Arlecchino, mille di queste repliche

In Weekend

Spettacoli e film longevi e amati: ‘Trappola per Topi’, ‘ Il fantasma dell’Opera’ ‘Chicago’: ma il Guinness è della maschera veneziana nata sulle assi del Piccolo (e di nuovo in scena)

Ancora una volta Arlecchino. Fino al 7 giugno, al Teatro Studio Melato, Ferruccio Soleri  indossa i panni della maschera veneziana. In barba a ogni record: nel 2010, infatti, all’attore fiorentino (classe 1929) sono stati consegnati gli allori del Guinness dei primati. The record for the most consecutive theatre performances in the same role, «il record per la più lunga performance teatrale consecutiva nel medesimo ruolo» recita la motivazione.

Incontestabile: risale al lontano 1960 il debutto di Soleri nei panni della scanzonata maschera, in qualità di sostituto di Marcello Moretti in una replica newyorkese del Servitor di due padroni di Carlo Goldoni, cominciato sulle tavole del Piccolo da Giorgio Strehler. Soleri sostituisce Moretti – Arlecchino a sua volta dal 1947 – una volta a settimana, e alla scomparsa di quest’ultimo (1961), dopo qualche anno in cui Arlecchino “riposa”, prende definitivamente le redini del ruolo: lo porta in scena, con infaticabile costanza, per 2.064 repliche sparse in Italia (182 palchi) e all’estero (149).

Una maschera, quella di Arlecchino, che per Soleri diventa guanto spirituale e definitivo: se prigioniero di un ruolo o dallo stesso cullato e vezzato, non ci è dato saperlo. Soleri, a suo modo, è il poster child ispirato della Commedia dell’arte, delle sue tracce nella nostra cultura; titolare del candore dissacrante incarnato dal personaggio, è testimone informato sui fatti e controllato artefice dell’operazione: non a caso è, oggi, responsabile della messa in scena dello spettacolo, erede dell’importante lascito strehleriano. Un lascito genealogico, energico e felice, che dal Grassi di via Rovello ha fatto il giro del mondo, conquistando un culto di aficionados un po’ ovunque, pur restando fedele all’affetto sincero e immutato del pubblico milanese.

Soleri, formato alla bottega di Orazio Costa – che lo svezzò all’esordio con La favola del figlio cambiato, nel ’53 –  è autore e interprete a sua volta di altre regie e altri spettacoli, ma ha sancito con l’Arlecchino servitor una sorta di foedus sempiterno per sé e per il pubblico che, anno dopo anno, lo scopre o lo ritrova ed è meticolosamente attento a ogni cambiamento, ma ormai avvezzo e abituato alla sua dolce presenza. In tempi strani come i nostri, in cui niente viene regalato a nessuno – nella vita come sul palco – poter contare a priori su un “amico” come Soleri (e come Arlecchino, ammettiamolo) è già un bel traguardo.

Un traguardo che il teatro, sia detto, non disdegna. Resistenze e repliche à la Soleri, in Italia, sono praticamente mosche bianche; dirottando i binocoli all’estero, però, vediamo come l’entertainment culturale possa smuovere cifre e record più che notevoli. È il caso di The Phantom of the Opera, fantasmagoria goth-kitsch ispirata a Gaston Leroux e creata dal reuccio del musical Andrew Lloyd Webber – su musiche di Charles Hart e Richard Stilgoe – nel 1986, anno in cui avrebbe debuttato nel West End londinese.

Numeri faraonici: è lo show con maggior tenitura mai approdato a Broadway, dove ha superato le 10 mila repliche, e dall’anno di nascita ha “raggranellato” un totale di 5.6 miliardi di dollari, con un solo introito broadwayano di 845 milioni di dollari. È, a oggi, l’evento d’intrattenimento che più ha incassato nella storia dello spettacolo, lasciando ai nastri di partenza perfino incassi da capogiro – Titanic incluso.

Sia messo agli atti, contestualmente, un interessante smottamento non da poco che perturba la top ten dei film più visti di sempre: il settimo capitolo della saga di Fast & Furious, distribuito nelle sale di tutto il mondo da poco più di un mese, ha incassato finora 1.348.869.420 dollari, superando il capitolo conclusivo della saga di Harry Potter, fermo a quota 1.341.

La seconda parte di The Avengers, Age of Ultron, ha ottenuto invece il secondo miglior debutto nordamericano di sempre, con 187.7 milioni di dollari nei primi tre giorni di programmazione. Peccato che il primato, però, vada proprio al primo film sulle avventure dei personaggi Marvel, che nel weekend del 4 maggio 2012 portò a casa 207.4 milioni.

E se le repliche sulle barricate del West End londinese di Les Misérables continuano senza sosta dal 1985, il fossiano Chicago detiene il record del revival di un musical più longevo sulle scene di Broadway e Londra – e proprio nel Regno Unito ha ottenuto il titolo di musical a stelle e strisce più rappresentato su suolo britannico. Sarebbe un crimine, inoltre, dimenticare che Trappola per topi di Miss Agatha Christie viene messo in scena ininterrottamente dal 1952 (!), con oltre 25.000 repliche e il record personale di show attivo più duraturo dell’era moderna. In Italia, dove non ci possiamo permettere dispendiosi allestimenti, siamo famosi per ripiegare sulla lunga durata più che sulle teniture continuate: dalle cinque ore della Lehman Trilogy di nuovo in scena al Piccolo a pochi mesi dalla scomparsa dell’amato Ronconi, alle infinite durate del Gioco dei potenti di Strehler, per il pubblico italiano minor continuità ma più impegno – fisico o psicologico che sia, non è poi un grosso problema.

Il servitor di due padroni, dunque, val bene un’incursione al Teatro Studio Melato. Il suo primattore si annoierà, dopo tutti questi anni? Non lo sapremo mai, e in fondo non è questione che debba riguardarci. Riflette il dinamismo di Arlecchino, e porta con sé il peso – a volte gradevole, a volte ingombrante – della tradizione e della maniera, del lazzo e della riflessione. E la visita si deve soprattutto a Soleri: maschera puntuale, incarnazione veritiera di un testo leggibile oggi più di ieri, rivelazione mai esauriente di uno spettacolo che – grazie alla sua presenza – è una monade più che un semplice evento, rivelazione prim’ancora che mera replica. Le leggende durano per sempre, è vero; “toccarle” dal vivo, però, è ancora più bello.

Foto: Diego Ciminaghi

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