Di vaghezza, di perdizione e di libertà: gli “Spatriati” di Mario Desiati

In Letteratura

I rappresentanti di una generazione alle prese con la vastità del mondo e con le libertà che questo promette loro: sono gli “Spatriati”, protagonisti del nuovo romanzo che ha proiettato Mario Desiati nella dozzina dei finalisti al Premio Strega.

Spatriatǝ: ramingo, senza meta, interrotto, detto del sonno che si interrompe. Anche balordo, irrisolto, allontanato, sparpagliato, disperso, incerto.

Francesco e Claudia crescono insieme e si dividono, lui resta sempre, lei parte sempre.
Alla fine non si sa chi ha visto di più o chi ha vissuto di più, perché una delle certezze delle storie incatenate è che qualsiasi cosa si faccia, si finisce per vivere dispersi.
Questo è il nucleo del romanzo di Mario Desiati, Spatriati, pubblicato da Einaudi, entrato nella dozzina del Premio Strega 2022.


Francesco è un ragazzo che pare non conoscersi, che vive nell’automatismo di un’esistenza da portare avanti con normalità. Non si interroga, finisce per interpretare lo spettatore della vita dell’amata Claudia senza avere il coraggio di partire anche lui, di seguirla, di sradicare quelle radici che così tanto lo inchiodano alla sua terra.
Claudia, invece, accoglie nella totalità le contraddizioni del suo essere e si allontana, raccontando una vita che nella libertà della scelta viene vissuta secondo le uniche regole che nascono dentro di lei, scoprendo con tentativi disperati tutte le facce di quel poliedro che costituisce la sua anima.

Non arretrava sulle sue passioni, l’elettronica e la poesia.
Mi contrabbandava libri usati con le pagine sgualcite e le frasi sottolineate, come il visconte dimezzato di Calvino. Come al protagonista di quel libro dilaniato in due metà, la mia parte grama e la mia parte buona mi suggerivano un’opzione temeraria: canfora o soffione, abito talare smanicato o maglietta arcobaleno, corridoi ornati e profumati oppure un divano sfondato.
Lei al Nord e io al Sud, uccelli distanti, il migratore e lo stanziale. Mi consolavo pensando che una volta tornata le avrei preparato il nido dove stare. Rimanevo appena più basso di lei e sempre più scuro, più uva nera.

Accade, però, che il senso di interruzione, l’essere irrisolti e incerti, diventa parte caratterizzante non solo della vita esterna, ma anche di quella interiore.

Francesco è spatriato dentro, distaccato, in lotta continua tra ciò che deve essere e ciò che vorrebbe essere, bloccato da cose che non si possono dire e seguendo un copione di normalità scritto da lui stesso. Perpetra, quotidianamente, quell’illusione di essere vivo che viene alimentata dalla sola attrazione per la ragazza senza trovare mai una soluzione, una strada da seguire. E l’unica verità che appare chiara in ogni cosa che fa o in ogni cosa che pensa è ciò che nessuno ha mai il coraggio di ammettere: che l’amore non basta. Francesco è completamente sopraffatto da un amore che lo annulla con la sua intensità, è incapace di muovere anche il più piccolo passo perché accoglierlo significa, allo stesso tempo, provocare un distacco ancora maggiore dalla sua sostanza.

La mia vita era andata in direzione contraria. Avevo tirato su in poco tempo un’agenzia immobiliare di tutto rispetto. Sul rettilineo tra Massafra e Martina toccavo i 200km/h. Cronometravo il tempo che impiegavo da un paese all’altro: undici minuti per ventiquattro chilometri. Dovevo occuparmi dei clienti che chiedevano di vendere, con l’offerta che abbatteva il mercato e i soldi che finivano, mentre le banche fallivano e si portavano dietro i risparmi.

Claudia è una donna libera. È libera dalla famiglia, dalle convenzioni che sottostanno alle relazioni, dagli amici, libera sessualmente ed emotivamente. A volte si ha la tentazione di immaginarla come una ragazza sola, nonostante sia sempre circondata da qualcuno o qualcuna che ama e da cui viene amata. Libera e sola, libera e solitaria, sola in mezzo alla gente, sempre al di sopra di ciò che può essere considerato scontato o lineare. Claudia rimbalza da una città all’altra, da una relazione all’altra, da un lavoro all’altro per la fame di soddisfare un ampio numero di desideri di un’anima sempre alla ricerca di novità. Sembrerebbe impazienza, ma la ragazza appare completa. A volte fragile, a volte insicura, Claudia non smette mai di essere fedele alle richieste che un ego così denso le propone di volta in volta.

– Ci vedi troppa morte nel sesso, Frank, – disse con un filo di voce, poi aggiunse: – Non capisco perché Andria non abbia lottato -. Rimasi senza parole. Come se di tutto quello che le avevo detto l’unica cosa che contava era il rammarico per Andria.
– Tutte le persone che amo vanno via, Erika, Andria, mentre mia madre…
– Io resto qui.
– Anche tu andrai via.
– Ti prometto di no.

Francesco e Claudia sono i rappresentanti di una generazione alle prese con la vastità di un mondo e con la libertà che questo promette loro. Raminghi, senza meta, cercano loro stessi in qualche casa nuova, in nuove lingue, in nuove culture, perché quella in cui sono nati non li può rappresentare. Le angosce, i desideri, le aspettative, i lati sconosciuti della loro sessualità sono incasellati in automatismi che non accettano e che cercano di distruggere con il continuo movimento, fisico e interiore. Fanno parte di una generazione talmente libera che per la troppa libertà appare incatenata e incapace di scegliere una strada precisa, una generazione senza adulti, di giovinezza perpetua, di nuove partenze ripetute e di nuove promesse.

Questo fa paura solo perché il mondo è un luogo sconosciuto ed è possibile esplorarlo solo con lo sguardo puntato all’orizzonte, per vivere in un modo nuovo la vita troppo breve regalata da qualcuno.