce a fuggire in Francia dai nonni. Il clima è cupo, la nonna tenta il suicidio, Charlotte diventa la sua infermiera, non la abbandona un momento. «Promettimi che continuerai a dipingere. Devi raccontare quello che hai visto e che vedrai. Racconta la tua storia…» : il testamento della nonna, che poi riesce a buttarsi giù dal fienile. «Aveva chiesto aiuto al vuoto, aveva seguito il consiglio delle due figlie». Charlotte, disperata, dipinge e scrive,«l’opera era diventata la sua vita e la sua vita l’opera». Qui si conclude il romanzo.

Dopo pochi mesi, il 21 settembre verrà arrestata dalla Ghestapo insieme al marito. Morirà ad Auschwitz nel 1943.  Vita? o Teatro? Comprende 1300 fogli, oggi conservati al Joods Historisch Museum di Amsterdam.

Charlotte. La morte e la fanciulla di Bruno Pedretti (Skira 2015, pp. 153, 15 euro)

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