Il DNA vincente dei Backstreet Boys

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Stasera al Mediolanum Forum di Milano una delle band più iconiche della musica pop contemporanea presenta ufficialmente il nuovo disco uscito a gennaio

18 anni, nella vita di una band, sono tanti. Sono tantissimi, poi, per una boy band, che prima di tutto è un insieme di forti individualità e che è costantemente alla ricerca di equilibrio tra il carisma di tutti i componenti. Eppure, a 18 anni di distanza dall’ultimo, grande tour nelle arene di tutto il mondo, i Backstreet Boys sono ancora attivi, e dopo aver pubblicato un disco che ha innalzato il livello di hype di decine e decine di appassionati di anni Novanta, arrivano questa sera a Milano per un concerto sold out al Mediolanum Forum.

Nick Carter, Howie Dorough, Brian Littrell, Kevin Richardson e AJ McLean tornano quindi nel belpaese, e lo fanno formalmente per presentare il nuovo disco, DNA, uscito il 25 gennaio scorso per la RCA Records. Un disco che nasce dal desiderio fondamentale di trovare la ricetta per mantenere coeso il gruppo, per creare musica che accontentasse tutti i membri e che fosse espressione vera e genuina dell’identità di una band che ormai ha un quarto di secolo di storia, e che è composta da cinque ragazzi che ormai sono diventati uomini e sono cresciuti proprio come è cresciuta la loro musica.

Questo è il DNA che dà il nome al disco, e in effetti l’album ha tutte le caratteristiche tipiche dei Backstreet Boys. Con uno stuolo pressoché infinito di produttori (da Stuart Crichton a Lauv, da Josh Kear agli Stereotypes) DNA è un disco molto solido, recepito in maniera molto positiva già dalla critica (non era stato così per il lavoro precedente, In a World Like This, del 2013). L’anniversario del 25° anno di attività, celebrato lo scorso anno con Don’t Go Breaking My Heart, che è poi diventato il primo singolo del disco, ha riportato alla ribalta i Boys, e con loro ha risvegliato negli animi di una generazione la nostalgia di un periodo, quello tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila, in cui chiunque conosceva le parole di Everybody.

E la risposta del pubblico, prima che nelle arene, si è vista negli store musicali: DNA è il primo disco dei cinque a debuttare al numero uno della classifica Billboard 200 dal lontano 2000, anno di Black & Blue. Due cose, però, ci fanno sorridere, pensando a una delle più grandi band dell’era di transizione da musica analogica a musica digitale: da un lato, il lancio pienamente social del disco, con i titoli dei singoli svelati su Instagram, dall’altro le oltre 227mila copie fisiche del disco vendute – un dato pazzesco se pensiamo che siamo nel 2019.

18 anni, praticamente un’intera generazione che è cresciuta probabilmente senza godere appieno di una delle band più iconiche non solo della musica pop contemporanea, ma di un periodo – la fine degli anni Novanta – che ha visto l’esplosione di un vero e proprio culto nei loro confronti. Fa impressione sapere che dal primo disco dei cinque ragazzi di Orlando sono passati ormai 23 anni. Ci sentiamo vecchi? Sicuramente. Smetteremo di cantare I want it that way? Non scherziamo.

Non lo faranno nemmeno loro, probabilmente. Perché pur crescendo, come uomini e come musicisti, nel DNA dei Backstreet Boys c’è sempre stata quella capacità di amalgamarsi alla perfezione e di “colpire” una fascia di pubblico ben precisa. E poco importa che ora non abbiano più 20 anni: anzi, è l’occasione non soltanto di mostrarsi ai nuovi ventenni come “luce” musicale in un mondo di trap e vocoder, ma è soprattutto l’occasione per tanti di noi di tornare davvero ad avere vent’anni. Almeno per una sera, questa sera.

Backstreet Boys DNA (RCA Record)