Igitur Gaudeamus con Dodin, ma davvero

In Teatro

Lev Dodin torna, con Gaudeamus, a Milano: la città lo ama molto. Lui, dal canto suo, offre uno spettacolo immaginifico e memorabile…

Vorrei essere un uomo sandwich per pubblicizzare e promuovere uno degli spettacoli che fanno la storia del teatro ed entrano diretti senza stop nella coscienza, Gaudeamus del giovanissimo 72enne san pietroburghese Lev Dodin, direttore del Maly Drama Teatr. Gruppo ben noto al pubblico del Piccolo Teatro che l’ha fatto scoprire in questi anni con alcuni memorabili allestimenti non solo cecoviani ai suoi 25.000 abbonati che infatti hanno subito esaurito le cinque recite dell’acclamato spettacolo in scena allo Strehler fino a domenica 31 tra acclamazioni non consuete. Già visto a Milano per la prima volta al Lirico nel 1992 – e poi al Teatro dell’Arte – Gaudeamus sono due ore e dieci minuti di emozioni a 360 gradi, ed oggi si ripresenta con un cast giovane che non sa cos’è stata la perestrojka, tutto rinnovato ed anche con una maggior sicurezza nell’attacco della retorica bellica e dei muri ideologici che allora, appena crollati, facevano ancora sentire tra le macerie la propria sinistra ombra. Ispirato al censurato racconto di Sergeji Kaledin Battaglione di costruzione, è una sorta di tragicomico cabaret diviso in scene di vita militare di ottusi signorsì, alla Full metal jacket, alternate a evasioni, brani fantastici, sogni, incontri, sonate di pianoforte, botole tombe ronconiane (Celestina) che alla fine si chiudono nella spianata innevata della scena striata del rosso sange dei palloncini colorati. Un flusso travolgente di invenzioni di pura regìa, idea platonica dell’artigianato teatrale (abbiamo riconosciuto anche germi strehleriani, quelli di Schweyk) che accerchiano cuore e cervello, mandano in tilt i neuroni specchio, fanno sorridere e-o ridere (la donna grassissima, l’addestramento, il piano suonato coi piedi) ma invocano pìetas universale come nella grottesca strofa goliardica del titolo preso dalla cantata medioevale universitaria: Gaudeamus, igitur, iuvenes dum sumus!- insomma godiamocela che del doman non c’è certezza si sarebbe tradotto in rinascimentale.

Ma Dodin viene alcuni secoli dopo, sa che la Storia si ripete in tragedia e poi in farsa e quindi riesce con inventivo e fantasioso cinismo, sempre in coppia con la commozione, a raccontarci, in delicato equilibrio fra poesia e ferocia, brandelli di vita in divisa, incontri con bellissime ragazze, ordini impartiti e subìti, con una colonna sonora che non si nega nulla, dalle canzoni napoletane (che i ragazzi dal Maly cantano intonati, convinti) al tema del duello da Eugenio Oneghin di Ciakovskji, dai Beatles a Jacques Brel e Schubert. E con un pianoforte che sorvola il cielo del teatro, entrando nel quotidiano della vita di un plotone di giovanissime reclute che subisce affronti da qui all’eternità come molto cinema ci ha insegnato (anche un poco di teatro, vedi “Patatine di contorno” di Wesker). Scenograficamente immenso, con quel prato di neve cosparso di botole e tranelli che fa del palco un “non luogo” di ineffabile violenza poetica, Dodin racconta, oggi supportato e non solo sopportato dal Ministero della cultura della Federazione Russa, la fatica di combattere e la sua disumanità suggerita così bene da Brecht: come è difficile odiare un proprio simile! Dodin che nel frattempo ha prodotto spettacoli memorabili (Schiller, Fratelli e sorelle, Vita e destino di Grossman) va oltre il piccolo cabotaggio di military life anche se tutto parte da qui, ma offre, sborsando di prima mano il suo pathos, un teatro trasversale in cui la malinconia si sposa alla comicità e alla violenza e s’inerpica in un viaggio dantesco illuminato da squarci surreali in cui ogni uomo li vale tutti e tutti lo valgono, come scrisse Sartre alla fine delle “Parole”: il cast si merita la citazione, sono tutti eccezionali.

(foto di Viktor Vassiliev, per il video si ringrazia Piccolo Teatro) 

Gaudeamus di Lev Dodin, al Teatro Strehler fino al 31 gennaio

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