La biblioteca di Babele di Dudù La Capria

In Letteratura

L’autore di “Ferito a morte” celebrato in un Meridiano racconta in questa lettera i libri e gli autori che più e meno ha amato: un ironico percorso per lettori “accaniti”

Raffaele ha divorato il secolo: la silhouette che la Napoli degli anni Trenta scorgeva tuffarsi in mare dalle finestre di Palazzo Donn’Anna apparteneva a un ragazzo, o forse a un kouros, che nel 1961 rivelò di essere molto più di quella creatura solare che tutti pensavano.

E’ questo l’anno in cui Bompiani pubblica Ferito a morte, vincitore del premio Strega; le nebbie sibilline dei salotti letterari romani non bastarono tuttavia a fermare Dudù La Capria che continuò a tuffarsi nel mare della sua amata Capri. Se il Novecento e i suoi intellettuali hanno potuto abbeverarsi a piene mani di un Dudù beato e ultraterreno, il nuovo millennio – ed io con esso – l’ha visto incupirsi giorno dopo giorno, e tormentarsi sul destino della letteratura.

Tra i primi a tradurre Eliot e ad amare Joyce, La Capria vede nel giugno 2014 la pubblicazione della seconda edizione dei suoi volumi per i Meridiani. Una riedizione necessaria, considerando che negli ultimi dieci anni sono state pubblicate alcune tra le sue più belle e inquiete opere, tra le quali L’amorosa inchiesta (Mondadori, 2007) ed Esercizi superficiali (Mondadori, 2012).

Ma è Letteratura e salti mortali (Mondadori, 1990), un saggio in cui La Capria confronta l’arte del tuffo con quella dello scrivere, che mi ha spinto a fargli fare dei carpiati con triplo avvitamento tra i nomi più conosciuti ed amati della letteratura contemporanea.

Poche settimane fa gli ho spedito una lettera chiedendogli di dirmi cosa ne pensasse di Franzen, Foster Wallace, Roth, Modiano, Carrère, Murakami, delle scrittrici sue più amate e di questo secondo, spettacolare, Meridiano.

Gli ho infine ricordato un episodio a cui ricordo bene di avere assistito e che vedeva come protagonisti La Capria, un sasso, un fazzoletto e il mare che circonda l’isola di Patmos, ma Dudù finge di aver dimenticato e mi saluta al contempo misterioso e cristallino.

Così mi ha risposto:

Cara Sofia,

Dopo Benito Cereno, Billy Budd e Moby Dick, mi sono accontentato solo con La lettera scarlatta e, finiti i tempi d’oro, ho amato l’Hemingway della mia giovinezza (Il grande fiume, Nick che pesca le trote), il vestito rosa fumé del grande Gatsby, le protervie del nano mondano Capote. L’urlo e il furore di Faulkner mi parve più ardito di Joyce e meglio costruito.

Oggi non mi appassiona quel Franzen (è un po’ noioso) e meno che mai quel David Foster Wallace – pace a lui – che tanto piace ai ragazzi. Roth è un grande? Ma per essere grande devi superare il fatto – la realtà è effettuale, e lui non la supera, anche se è bravo. Modiano non l’ho letto, in genere i romanzi francesi venuti fuori dopo Camus non mi piacciono, anche se Houellebecq non è male. Carrère l’hai mai visto? Io l’ho conosciuto e premiato a Capri; è bello e tosto, il suo amato personaggio Limonov non mi interessa, l’ho letto e ho recensito il libro, ma dietro Carrère si sente lo sceneggiatore, che dire? Non è male, ma siamo nell’intrattenimento.

Murakami lo conosco solo di nome, dei giapponesi ammiro ancora Tanizaki e Kawabata e le loro senili perversioni. Mi domandi delle scrittrici? Sono ancora fermo alla Wolf e alla Mansfield, ma preferisco quest’ultima perché – come lei stessa dice – ama scrivere sommessamente. Stile semplice d’arrivo, non di partenza. È così bello il suo ricordo della Nuova Zelanda! Puro come diamante, senza scorie, esce grondante dal mare come una cosa divina.

Del mio Meridiano nessuno ne parla, anzi ne parlo solo io nel libretto Raffaele La Capria, introduzione a me stesso. Quando io rileggo il mio Meridiano (credo di essere il solo a sottoporsi a questa operazione), mi sembra che tutto sia a posto, non cambierei un rigo. Veramente sei così bravo? Mi dico. Con questo non voglio dire che il mio Meridiano è perfetto, voglio dire che non mi pento di averlo scritto. Se ci fosse un lettore talmente pazzo da leggerlo tutto di seguito dall’inizio alla fine, scoprirebbe un romanzo di formazione letteraria e intellettuale e un personaggio (io, ma non esattamente io) che attraversa tutte le età, infanzia, adolescenza, maturità, fino agli attuali 92.

Ci sono, dentro a questo Bildungsroman, romanzi racconti e saggi, ben disposti in un tutto organico, e c’è un’idea della letteratura e della scrittura, della società e dell’uomo singolo, che definiscono meglio i tratti dell’autore.

Quel che potevo fare insomma l’ho fatto. Quanto all’ultima domanda, il mio ritratto, da disegnare, posso dirti solo che sono un uomo sempre in bilico come il mio segno zodiacale, la bilancia, che oscilla tra il bene e il male, la felicità e l’infelicità. Sono un uomo perplesso, direi infine. So che la saggezza che gli anni dovrebbero avermi procurata, oggi non è più possibile. Faccio del mio meglio per praticare uno stile di vita decente, tutto qui.

La tua storiella del fazzoletto e del sasso non la ricordavo, ma mi è piaciuta come un posto della tua fantasia, ad ogni modo conserva il sasso e il ricordo di me

Raffaele

Roma 14/11/014

“Opere” di Raffaele La Capria (Mondadori, pp. 2592, 110,00 euro)

Introduzione a me stesso di Raffaele La Capria (Elliot, pp. 64, 9,00 euro) 

Foto: Raffaele La Capria al Festival Letteratura di Mantova (2012 Mondadori Editore)

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