Stasera con noi (4): 8 verticale, amore

In Weekend

E poi capita che il lockdown ci tenga lontano dai nostri amori: e allora cruciverba, visioni e letture condivise a distanza…

Gli appuntamenti telefonici della sera di solito sono due. Verso le diciotto, ma può essere prima o più tardi se ci sono breaking news da commentare, chiama mio fratello da Sassari. Di solito appena hanno aggiornato i dati della peste: contagiati, guariti, morti. Dice: “Ti sento un po’ mogio”. Rispondo: “No, è che stavo leggendo un blog dello storico Mirco Dondi sul golpe Borghese”. Dice: “Me lo mandi?” Faccio copia-e-incolla e spedisco: “Controlla la posta, un attimo e dovresti averlo”. Non sono mogio, mi rendo conto soltanto a telefonata conclusa che mi sono messo in modalità “sto sulle mie”: i commenti sulla curva che sale e scende non sono il massimo della vita, un po’ come abbaiare alla luna. Ho lo stesso approccio di mia figlia: “Siamo in letargo, poi arriva la primavera”. Faccio mio il detto siciliano: “Calati juncu ca passa la china”. E, se posso dire, i lamenti di chi sta bene come noi mi sembrano vicini all’indecenza. 

Ma non vorrei dare l’impressione sbagliata: si parla anche d’altro, spesso si ride, ci si risponde imitando De Luca o Zaja. Si commenta la maratona Milano-hinterland di Gallera. “Hai sentito, ha detto che ha sconfinato perché era sovrappensiero”. “Be’, sovrappensiero mi sembra un’espressione forte: prima dovrebbe esserci il pensiero”. Ieri mi ha raccontato che, per una riunione della Cgil, gli hanno chiesto di fare il test sierologico. “Ma siamo in videoconferenza”, ha obiettato lui. “Ah già, non ci avevo pensato” ha risposto il boss. “La prossima volta ti chiederà di mettere la mascherina quando gli rispondi al telefono” commento. C’è sempre chi è più ipocondriaco di te. Meglio comunque di quelli che se ne vanno in giro, senza mascherina, a blaterare di “dittatura sanitaria”.

Dopo cena la musica cambia. “Sei pronto? Dai, 1 orizzontale: lo è la petroliera”. 
“Nave, vediamo com’è l’1 verticale”. 
“Formano una scala”.
“Note. Vediamo il 2 verticale”.
“Recita con Franz: Ale. Sì, nave può andare bene”.

Scopriremo soltanto a cruciverba avanzato che la petroliera è, in realtà, una “nave cisterna”, ma abbiamo stabilito di riempire le caselle a matita, così correggere è più facile e incruento.

All’altro capo del telefono c’è la mia compagna. Lavora a Roma, fa il medico, il nostro è un amore pendolare e, da quando sono scattate le restrizioni, è diventato un amore a distanza. Riempito dalle telefonate, dagli sms, dalle mail. E dalle invenzioni.

Come quella di fare il cruciverba al telefono, ciascuno con la sua copia della Settimana Enigmistica. Esiste un nozionismo tutto particolare, quello del solutore di parole crociate: soltanto lui può ignorare la capitale della Francia e in compenso sapere che le statue dell’isola di Pasqua si chiamano “moai”, che “Aar” è il fiume che tocca Berna e “Winterthur” il centro industriale vicino a Zurigo. Certe cose poi si sanno a prescindere.
“La capitale del Suriname?” chiede lei. “Paramaribo”, rispondo, e la sento sbuffare: “Ma come fai? E poi non sai che cosa dà un burro per le labbra”. “Dai, solo perché pensavo che cacao fosse troppo facile…”

Ma a volte definizioni all’apparenza semplici risultano ostiche, quelle che ci vengono in mente non si incastrano. Ci è successo, facendo le cornici concentriche, con “assoluta indigenza”: povertà, miseria, fame e simili non andavano bene. Allora, con qualche sua flebile protesta – salviamo le apparenze – ho barato, come faccio a volte anche per aggiustare i solitari, perché barare con se stessi è sempre lecito. Ho cliccato su “Dizy – Dizionario pratico con informazioni utili”, che scheda tutte le definizioni dei cruciverba, ed è venuto fuori “inopia”. Funzionava, si incastrava: e già, come mai non ci è venuto in mente? Inopia, ce l’avevamo sulla punta della lingua.

I cruciverba non sono l’unica attività comune: oltre a scambiarci ricette, canzoni e link, guardiamo la tv e leggiamo libri assieme. Ho comprato un televisore nuovo ricorrendo al Black Friday, spesa tutto sommato modica, e mio genero me l’ha settato in modo da aggiungere a Sky anche internet, Netflix, Amazon Prime, Chili e RaiPlay (i documentari degli anni ’50, che meraviglia). Così adesso guardiamo The Crown su Netflix, lei l’aveva afferrata dalla terza serie saltando le prime due, ma adesso abbiamo cominciato dall’inizio – ci manca soltanto una puntata a concludere la prima stagione – cioè dagli anni ’40, da re Giorgio, quello del discorso, e dall’abdicazione di Edoardo VIII poi duca di Windsor. E insomma, che Edoardo sia uno stronzo fatuo appare evidente, mentre viene taciuto che lui e Wallis fossero anche filonazisti. L’opposizione drammaturgica della serie (che cosa non si fa, per dare lustro a un anacronismo come la monarchia) è tra dovere e vita: chi regna e chi se la spassa, o vorrebbe spassarsela, continuando intanto a invidiare chi regna. Io sono per il dovere, la mia compagna ogni tanto mostra indulgenza per la spontaneità e la vita. E così battibecchiamo.

“Be’, insomma, Margaret quando sostituiva Elisabetta ha fatto dei discorsi ufficiali un po’ al limite, però così brillanti. Lei è vivace..
“Non è vivace, è scema, è come i grillini. Non sa che ci sono delle regole da rispettare, e che la forma spesso è sostanza…”.
“Come mi sei diventato british. Mi sa che avresti voluto sistemarti con Lilibeth…”.
“Quella ama solo i cavalli”.
Piace a entrambi invece il grande Winston Churchill, l’unico conservatore per il quale varrebbe la pena di creare un fan club. Strepitoso il battibecco tra lui e il delfino Anthoy Eden che gli chiede di dimettersi.
Eden: “Non ti reggi in piedi, Winston”.
Churchill: “E tu, che quando cammini ti tintinnano dentro le pillole che prendi?”
Una sola indecisione: meglio, come interprete, John Lithgow di “The crown” o Gary Oldman nell’ “Ora più buia”? 

La lettura di questo momento è l’ottimo Dante di Alessandro Barbero – consiglio non richiesto: ascoltatevi le sue lezioni online, su YouTube – ma ne parlerò magari in una prossima puntata. Intanto, ci siamo fatti l’idea che il sommo Dante fosse il prototipo di molti italiani: un voltagabbana. Ditemi però: secondo voi, almeno per Natale riusciamo a ricongiungerci?

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