Quel che resta dei sogni

In Letteratura

E’ vero che quando la vita ci segna con i suoi dolori, le delusioni, le malattie, e addirittura ci colpisce con l’Alzheimer Non siamo più noi stessi?

E’ vero che quando la vita ci segna con i suoi dolori, le delusioni, le malattie, e addirittura ci colpisce con l’Alzheimer Non siamo più noi stessi?
Matthew Thomas prende spunto per il titolo del suo struggente romanzo da una frase del Re Lear di Shakespeare:

…non siamo più noi stessi
allorché la natura, oppressa,
impone all’animo di soffrire col corpo.

Eppure è proprio attraverso la terribile esperienza del dolore che Re Lear alla fine riconosce l’unico affetto sincero, quello di Cordelia, la figlia disprezzata.

Non è facile entrare subito in sintonia con i personaggi di Mattew Thomas: sono costruiti a poco a poco, come si fa con una casa, mattone su mattone. All’inizio non si ha idea di cosa verrà fuori, si sente solo la fatica di raccogliere, ordinare e sovrapporre, poi finalmente cominciamo a intravedere il progetto: la casa dei nostri sogni. Nel caso del romanzo di Thomas è il carattere di un personaggio credibile e vero, non artificioso né superficiale; un uomo, o una donna, come ci appaiono nella vita reale.

Siamo negli anni ’50 del Novecento, siamo nel Queens ma sembra di essere in un frammento di Irlanda al di là dell’oceano.

Gli uomini sono cattolici, ubriaconi, passionali e pieni di figli. Lavoratori che faticano a tenersi un posto perché non sanno stare alle regole, non sanno ubbidire. La sera si ritrovano tutti al pub intorno a Mr Tumulty, e sono devoti … come se andassero dal prete. Tumulty è un manovale come loro, ma sa dare consigli saggi, sa trovare lavoro a quelli appena immigrati e sa consolare. Ma solo gli altri.

Nel frattempo il brav’uomo spende fino all’ultimo dollaro in whisky e la famiglia, pur amatissima, è abbandonata a se stessa. Erano arrivati tutti insieme in America con la speranza e la certezza di un riscatto ma le cose sono andate come sono andate; neanche una casa si sono riusciti a comprare. La moglie si è sfiancata a forza di pulire bagni e pavimenti negli uffici, ma ha sempre mantenuto il decoro: puntualità a tavola, figli lindi, educati, studiosi, finché abortisce per l’ennesima volta e comincia a bere. Raccattare i genitori, tener insieme i fratelli, un compito che tocca alla piccola Eileen. Giura che non farà mai quella fine, ma sa anche – nel cuore del suo cuore- che anche i genitori hanno fatto di tutto per riscattarsi. Intelligente, pratica, determinata, è la prima a scuola, vince borse di studio, diventa infermiera e vuole sposare un americano vero. Immancabilmente si innamora di un irlandese, un bello e geniale scienziato dedito solo alla ricerca e non alla carriera e ai soldi.

Eileen, come la madre, dovrà badare al bilancio e al figlio, e ci riesce. Riesce perfino ad aprire un mutuo per la casa dei suoi sogni in un bel quartiere residenziale. Eileen adora quel marito integerrimo, gentile, intelligente, squattrinato, e continua imperterrita ad amarlo, a stargli accanto anche quando verrà colpito dall’Alzheimer, destino beffardo per uno scienziato che aveva sempre indagato gli effetti degli psicofarmaci sul cervello.

Nessuna retorica, la vita è difficile, dura. Eileen soffre ma riesce a non arrendersi e ad accettare anche le ragioni del figlio adolescente che prova a stare accanto al padre, ma è una responsabilità troppo grossa per lui e, pieno di sensi di colpa, si sceglie un college lontano.

Matthew Thomas, Non siamo più noi stessi (Neri Pozza, pp 735, € 19,50)

Immagine: Alzheimer #2 by Luca Rossato

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