James Lee Byars: Re Mida, Regina di cuori e le loro vanità

In Arte

Dopo oltre trent’anni dalla sua ultima mostra istituzionale in Italia, Pirelli HangarBicocca, in collaborazione con Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, dedica una retrospettiva a James Lee Byars, una delle figure più enigmatiche e mitiche dell’arte contemporanea del XX secolo, a cura di Vicente Todolí. Francesca Greco l’ha visitata per Cultweek regalandoci una lettura mitica e fiabesca dell’opera di questo artista troppo presto scomparso, sempre ai confini tra misticismo, spiritualità e corporalità.

Re Mida è passato alla storia per il suo tocco d’oro, si intuisce facilmente qual è il suo potere e, forse altrettanto facilmente, si capisce chi glielo ha donato: un Dio: Dioniso. Più di tutto, più di essere stato Re della Frigia, di essere stato designato dal suo oracolo come il possibile salvatore di tutti i conflitti civili che la coinvolgevano, Lui è ricordato per la sua capacità di trasformare tutto in oro. Un potere, sì, cosa c’è di più potente dell’oro? Ecco, percorrendo le opere di James Lee Byars viene subito da pensare al nuovo Mida, forse non Re, ma sicuramente capace dello stesso potere.

James Lee Byars, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2023. Primo piano: The Door of Innocence, 1986-89. Secondo piano: The Golden Tower, 1990. The Estate of James Lee Byars, Michael Werner Gallery, New York, Londra e Berlino, e Toyota Municipal Museum of Art, Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio


Di foglie d’oro è ricoperta The Golden Tower la colonna di ventuno metri che apre la mostra: un monumento da dedicare all’umanità, una torre di Babele che simboleggia la tensione all’infinito; qualcosa che ha a che fare con il troppo, con l’opulenza, con l’eccesso, piuttosto. E questo, di fatto, è solo l’inizio. Sembra che la mostra vada vista con l’occhio dorato, e raccontata con le labbra dorate come ci suggerisce The Hole for Speech, una lastra di vetro al cui centro è posto un foro dai bordi in foglia d’oro. D’istinto, avvicinarsi a quel pertugio ti dona le lenti dell’oro, le labbra dell’oro, un invito a diventare Mida anche tu, spettatore. Con lui sembra camminare un’altra figura: aleggia come il mitico Re la sua corrispondenza pop, una nuova mitologia: la Regina di cuori – proprio quella di Alice nel paese delle meraviglie. Re e Regina si manifestano per le loro caratteristiche: l’uno trasforma le cose in oro, l’altra con la sua maestà designa coloro a cui salterà la testa. Un decollamento che diverte, ma che allo stesso tempo intimorisce, Red Angel of Marseille sembra il labirinto in cui Alice si perde e incontra le carte soldato della regina; e allo stesso tempo richiama anche il rimpicciolimento di Alice quando mangia il dolcetto: quando entriamo nella stanza ci rimpiccioliamo alla vista del gigante disegno che formano le 1000 sfere di vetro rosso, subiamo uno schiacciamento, non riusciamo a vedere la figura per intero. Il rimando alla mastodontica colonna iniziale è immediato e noi siamo piccoli, piccoli, piccoli. Re e Regina collaborano a farci rimpicciolire, solo uscendo da questo nuovo paese delle meraviglie ritroviamo la nostra forma originale.

James Lee Byars, Red Angel of Marseille, 1993. Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023. FNAC 99316, Centre national des arts plastiques. In deposito presso Centre Pompidou, Parigi. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio.


Ecco che, sui troni nascosti dalle tende – una rossa, per la Regina di cuori, una nera per Re Mida – si manifestano gli spiriti di Re e Regina che si prendono gioco di noi che li guardiamo, scomparendo quando necessario e riposando nei posti designati quando nessuno li guarda. Ecco che The Giant Angel with the Human Head e The Devil and His Gifts acquisiscono un valore aneddotico diverso, nuovo, colmo di elementi che caratterizzano queste figure. E ancora, le 3333 rose rosse che compongono The Rose Table of Perfect sembrano un regalo per la Regina, un regalo propiziatorio ma allo stesso tempo mortifero, qualcuno ricorderà la canzone delle carte in Alice:
Rosse le pitturiam
le rose noi verniciam
non c’è che dir, non c’è che far
la tinta dobbiam dar
adesso né più né men
di rosso le tingerem
bo bo bo bom bom
rosse noi le tingiam
ma quanto ahimè soffriam
perché sappiam che al più doman
le rose moriran
oh!
Eppure noi insistiam
rosse le verniciam
oh oh oh ohoh oh oh oh

James Lee Byars, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milan, 2023. Primo piano: The Rose Table of Perfect, 1989. Secondo piano: The Tomb of James Lee Byars, 1986. The Estate of James Lee Byars, Michael Werner Gallery, New York, Londra e Berlino, e IVAM, Institut Valencià d’Art Modern, Generalitat. Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio.


Non a caso questa sfera colma dei fiori più simbolici guarda a The Tomb of James Byars, il nostro nuovo Mida che sognava una tomba sferica, grezza sì, ma comunque ricoperta d’oro. L’andirivieni tra le opere di Byars fa emergere queste due figure che collaborano a creare metafore di ricchezza e vanità. Perché è necessario che il peregrinaggio con i nostri ciceroni produca un andare avanti e indietro a cogliere sfaccettature che un solo giro di ronda non restituirebbe immediatamente, Re e Regina hanno bisogno di esporre le proprie ricchezze, e noi, stanchi, ci lasciamo condurre, realizzando solo dopo che quelle ricchezze non sono state condivise, bensì solo mostrate e, riponendo le nostre labbra e i nostri occhi dorati, comprendiamo che non ne avevamo bisogno.

James Lee Byars, Pirelli HangarBicocca, Milano, fino al 18 febbraio 2024

In copertina: James Lee Byars, Byars is Elephant, 1997. Veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2023. Pinault Collection, courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio.

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