I cento pozzi di Salaga: le donne, i cavalieri, gli schiavi, i furori.

In Letteratura

Nel cuore del Ghana una città è il crocevia di memorie dimenticate: la schiavitù e il suo commercio, il colonialismo, la commistione religiosa. Un romanzo storico su un mondo feroce, visto attraverso gli occhi di due donne diametralmente opposte per condizione sociale, ma unite dalla medesima discriminazione di genere.

Le carovane arrivavano all’alba. Le carovane arrivavano quando il sole era altissimo nel cielo. Le carovane arrivavano quando la mezzanotte aveva avvolto tutto in un blu vellutato.

Morte, violenza sessuale, matrimoni combinati, razzismo, schiavitù, guerra. I cento pozzi di Salaga di Ayesha Harruna Attah, pubblicato da Marcos y marcos, è un romanzo storico molto intenso, che offre un affresco spietato delle condizioni di vita delle donne in Ghana nel XIX secolo.

Wurche è una principessa androgina che ama cavalcare, aiutare suo padre il re nelle questioni politiche e andare a caccia, ma tali attività non sono contemplate nel destino di una donna: la ragazza dovrà sposare contro la sua volontà un principe violento affinché il suo popolo stringa un’alleanza con i Dagbon, ma Wurche troverà la forza di ribellarsi. La sua vita incontrerà quella di Aminah, una ragazza bellissima e laboriosa ridotta in schiavitù, che perderà la sua famiglia ma non la determinazione necessaria per riconquistare la libertà. I capitoli destinati alle due donne si alternano proponendo due situazioni molto diverse eppure complementari: se una principessa e una schiava sono su due piani opposti della scala sociale, la soffocante situazione e le violenze subite sono analoghe.

Ayesha Harruna Attah è un’autrice emergente di origini ghanesi che si è documentata sia studiando la storia del proprio paese, sia ricostruendo il proprio albero genealogico composto sia da schiavi sia da schiavisti.
La bisnonna era infatti una bellissima schiava, proprio come Aminah, ma gli antenati materni erano Ashanti, un popolo che faceva razzie di esseri umani.


L’autrice ha studiato alla Columbia e alla New York University, pertanto la sua penna è stata fortemente influenzata dalla cultura occidentale.
Per un lettore poco informato sulla cultura africana può essere difficile immaginare la società raccontata dalla scrittrice ghanese, ma le descrizioni sono molto vivide.
In Ghana, paese nel quale si parlano ben quarantanove lingue, non esiste una sola religione: molti culti locali sono sopravvissuti all’Islam, che è stato successivamente affiancato dal Cristianesimo diffuso dai missionari.

Il romanzo racconta la storia di un popolo che pratica la poligamia, usa delle conchiglie come moneta e in cui la famiglia del ramo materno è considerata nettamente distinta dai parenti paterni (“Come sta la famiglia di tua madre?” disse Mma […] “E’ in buona salute” disse Shaibu. “E la famiglia di tuo padre?).
Le donne praticano una medicina tribale, ecco infatti come le anziane della famiglia reale aiutano Wurche a partorire: 

La fecero sdraiare nuovamente sul letto, che qualcuno aveva coperto di teli bianchi. Mma le sollevò la veste e le strofinò del burro di karitè sulla protuberanza dura che era la sua pancia. Una delle anziane le applicò un impacco sulla testa, e un’altra pestò insieme della corteccia secca, un assortimento di radici e una manciata di foglie dalla forma allungata e lanceolata del sorgo. La terza mise a bollire un pentolone d’acqua.

La scrittrice ci conduce nell’intricata rete di alleanze politiche che lega tra loro i popoli del Ghana, piccole comunità frammentate sempre in guerra tra loro; in un simile contesto gli africani sono facili prede per francesi, tedeschi e inglesi, che in un’Africa precoloniale si fingono alleati, ma ben presto diventa evidente che essi vogliono solo sottomettere i popoli indigeni: divide et impera è la loro politica, così uccidono i capi religiosi locali e scatenano guerre tra africani.
Ecco come Wurche si sfoga con Helmut, il suo amante europeo:

Non c’è nessun rispetto. Il re degli Ashanti è stato mandato in esilio. Per quale motivo? Per aver difeso la sua terra e il suo popolo? Mi hai detto che siete qui per stabilire alleanze, ma non è così che si tratta un alleato. Perché non mi dici la verità? Perché siete qui? E perché siete in competizione gli uni con gli altri? Inglesi, francesi, tedeschi? Perché non ci lasciate risolvere le nostre questioni da soli?

Il libro di Attah è severo nei confronti dei colonizzatori, ma non risparmia critiche nemmeno agli indigeni.
Coloro che maggiormente patiscono per una simile situazione sono i mulatti, che si ritrovano esclusi da entrambe le etnie.
Le unioni miste sono duramente ostacolate e i bambini dalla pelle color caramello spesso vengono rifiutati dalle famiglie:

“Pensano che sia una puttana perché ho una figlia bianca”. “Sorella, tutti dicono che la bambina è bellissima”. “E mio padre? Non le ha nemmeno dato un nome. E non mi ha rivolto la parola”.

I bianchi tuttavia non sono la sola causa della sofferenza dei ghanesi, infatti i neri schiavizzano i propri simili catturando gli uomini liberi, trattandoli come oggetti e sottoponendoli ad atroci ed umilianti sofferenze. La schiavitù era una pratica diffusa in Africa prima ancora dell’arrivo degli europei ed è la ragione per cui molte città come Salaga sono state fondate:

Nelle stradine strette di Salaga si vedeva gente con le vesti sudice e stracciate curva su mucchi fumanti di macerie, intenta a raccogliere i resti carbonizzati della propria vita. Un uomo calò un recipiente dentro un pozzo e si ripulì il viso dalla fuliggine. “Un altro pozzo!” esclamò Wumpini. “Salaga è la città dei cento pozzi” disse Wurche. “Perché ci sono tutti questi pozzi” chiese Aminah. “Li hanno costruiti per lavare gli schiavi dopo giorni e giorni di viaggio” disse Wurche. Una città creata per vendere esseri umani, pensò Aminah. Una città così non poteva prosperare […]

L’autrice, che si è documentata non solo studiando, ma anche visitando i luoghi di cui parla, ha faticato a trovare informazioni sullo schiavismo in quanto nessuno a Salaga oggi vuole affrontare tale argomento, che è una ferita aperta nella cultura popolare e provoca vergogna e conflitti sociali tra i discendenti degli schiavi e degli schiavisti.

Raccontando l’opprimente condizione femminile, l’opera è un inno all’emancipazione della donna, la cui esistenza non dovrebbe esaurirsi nel ruolo di moglie di un uomo che non ha scelto e di madre: ogni individuo dovrebbe istruirsi e avere un lavoro per essere indipendente.

Mma passò intere settimane a mostrarle come si manda avanti una cucina. […] Ciò che Wurche aveva ricavato da quegli insegnamenti era la consapevolezza che tutto quel lavoro serviva a compiacere un marito, Quelle settimane erano state un tormento per lei e aveva finito per disprezzare le donne, che facevano tutti quegli sforzi per cose che gli uomini probabilmente neppure notavano.

I cento pozzi di Salaga è un romanzo sincero: una finestra attraverso la quale ascoltare l’epica, le contraddizioni, le ferite, la vita di una terra di antica potenza.

(Visited 1 times, 1 visits today)