Salvare la terra: non c’è più tempo di prendere tempo

In Letteratura

Luca Mercalli, climatologo e divulgatore scientifico, pubblica per Einaudi un libro che è più di una riflessione sull’allarme ambientale che ci vede autori e protagonisti di questi anni: serve prendere in mano la situazione, perché il tempo è finito.

L’ambiente è la complessa rete di interazioni tra aria, acqua, suolo, energia solare, microrganismi, flora e fauna che ci permette di esistere. Da essa traiamo cibo durante la fotosintesi, materie prime e capacità di depurazione dei nostri rifiuti organici. Se l’ambiente collassa, la qualità della vita umana si degrada inesorabilmente. Un’altra vita si adatterà a nuove condizioni, come sempre è avvenuto nei 4,6 miliardi di anni di esistenza del pianeta, ma non è detto che sia quella che permetterà una gradevole esistenza all’uomo. Ci mancano le istruzioni per l’uso della natura, abbiamo in mano mille strumenti per nuocerle e nessun sussidiario ambientale serio, che non siano banali decaloghi verdi. L’ecologia è ritenuta una scienza di second’ordine, non la disciplina delle regole del mondo fisico a cui siamo inevitabilmente sottoposti. Tocca ricostruirla in modo scientificamente rigoroso, e in fretta, perché non può esserci uomo sano in ambiente malsano.

Queste parole riassumono al meglio il vero, profondo significato del nuovo libro di Luca Mercalli: Non c’è più tempo. Come reagire agli allarmi ambientali, pubblicato di recente da Einaudi

Climatologo e divulgatore scientifico piemontese, Mercalli lotta da anni a favore di politiche ambientali ed ecosostenibili. Conduttore di diversi programmi su Rai 3 (Scala Mercalli è stato forse il più rinomato), conduce da tempo la battaglia che dovrebbe essere quella di tutti: quella per la salvaguardia del nostro pianeta.

È questo infatti un libro coraggioso, che grida vendetta per il troppo, preziosissimo tempo che abbiamo perso nella battaglia contro un problema che abbiamo noi stessi creato: quello climatico. Un prezzo forse necessario per la conquista dei grandi, importantissimi progressi tecnologico-scientifici degli ultimi duecento anni, ma ormai insostenibile per un pianeta dalle risorse limitate.

 

Un pericolo sottostimato

Le tesi del climatologo vengono esposte grazie anche al supporto di un altro grande combattente della nostra letteratura: Primo Levi.

Nella prima pagina del libro, Mercalli cita infatti lo scrittore torinese che in L’altrui mestiere, elencava nove ragioni per cui scrivere. Tra queste, il punto più interessante per Mercalli è il sesto: scrivere “per liberarsi da un’angoscia”.

E quella dell’autore è un’angoscia che pagina dopo pagina riesce ad attanagliare anche il lettore più cinico. È un’angoscia che ha colto anche una ragazzina svedese di sedici anni: Greta Thunberg. Se il merito di questa ragazza è stato infatti quello di portare all’attenzione dei mass media e dei massimi organismi politici la questione ambientale e climatica, ancor più grande è stato però quello di averli obbligati ad ammettere che si tratti di una emergenza.

L’errore più grande è sottovalutare la portata del cataclisma. Mercalli usa l’esempio di Primo Levi, che ha dovuto sopportare un disastro già intuito, ma ovviamente sottostimato, citando un brano de Il sistema periodico:

ricacciavamo tutte le minacce nel limbo delle cose non percepite o subito dimenticate (…) né in noi, né più in generale nella nostra generazione, «ariani» o ebrei che fossimo, si era ancora fatta strada l’idea che resistere al fascismo si doveva e si poteva. La nostra resistenza di allora era passiva, e si limitava al rifiuto, all’isolamento, al non lasciarsi contaminare.

È questa la medesima strategia che molti hanno seguito e seguono tuttora.

Quello che l’autore chiama giustamente “provincialismo climatico”, ha inibito per troppi anni il giudizio delle persone, rendendole stupidamente credule del fatto che la loro casa o città, la loro nazione, fossero come in una bolla, isolata dal resto del mondo.

La delirante idea che in seno ad un progresso tecnico-scientifico gli uomini possano isolarsi dall’ambiente ha dato i suoi frutti velenosi. Il mondo in cui viviamo non è un sistema a paratie stagne: la plastica negli oceani viaggia trasportata dalle correnti, le polveri sottili prodotte dalle industrie o dai gas di scarico attraverso l’aria.

 

Temere per agire

Una prima, ampia pars destruens colpisce il lettore alla gola, lo strangola con un linguaggio semplice, tranquillamente desolante.

«Siamo condannati», dice il sociologo emerito Mayer Hillman del Policy Studies Institute di Londra intervistato da Patrick Barkham sul Guardian, il 26 aprile 2018. «Il risultato è la fine della maggior parte della vita sul pianeta perché siamo troppo dipendenti dalla combustione di materiali fossili.»(…) Hillman ha ragione, non c’è altro da aggiungere, la sirena suona l’allarme da decenni e nessuno l’ascolta. Punto. Ma le sue riflessioni sono comunque importanti: «Dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili. Innumerevoli aspetti della vita dipendono dai combustibili fossili, tranne la musica e l’amore, l’educazione e la felicità. Queste cose, che utilizzano poca energia fossile, sono ciò su cui dobbiamo concentrarci.»

Attraverso la citazione di numerose fonti scientifiche e il parere di vari esperti, Mercalli ammonisce sul pericolo che stiamo correndo, sempre maggiore col trascorrere del tempo.

Parla per esempio dell’Overshoot day, il giorno di ogni anno in cui il pianeta smette di usufruire delle proprie risorse rinnovabili andando in “debito” ecologico. Ogni anno, afferma Mercalli, questa data arriva prima: nel 2015 cadde intorno al 20 agosto, nel 2016 il tredici, nel 2017 il 2 agosto e nel 2018 il primo agosto. In Italia l’Overshoot day 2015 è caduto il 6 aprile.

Ci siamo mangiati tutti i nostri interessi naturali in poco più di tre mesi, per il resto dell’anno intacchiamo il capitale del nostro futuro e importiamo energia e materie prime da altri paesi più dotati. Per essere in equilibrio con il nostro standard di consumo dovremmo avere un territorio quattro volte più vasto!

Anche papa Francesco, con l’enciclica Laudato si’ del maggio 2015, ha ammonito sui rischi correnti per il nostro pianeta. Ma tutto sembra indicare che stiamo facendo troppo poco, troppo lentamente per evitare il peggio.

 

Come reagire alla crisi climatica

Il resto delle piccole azioni quotidiane si riassume in un solo obiettivo: combattere lo spreco, perseguire la sobrietà, godere del necessario, respingere il superfluo.

No, non lo ha scritto Thoreau, e nemmeno Epicuro: è sempre Mercalli.

Le parti terza e quarta (Ecologia domestica e Ci manca la terra sotto i piedi) sono infatti occupate da un’ampia catena di brevi brani che ci insegnano come agire per il bene dell’ambiente.

L’autore spende preziose parole sull’attrezzatura necessaria a rendere la nostra casa a impatto zero. Precisa subito che in caso di abitazioni metropolitane alcuni accorgimenti saranno inattuabili, ma anche che molti di quelli possibili non sono solo un investimento ecologico, ma monetario. È infatti risaputo che investire in energia pulita restituisce in breve tempo i soldi impiegati, tagliando i costi delle bollette e della benzina.

Mercalli ci parla dei pannelli solari, ormai sempre più potenti e capaci di convertire la luce naturale in elettricità. Ci parla della raccolta differenziata, della possibilità di compostare l’umido e utilizzarlo per concimare un orto – per evitare numerose spese nei supermercati riducendo inoltre gli inutili imballaggi e le confezioni usa e getta. Ci ricorda che diviene fondamentale modificare anche le nostre diete, riducendo il consumo di carne, soprattutto bovina e suina.

Anche senza essere radicalmente vegani, ridurre molto la componente di carne nella propria dieta aiuta salute e ambiente. Senza dimenticare le sofferenze degli animali di cui risponde solo la nostra coscienza.

L’autore ci parla con ironia delle sue tre galline, delle conserve prodotte insieme alla moglie e delle gite fuori porta con la sua auto elettrica. Cita Petrarca, Pavese e i dipinti di Segantini, attraverso un linguaggio diretto, ma non per questo banale. Ritroviamo fra le righe quell’amore per la natura e il paesaggio oramai quasi dimenticato dall’uomo tecnologico e urbanizzato: l’autore non smette mai di ripeterci come mente e ambiente viaggino sulle medesime onde.

Leggere, ascoltare, osservare. Anche la nostra mente ha bisogno di pause, di sedimentazioni. (…) È ciò che inseguo anche io, gli antichi romani lo chiamavano otium. Sul divano in una giornata di pioggia, viaggio a basse emissioni trasportato dalla letteratura.

Citando Jean Giono e il suo L’uomo che piantava gli alberi, ci parla dell’importanza di salvaguardare zone verdi, di preservare il suolo evitando la sua cementificazione e desertificazione.

E ancora ci dice dell’inquinamento luminoso e acustico, del risparmio d’acqua e dell’inesorabile perdita di biodiversità nelle nostre terre. Della necessità di ripensare i nostri spostamenti e le nostre vacanze, le quali seguendo la logica malata del low-cost ci portano a usare l’aereo anche per le tratte più brevi, immettendo nell’atmosfera tonnellate di Co2. Gli aerei infatti, insieme al trasporto marittimo, sono i mezzi che procurano maggiori emissioni nel globo.

E in ultimo, ci ricorda della massima fondamentale, da rispettare categoricamente per una efficace azione a favore dell’ambiente: Ridurre, riutilizzare, riciclare.

 

Finale aperto

Il finale, come quello di ogni grande storia, lascia molte domande in sospeso.

Mercalli chiude infatti citando l’e-mail ricevuta da un suo telespettatore, contrario alle tesi sul riscaldamento globale.

Ancora tante, troppe persone non sanno distinguere il buco dell’ozono dall’effetto serra. La disinformazione, o peggio ancora campagne di comunicazione ingannevole e negazionista (Mercalli cita a proposito Dealing in doubt, un rapporto di Greenpeace su vent’anni di negazionismo climatico ad opera dell’industria dei combustibili fossili) stanno rallentando la necessaria e fondamentale presa di consapevolezza.

Da quando, nei primi anni ‘70, gli scienziati hanno lanciato i primi allarmi riguardo il cambiamento climatico, sono stati fatti notevoli passi avanti. Il tempo non è però dalla nostra, perché cresciamo ogni giorno di numero, consumiamo sempre più risorse, bruciamo sempre più combustibili fossili.

È necessario agire in fretta e insieme. Il movimento Fridays for Future raccoglie ogni giorno più seguaci, svolgendo il fondamentale compito di sensibilizzare le persone modificandone i comportamenti quotidiani. Il primo e più importante obiettivo è quello di riconvertire l’economia capitalistico-globalizzata basata sullo sfruttamento dei combustibili fossili, per evitare un futuro collasso climatico dovuto alla dispersione di Co2. Servono dunque a questo proposito azioni politiche e di massa per assicurare alla nostra specie un futuro su questo pianeta.

Non abbiamo più nulla da perdere, perché abbiamo tutto da perdere.

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