Come cavie in un parco giochi: Carsten Holler all’Hangar

In Arte

Le installazioni visionarie di Carsten Holler hanno trasformato l’Hangar Bicocca in un gigantesco laboratorio: tra letti semovibili e attrazioni da luna-park che manipolano la percezione, va in scena un affascinante esperimento sui meccanismi della fruizione. Fare la cavia non è mai stato così interessante.

Poco più di un mese fa è stata inaugurata al Pirelli HangarBicocca la mostra personale di Carsten Höller, Doubt, a cura di Vicente Todolì. Dopo Decision, presentata nel 2015 presso la Hayward Gallery, Höller porta in via Chiese il ”dubbio”. Nato a Bruxelles nel 1961, Höller è artista autodidatta e la sua estetica risente in modo evidente di una formazione scientifica: le sue creazioni ruotano attorno tematiche quali lo straniamento sensoriale, il disagio percettivo, lo studio del comportamento degli esseri viventi innanzi situazioni inaspettate; tuttavia vero nodo del suo pensare all’arte è il rapporto dialettico tra opera e spettatore. Quest’ultimo entrato all’interno della navata dell’Hangar si troverà di fronte ad una parete divisoria e ad un bivio con due corridoi, unici accessi possibili alla mostra. Entrati in uno dei due budelli si dà inizio all’operazione di ”manipolazione” compiuta dall’artista: non si intende questo termine come ”lavorazione manuale dell’opera” ma piuttosto come ”operazione di condizionamento o controllo”.

Percorrere Decision Corridors mette in gioco il processo decisionale dello spettatore che privato di ogni riferimento visivo e prospettico, si ritrova indeciso e impaurito perché tutto si rivela l’opposto di quello che è: la luce che vi farà credere di trovarvi di fronte una salita è in realtà un inganno, e così via. Si dice che i più furbi abbiano trovato la via d’uscita più agevolmente ad occhi chiusi…

 

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La mostra, composta da più di venti opere, si sviluppa su due simmetrici percorsi ed è ancora una volta lo spettatore a decidere quale dei due affrontare. Inoltre, il meccanismo di fruizione delle opere fa sì che la sola presenza del visitatore renda possibile l”’accensione” della mostra, come nel caso dei sette enormi sghembi funghi volanti, un ”mobile” di calderiana memoria attivabile per mezzo della spinta dello spettatore o di What is Love, Art?, opera che domanda ai fruitori di comporre da un telefono fisso un numero: con un poco di fortuna risponderà dal capo opposto del ricevitore, e dell’esposizione, un altro visitatore e… meglio non svelare di più.
La luce e la sua percezione è un tema affrontato da Höller da più di venti anni: ispirandosi alle teorie di neuropsichiatri e studiosi di ottica, ha dato vita a dispositivi luminosi in grado di sovvertire i sensi e creare illusioni, come Double Neon Elevator, composto da muri di tubi al neon verdi intermittenti che vi daranno l’illusione di ascesa e discesa, o addirittura fenomeni allucinatori come Light Corridor con le sue luci alternate sparate a frequenze altissime e capaci di influenzare le onde cerebrali.

 

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Un’ulteriore tematica del lavoro di Höller a cui è stato dato spazio in mostra è il legame che egli ha intrattenuto negli ultimi anni con l’Africa, nella fattispecie con la Repubblica Democratica del Congo: il film Fara Fara vi porterà nel mondo delle battle musicali tra le strade di Kinshasa, mentre Top Mode Africa (Monument à la Sape), vi farà scoprire l’universo in miniatura dell’artista congolese Rigobert Nimi.
Le opere che più attraggono l’attenzione dei visitatori sono Two Flying Machines e Double Carousel. La prima permette allo spettatore di trasformarsi in un ”sacco di patate”, per citare le parole dell’artista, e volare a tre metri di altezza tra gli sguardi degli altri spettatori; la seconda fa invece parte della serie dei Carousels stanchi di Höller, due ”calci-in-culo” di nome Regina del Volo e Ciapa Ciapa che tradiscono ogni attesa di velocità e divertimento con la loro andatura indecisa e inversa. A movimentare questa esperienza anti ludica, o per meglio dire, noiosa, ci sono gli Upside-Down Goggles, speciali visori da applicare come degli occhiali e in grado di mostrare una visione capovolta.

 

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I risultati di questo lavoro di manipolazione di Höller sono particolarmente interessanti e se il suo fine non è tanto la creazione di un oggetto d’arte ma l’esito della fruizione, è da considerare con attenzione la reazione del pubblico con un interesse che ha dello studio antropologico. Come spiegare il divertimento della maggior parte delle persone che si scompisciano e si fanno video e selfie a bordo di quegli spettrali caroselli a fine corsa e di volanti “macchine da suicidio”? O la noia provata da tanti altri, che sarebbero stati più soddisfatti se nel Luna Park ci fosse stato almeno dello zucchero filato?
Visto che a tutta questa partecipazione non siamo abituati, esiste per gli stanchi ma divertiti e per gli annoiati la possibilità di fare un pisolino nello spazio del Cubo su due letti a rotelle telecomandati da un computer, cosicché la mattina, come dopo un’ubriacatura, non saprete dove siete andati a dormire…Il tutto al costo di 500 euro.

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Come uno scienziato Carsten Höller ci studia e ci testa per mezzo di un inconsapevole, per noi, esperimento fisico e mentale: lo spaesamento, il doppio e il dubbio sono gli ”ostacoli” alla fruizione dell’opera,  ma al contempo, grazie ad un meccanismo studiato, la partecipazione dello spettatore si trasforma in processo artistico e scientifico. Dunque, gli esiti e le reazioni degli spettatori, non sono né giuste né sbagliate perché già previste dall’artista come in un test su un campione di persone. Un dubbio resta però su questo meccanismo, quello cioè di essere stati per un’ora cavie dentro un parco giochi…

 

Carsten Holler, Doubt, Hangar Bicocca, fino al 31 luglio

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