Bukowski, un fallito di successo

In Letteratura

Divorando i suoi libri e maledicendolo per la sua genialità, mi sono sempre chiesto perché sia diventato un mito, idolatrato dal pubblico e osannato da buona parte della critica anche in vita.

Immaginate una copertina blu notte. Al centro c’è un Bukowski stilizzato, crocifisso a una pallida “Y” gigante. È in mutande stello-strisciate e gronda sangue dalle stimmati. Se avete tra le mani Hollywood, Hollywood!, nella nuova edizione Feltrinelli, allora avete già visto questa copertina.

Perché partire da uno degli ultimi romanzi di Hank? E nemmeno il più riuscito! Anzi, perché partire da un suo romanzo qualsiasi? (La purezza e la genialità del Bukowski poeta e scrittore di racconti brevi è inavvicinabile al Bukowski romanziere!). La risposta è nella succitata copertina: se siete tra i pochi sfortunati che conoscono Bukowski solo grazie allo scimmiottamento di Californication o per qualche frase smielata distrattamente leggiucchiata su Facebook e non avete mai letto una sua sola riga… ebbene sì! quella copertina riassume perfettamente tutta la sua poetica.

Hank è al centro; egli stesso protagonista delle sue storie; solo contro tutti, contro il mondo, contro un Sistema che lo ha messo in croce e lui, per espiare i peccati dell’uomo, ha accettato il verdetto della folla, si è fatto carne (attraverso il verbo dei suoi scritti) e si offre… offre la sua stessa vita a noi tutti comuni mortali. Una sorta di Nuovo Testamento, ma più divertente e narrato sempre in prima persona. La sensazione che si ha di fronte alle pagine dell’aedo di Los Angeles, infatti, è che abbia copiato, riadattandola, la storia di Gesù Cristo. Leggendo le sue opere scoprireste, da un punto di vista contenutistico, poco altro (donne, sesso, prostitute, alcol, droga, povertà, cadute, polvere, altari, successo, ricadute, fama, amore). Un poco altro che vale comunque ogni pena del mondo leggere.

Divorando i suoi libri e maledicendolo per la sua genialità, mi sono sempre chiesto perché sia diventato un mito, idolatrato dal pubblico e osannato da buona parte della critica anche in vita.

La semplicità della sua scrittura! Il topos dell’artista squattrinato e incompreso che prima di raggiungere il successo, sempre rifuggito per preservare creatività e libertà di espressione, passa attraverso milioni di peripezie! Lo stereotipo dell’americano medio che fa a botte nei retrobottega dei bar! Le storie di sesso sfrenato, droga e alcol!

Sono tutte ipotesi valide, credo, però, che la risposta sia un’altra. Le sue opere, nate dalla sua stessa vita, si sono fatte corpo attraverso di lui e lui si è reincarnato nelle sue opere… tanto da essere quasi impossibile ricostruire una sua biografia puntuale nonostante sia morto meno di trent’anni fa. Il confine tra realtà e romanzo, quando si parla di Bukowski, è quasi impossibile da stabilire; e l’aura mitologica, che circonda la sua figura, è data da questa patina di mistero intorno alla sua vita e alle sue opere: “Sarà tutto vero?” è la domanda che ti perseguita ad ogni pagina. E più ti poni questa domanda, più la sua storia diventa Epica.

Bukowski ci parla con uno stile di scrittura da cronaca nera e si è quindi portati a credere che i fatti descritti siano nudi e crudi. Il bagno nell’oro della vera vita vissuta ha però come unico scopo quello di rendere il personaggio ancora più epico, ancora più mitologico: se qualsiasi normale essere umano vivesse quelle stesse storie sarebbe spacciato… “ma non io! Non Hank!”.

Bukowski risorge, come fa Cristo… è come la Fenice. È immortale come Achille.

Il sesso promiscuo e le malattie veneree non lo uccidono, la povertà da barbone e i morsi della fame non lo uccidono, le scazzottate non lo uccidono, il fumo non lo uccide, l’alcol che gli provoca ulcere distruggendogli le budella non lo uccide, la depressione e la pazzia non lo uccidono, i suoi innumerevoli tentativi di suicidio e il manicomio non lo uccidono… alla fine lui vince sempre, si salva sempre, si rigenera dalle sue stesse ceneri. Nel racconto successivo lo ritroverete lì, vivo e vegeto mentre, orrendo e senza un soldo, sta facendo sesso con una donna bellissima rimorchiata al bar, la quale si innamorerà di lui o mentre in una sola notte e nella stessa stanza ha tre coiti con tre ragazze diverse (di cui una è la sua attuale “donna”).

In tutto questo sbrodolamento probukowskiano c’è un però. Un però che ha iniziato ad insinuarsi come un tarlo nella mia testa quando, per la prima volta, lessi “Viaggio al termine della notte” di Céline (uno tra gli scrittori preferiti di Bukowski).

Entrambi avevano uno stile e una forma molto simili; anche i contenuti, con le ovvie differenze di tempo e luogo, si somigliavano. In cosa, allora, sentivo fossero diversi? Più mi addentravo nelle disavventure di Bardamu/Céline e maggiore era la sensazione che Charles Hank Bukowski mi avesse mentito, imbrogliato. La sottile, ma sostanziale differenza tra i due è questa: Céline non muove un dito per rendersi presentabile ai nostri occhi. Non anela ad avere la nostra approvazione. Non gli importa di noi. Da buon medico, qual era, fa la sua diagnosi e noi, da bravi pazienti, possiamo… dobbiamo solo prenderne atto. Vero. Scientifico. Chirurgico. La vita della quale Céline ci rende partecipi è la vita che Céline vive davvero ed è quella che lui porta avanti, fino alla tomba… rifiutando di scendere a compromessi con un sistema che ha sempre disapprovato. Bukowski, pur partendo da presupposti identici, cerca di ammaliare il lettore, di meravigliarlo, di distrarlo a tal punto da impedirgli di vedere il trucco, la bugia. La vita della quale Bukowski ci parla nelle sue opere è la vita che Bukowski vive davvero ed è quella che lui porta avanti fino al momento in cui raggiunge il successo tanto deprecato. Diventerà, infatti, negli ultimi anni di vita, amico del jet set hollywoodiano e acclamato dal mondo intero. Dov’erano finiti, quindi i “vi odio tutti; è tutto marcio, siete tutti marci!”, il vaffanculo al sistema, il cuore, dei quali tanto parlava nelle sue opere? Anche lui era un bugiardo come quelli che biasimava?

Io dico di sì! La sua bugia è l’aver preteso dal lettore la totale acquiescenza e un incrollabile fede nel suo dogma, senza però ripagarlo di una Verità millantata ad ogni pagina: offrirgli davvero il suo stesso corpo e la sua stessa anima… come sulla copertina di Hollywood, Hollywood!

Non sto dicendo che per rendermi felice sarebbe dovuto morire povero, così come aveva iniziato. Rifiutare soldi e adulazione. Essere sincero con il lettore e suicidarsi cordialmente. Nelle sue storie c’è lui e c’è sincerità, questo è palese… ma non nella misura totalizzante che ci impone di intendere.

Se vi capita una giornata o un periodo da cestinare allora Bukowski è quanto di meglio potete leggere per riacquistare un po’ di speranza e credere che tutto vi è concesso… ma se siete in cerca di verità, beh! allora dovete affrontare Céline.

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