Federico Garibaldi: quando il tempo non è in ritardo, possiamo vederci attraverso?

In Arte

Le opere di Federico Garibaldi, passeggiando sui Navigli.

Quante volte l’esistenza si impiglia in limiti, che non permettono di vedere chiaramente i nostri prossimi orizzonti.

La Area 35 Art Gallery, sui navigli in Porta Genova dedica i propri spazi alla poetica intimista di Federico Garibaldi, le cui opere vantano esposizioni presso musei internazionali e nazionali. Ha incrociato l’arte nel 2006, quando il colosso Sanofi-Aventis gli affida l’incarico di raccontare attraverso la sua estetica fotografica una mostra sulla scienza, presso il Palazzo Ducale di Genova. L’esito ha un tale eco che il governo Malesiano lo invita a Kuala-Lumpur. Espone in Triennale di Milano nel 2013, anno in cui la sua prima personale viene presentata presso la Galleria Statuto13 di Milano, che si guadagna recensioni sul Wall Street Journal e Art Tribune; da lì il suo inarrestabile lavoro di ricerca lo spinge fino in Cina, presso il Luo qi Museum of International and Modern Art di Hangzhou o a essere premiato nel 2018 al Cannes Corporste Media and TV Award con il Delfino d’argento, con il suo lavoro d’esordio video.
In questa occasione, Polaroid riprodotte in grande formato raccolgono immagini che si frammentano in istanti sospesi fra la fretta e il reticolato anti riflesso delle vetrate dei mezzi pubblici da cui sono state scattate.

Federico Garibaldi si distacca fortemente dal contemporaneo Hernandez esposto in Biennale, il cui comune denominatore esplicito rimane la rete interposta fra l’osservante e l’osservato.
A primo acchito, per un occhio frettoloso l’effetto potrebbe risultare simile, ma se la ricerca parte dalla stessa sperimentazione visiva, in realtà il risultato è decisamente opposto: in Garibaldi la chiave interiorizzante e astratta domina, assieme all’azione dell’andare e la rete stessa è l’elemento interessante, protagonista ingombrante che pone inequivocabilmente un limite di lettura o interpretazione, un fastidio visivo quasi, nel cercare di mettere a fuoco ciò che sta attraverso e che prende consistenza e forma soltanto muovendosi nello spazio, cambiando angolature d’osservazione.
L’impressionismo contemporaneo di Garibaldi conduce lo spettatore all’interno dei finestrini graffiati del tram, luogo da cui le opere sono emerse. Il viaggio sfugge e quasi la sua estetica ci imprigiona nella dimensione del reale, al di qua, in interrogativi che appartengono a sedi riposte all’interno dello sguardo, conservati in ognuno di noi.
I colori delle immagini digitali in grande formato della prima sala spariscono nelle polaroid in formato originale della seconda: Federico Garibaldi ha usato in questa sezione pellicole su una polaroid medica, utilizzata dalla scientifica per le biopsie.  Ma a differenza di ottenere dettagli in ingrandimento, il risultato che ne emerge ha il sapore di sbiaditi ricordi.
Anche qui la realtà sfugge, corre via fluida, assieme alla corsa dei tram. Anche qui il tempo nostro è impigliato in qualcosa che evade, eppure resta segreto all’interno del supporto materico.
Il mezzo pubblico scandisce il tempo, la qualità della realtà esterna percepita. Speriamo che il tempo non sia in ritardo, recita il titolo della mostra, strizzando l’occhio con ironia alle attese sotto alle pensiline meneghine, in cui la gente attende, qualcosa, qualcuno, qualche altrove.
THROUGH – Speriamo che il tempo non sia in ritardo è esposta presso Area 35 Art Gallery, in Porta Genova, a Milano, fino al 28 giugno 2019.
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