La casa degli spiriti. Matrilinearità e magia ripercorrendo il Novecento cileno

In Teatro

© Marcella Foccardi

La casa degli spiriti, in scena al teatro Franco Parenti fino al 21 luglio, propone la rivisitazione teatrale del celebre romanzo d’esordio di Isabel Allende

FOTO © Marcella Foccardi

Sfida difficile quella intrapresa dal regista Corrado Accordino e dall’attrice Silvia Giulia Mendola: ridurre l’epopea familiare narrata nel romanzo La casa degli spiriti di Isabelle Allende a monologo teatrale.

La trama è conosciuta, per chi non avesse letto il libro, ripercorre tutta la storia del Cile, dagli inizi del ‘900 alla dittatura di Pinochet, attraverso la storia di tre donne: Clara, Blanca e Alba, rispettivamente nonna, figlia e nipote.

La scelta di Accordino, regista e drammaturgo, è stata quella concentrarsi sulla storia delle tre donne protagoniste, mettendo al centro la loro forza positiva; vengono tralasciate invece gran parte delle sezioni narrate in prima persona dalla controparte maschile, Esteban Trueba, che nel romanzo occupano invece la metà del testo. La presenza di Trueba, marito di Clara, non è cancellata, ma si riduce a pochi interventi in cui Silvia Giulia Mendola, indossando uno spolverino beige e un cappello classico da uomo, interpreta il personaggio. Da queste poche scene riescono comunque ad emergere, nel corso dello spettacolo, i tratti principali del protagonista maschile come sono nel romanzo, tratti perlopiù negativi, caratterizzati da rabbia e animalità, seppur sostenuti da grande energia e ambizione di successo.

Tra i personaggi maschili positivi, sono assenti, per motivi di economia della trama, quelli appartenenti alla famiglia delle tre donne: i fratelli di Blanca, Jaime e Nicolas; mentre sono citati nella narrazione Pedro Terzo, amante di Blanca, e il rivoluzionario Miguel, amante di Alba.

Nell’opera, come nel romanzo, uno dei temi è infatti quello della lotta sociale e della guerra civile, vissuto in prima persona dall’autrice, nipote di Salvador Allende, il presidente socialista fatto assassinare da Pinochet nel “golpe” del ’73.

Ma al centro, dicevamo, sono le donne e, come ha spiegato il regista al termine della prima, Clara, Blanca e Alba nella sua lettura rappresentano rispettivamente la vita e la magia la prima, l’amore la seconda, la lotta politica la terza. Sono tre personaggi complementari eppure molto legati che attraverso le loro storie – intrecciando magia, amore, spiritismo e rivoluzione – costruiscono un’epopea matriarcale nella quale, a fronte della violenza e del dolore cui sono tenute ad assistere o a sopportare, a vincere è infine ancora la vita e l’amore, con cui le donne riescono a spezzare le catene d’odio e vendette.

Benché inevitabilmente ridotta, l’opera teatrale rimane il più possibile fedele al testo dell’autrice – a differenza del recente film con Meryl Streep e Glenn Close, in cui i Blanca e Alba, con una discutibile crasi, divengono un unico personaggio.

La voce narrante, come nel romanzo, è infatti quella di Alba. Ciò che differisce è che Accordino ha optato per far iniziare la storia dalle scene finali, nella parte in cui Alba è incarcerata e torturata da Garcia. Accordino ha compiuto questa scelta perché è quello il momento in cui il legame matriarcale si rafforza e allo stesso tempo vince la violenza.  Per sopravvivere alle torture e non impazzire, Alba segue infatti i consigli che la defunta nonna le dà attraverso la telepatia e ripercorre così la storia di Clara e di Blanca.

La narrazione è alternata alla recitazione e a volte sembra esserci una voluta ambiguità se sia Alba che narra dal suo punto di vista o se sia il personaggio narrato (Blanca, Clara, Esteban Trueba) che prende vita e parla in prima persona.

Tra una scena e l’altra fa da intermezzo la voce della talentuosa Linda Messerklinger, che, situata dietro a un microfono e a delle percussioni sul lato del palco, intona canzoni di lotta del Sud America su musiche originali composte da Mimosa Campironi. Linda presta la sua voce vibrante anche per interpretare il torturatore Esteban Garcia come voce fuori campo, con un tono sadico e metallico che, in un crescendo finale, arriva davvero a far tremare il pubblico.

L’intero spettacolo in realtà parte con toni tenui e quasi in sordina per arrivare, in un climax ascendente, all’esplosione finale, attraverso un’opera che si costruisce a poco a poco, pezzo per pezzo.

La sfida pare essere in gran parte riuscita, Accordino, esperto di riduzioni di romanzi in opere teatrali, sembra aver fatto la scelta giusta: il risultato è una voce corale femminile che si leva, con la forza di tre generazioni unite, in un grido che risponde alla violenza con la forza dell’amore.

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