Il ritorno delle puttane assassine

In Letteratura

Puttane assassine è un libro di racconti di Bolaño. La casualità è il motore che tutto muove e che dà l’abbrivo a situazioni tese di cui molto è implicito

Nel 2001 veniva pubblicato in Spagna Puttane assassine del cileno Roberto Bolaño. Dopo la traduzione del 2004 di Maria Nicola per Sellerio, viene oggi riproposto da Adelphi. C’è lo zampino di una delle più talentuose traduttrici del nostro paese: Ilide Carmignani.

Si tratta di una raccolta di tredici racconti legati fra loro da discrasia esistenziale e disperazione che da sentimenti del singolo sembrano qui assurgere ad elemento consustanziale di uno strano mondo. Ogni tranche del libro, ma il discorso si presterebbe ad estendersi anche alla sua intera produzione e oltre, rimanda ad un altra in una schizogenesi magistrale. Ci troviamo di fronte a un eterno riecheggio, come diceva Platone, come piaceva a Perec, come cercava di far intuire ai suoi lettori Borges.

Dichiarazioni di Bolaño in merito, fugano d’altronde ogni dubbio: «Concepisco, con molta umiltà, la totalità della mia opera in prosa e anche una parte della mia poesia come un tutto. Un tutto non solo stilistico, ma bensì anche un tutto argomentativo, i personaggi dialogano continuamente tra di loro appaiono e spariscono».

Torna per giunta Arturo Belano, poeta protagonista de I detective selvaggi, già apparso in Chiamate Telefoniche e Amuleto nonché narratore di 2666. Controllando in qualsiasi ricettario dei sentimenti, vi accorgerete che ho appena elencato gli ingredienti della tensione narrativa.

Nasce da questo, la grandezza di Bolaño, e da una disposizione dell’autore a rifuggire il maledettismo senza per questo, osservava acutamente Vargas Llosa, rinunciare ad un incontro critico con il Male, il cui lavorio udiamo sotto il rumore sottile della prosa. Un male gratuito in quanto non solo storico ma anche confitto nell’ontologia dell’uomo e del mondo.

I personaggi agiscono e sono agiti da questo male; ha scritto Guido Mazzoni: «gli eroi di Bolaño vivono in una dimensione nomadica, precaria e globale; emigrano, viaggiano fra i continenti, fuggono da un regime politico, dalle difficoltà materiali o dalla noia; oppure sono chierici vaganti contemporanei, come i critici letterari che incontriamo nella prima parte di 2666 e che usano l’aereo nello stesso modo in cui i personaggi dei romanzi cavallereschi medievali e rinascimentali usavano il cavallo o l’ippogrifo».

Forse la dimensione nomadica che si impone sempre più frequentemente oggi come scelta di vita è uno degli elementi che hanno contribuito ad alimentare il mito­ Bolaño, una volta strappato alla vita da una malattia degenerativa del fegato nel 2001. Rodrigo Fresan, considerato le implicazioni del fenomeno (non ultime le serigrafie del suo volto per le vie di Barcellona), l’ha chiamata “popsterità”.

Rilancio l’invito che qualcuno prima di me già ha fatto dalle colonne de El Pais Semanal: buttate ora stesso questo articolo nel cestino, correte alla libreria più vicina rompete la vetrina e, dopo aver pagato religiosamente libro e vetrina dedicate i prossimi giorni alla sua lettura.

Puttane assassine, di Roberto Bolaño (Adelphi, 2015, pp. 230, 18€)

Immagine: Roberto Bolaño-Changes di Ines Seidel