L’arte di raccontare il sapere: Eliana Liotta e il cammino di Scienze per la vita

In Interviste, Letteratura, Weekend

Procedere con curiosità, procedere con autorevolezza, procedere con semplicità. In tempi in cui la scienza fa prodigi, far arrivare il sapere con cognizione a tutti è una partita per nulla scontata. Eliana Liotta, giornalista, divulgatrice scientifica e autrice di best-seller scommette sulla ragione e firma per Sonzogno la collana Scienze per la vita, di cui è ideatrice e curatrice. In poco più di tre anni, nove titoli che rimarcano una questione fondamentale: di sapere accessibile c’è necessità.

Nove titoli dal 2020. Ma un decimo (Non ti fissare, a firma di Giancarlo Cerveri, psichiatra e psicoterapeuta) in arrivo nei prossimi giorni, e un undicesimo già in calendario per settembre.
Il debutto con cautela, il riconoscimento del pubblico, uno scaffale inventato quasi da zero: è Scienze per la vita, la collana ideata e diretta dalla giornalista Eliana Liotta per Sonzogno, che ha intrapreso un progetto di divulgazione moderno e agile, e ha fatto della diffusione e della qualità una scommessa sul sapere. E i lettori rispondono.

La prima cosa che viene in mente, a mettere in fila questi nove titoli, è che siamo di fronte a una scommessa sull’intelligenza; un messaggio molto forte, una postura, si direbbe: l’invito a non avere paura di capire. Non a caso, nella prefazione, saltano agli occhi parole come “porta” e “bussola” che indicano la chiave di quello che risulta come un viaggio.

C’è un problema di fondo nella comunicazione del sapere scientifico: da un lato il pericolo è quello della noia; le pubblicazioni per addetti fanno il loro mestiere e rispondono all’esigenza, sacrosanta, della precisione: dunque l’aspetto dei dati, nudi e funzionali, è prevalente. Dall’altra, esiste il rischio che, abbandonando i dati, i libri di ragionamenti non si rivolgano alle evidenze della scienza. Fare divulgazione significa tenere ben presente queste due estremità per trovare una alternativa; scienza e dialettica sono due discipline che si guardano. La scienza è metodo che guarda al ragionamento in generale. Esiste una storia del pensiero che può aiutare a raccontare meglio l’esperienza del sapere scientifico: perché no?

La pancia lo sa: il primo titolo, a firma di Silvio Danese, gastroenterologo di fama internazionale e, tra le altre, professore ordinario all’Humanitas University, è stato un piccolo caso; ma ha anche siglato uno stile preciso della collana: usare il luogo comune per ribaltarlo. Si parte dalla pancia, ma non come luogo di irrazionalità: piuttosto, come secondo cervello.

Sì, è stata una scelta precisa. Ormai una decina di anni fa L’intestino felice di Giulia Enders divenne a sorpresa un vero best seller. Ho voluto ripartire idealmente da quel fortunato esempio, pubblicato proprio dalla stessa casa editrice che ospita Scienze per la vita, e fare il punto su quello che abbiamo imparato in questi anni a proposito dei nessi tra il cervello e la pancia; il riscontro è stato tale che sono poi seguiti In pace con la  pancia e, recentemente, A ogni pancia il suo rimedio. Una attenzione così non è casuale: ci dice qualcosa del modo in cui viviamo. Spesso le patologie gastrointestinali sono circondate da angosce e pregiudizi. Per secoli gli antichi hanno sostenuto che il ventre è il centro dell’energia: e di fatto la pancia è innervata degli stessi neuroni del cervello e ha una sua forma di intelligenza spiccatissima. Ci capita spesso di sostenere che stiamo bene, ma poi lei rumoreggia, fa male, si gonfia: conosce cose di cui non vogliamo renderci conto. Appunto: la pancia lo sa.

Andiamo allora ai temi scelti: sessualità, difese immunitarie, intelligenza sociale…Sembra una fotografia dell’albero della conoscenza in versione contemporanea. Ogni titolo ragiona su quelli che sono i nuclei della contemporaneità, anche quelli sotto assedio.

Un libro, quando esce, deve avere un appiglio con il mondo in cui nasce: più i temi hanno un aggancio, più rispondono a una esigenza.
Certo la struttura della collana si rivolge a temi universali, ma la sua declinazione è attenta ai punti nevralgici del nostro tempo: l’amore, ovvero la scienza degli affetti (anche quando intercetta l’altruismo intelligente: La felicità è un dono); oppure la giovinezza della mente: poiché l’età si è allungata, vivere con la testa lucida fa la differenza (Il talento del cervello). O, ancora, i tumori collegati all’età (La vittoria sul cancro), e le difese immunitarie, ma anche le fissazioni collettive, come è il caso dei no-vax: ognuno di noi ne conosce almeno uno, ognuno di noi si è chiesto almeno una volta cosa lo ha spinto, e come ha amplificato la rete questo fenomeno.

4) Dopo tre anni, allora, che immagine restituiscono, questi libri, dei lettori?

Ho capito che si può fare una collana al tempo stesso altissima (per autori e serietà), ma anche colorata, allegra, alla portata di tutti. Gli americani sono molto bravi nella divulgazione, in Italia è più difficile, ma in passato forse non si sarebbe accettata questa piccola rivoluzione che oggi esiste. Quelli di Scienze per la vita non sono libri di varia: sono tutti studi seri; e questa esperienza, a me, ha confermato una cosa in cui credo fermamente: la salute può (e in un certo senso anche deve) essere trattata in modo da avvicinare le coscienze.

5) Siamo ciò che siamo in virtù di quanto abbiamo imparato e ricordiamo : è una affermazione di Eric Kandel, uno dei padri delle neuroscienze moderne che viene riportata all’interno de Il talento del cervello, firmato da Michela Matteoli. Questo avvicina alla questione dell’apprendimento (e del senso dei libri come utile strumento di auto apprendimento).

Comunicare la scienza significa superare il difetto in cui è l’Italia. È importante che gli scienziati non si chiudano in una loro torre d’avorio; e ancor più che aiutino la scienza a non essere percepita come lontana, perché la scienza ha un funzione fondativa che non è cambiata nel tempo: migliorare le singole vite. C’è uno scarto di punto di vista che è necessario: non cerca informazioni scientifiche solo chi sta male. C’è un ruolo preventivo anche nella lettura. Questa è una collana anche per chi sta bene, e ha il desiderio di capire com’è che funzionano le cose quando stiamo bene. Abbiamo già parlato di apprendimento, ma il termine non torna a caso: ogni volta che leggiamo un libro, che andiamo a teatro, che vediamo un film, costruiamo ponti per il nostro futuro, perché aiutiamo a mantenere le connessioni tra i neuroni; qui sta un patrimonio fondamentale per il nostro benessere: la riserva cognitiva.

6) Prefazioni illustri (come Piero Angela) e partnership oculate con fondazioni di peso nel mondo scientifico rimandano alla questione della necessità di fonti autorevoli. Non un caso, di questi tempi…

Certo: l’autorevolezza è un tema forte della contemporaneità. È importante che a studiare siano tutti: medici, giornalisti, scienziati. Tutti gli autori della collana lavorano dentro a grandi istituzioni, e questa è stata una scelta di campo dettata dalla volontà di offrire una garanzia per il lettore e per l’editore.
È importante la riconoscibilità della fonte quando si parla di astrofisica: ancora di più quando in ballo c’è una cosa come la salute mia e tua. Lo sforzo ulteriore della collana, però, è anche quello di un certo stile di comunicazione: non serve innescare un dialogo negativo, che stressa e diventa controproducente: dare la comunicazione della salute nella giusta maniera è importante tanto quanto dare la comunicazione. C’è una saggezza di chi scrive, una sapienza umana. Non dimentico mai che, per gli antichi, la scienza era filosofia: un approccio umano, ad uso del bene. Importantissimo.

7) Quali sono le doti del divulgatore scientifico?

Sa di non essere perfetto. La cosa adorabile della scienza è che è precisa, ma non è mai perfetta. Questo permette sempre un margine di miglioramento, uno sguardo in avanti. Lo sforzo a cui è chiamato il divulgatore è in qualche modo uno sforzo integrato. Voglio dire: che l’unico metodo serio per indagare sia quello scientifico, è pacifico; tuttavia, nessuno scienziato può spiegare la complessità della psiche con l’efficacia che attiene alla poesia, o alla letteratura più in generale. Prendiamo Manzoni: La sventurata rispose. Punto. Cosa c’è di più efficace? Per raccontare la scienza serve un linguaggio chiaro, cristallino, spiegare in modo che tutti capiscano, tenere sempre presente che il tuo primo interlocutore non è un medico; insomma: il divulgatore può essere uno scienziato, un giornalista, un comunicatore, ma più che altro (e in questo è la lezione, per me indimenticabile, di Piero Angela) è un essere umano armato di curiosità, guidato dalla voglia di capire come funzionano le cose e sostenuto da un inesausto amore per le parole. Le scienze sono difficili. Serve fare paragoni, studiare metafore efficaci in modo che oggetti complicati diventino più semplici da capire. Lo stesso Galilei aveva ben presente la questione: facile è parlare oscuro, diceva. Il difficile (e il bello del mestiere) è invece parlare chiaro.

8) La ricerca è al servizio di tutti, lei scrive nella prefazione che accompagna i volumi della collana. C’è una profonda volontà egualitaria; verrebbe da dire, quasi un piglio neo-illuministico…

Io credo nella democrazia del sapere: e ciò che è successo in questi ultimi anni fa pensare. È passato il concetto che conoscere alcune cose ti può aiutare, e che parte del nostro benessere dipende dalle scelte che facciamo. Molto dei miei libri di nutrizione si collega alla genetica; se cambiamo qualcosa possiamo stare meglio è un pensiero, ma quando la pratica restituisce differenza, beh: si fa un salto qualitativo. 

9) Il prossimo titolo in arrivo?

Esce proprio in questi giorni: Non ti fissare. Liberarsi dalle ossessioni personali per una vita più serena. Lo firma Giancarlo Cerveri: una rassegna di tutte le fissazioni più comuni, anche nella storia. Da Napoleone a Steve Jobbs: quando una ossessione diventa una gabbia per la nostra mente e quando è obiettivo, idea forte che porta anche al successo? Naturalmente non può mancare l’ossessione per eccellenza, l’amore, con una guida ai comportamenti che possono intossicare: un tema già affrontato con Uomini che piacciono alle donne, di Emmanuele A. Jannini, su cui si ritorna, e non per caso.  

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