Un libro per ogni desiderio.

In Letteratura, Weekend

Dieci titoli per appagare memoria, curiosità, adrenalina, mancanza, storia, poesia e (perfino) struggimento.
Un decalogo di consigli per questo Natale: in compagnia dei libri.

Era il 1332, ma la penna impugnata da Alberto della Piagentina per mettere giù la sua intuizione non pare una piuma d’oca.
Incisiva come una biro, sottile come una roller, umana come una stilografica, la frase che compone il suo ingegno di notaio colto e studiato per spiegare il significato della parola ‘compagno’ è di quelle destinate a tracciare un perimetro difficilmente valicabile.

Compagno, scrive della Piagentina, è “chi si sente legato ad altri da affinità spirituali o ne affronta la stessa sorte”: una presenza comprensiva, dunque, e accogliente; specchio delle vicissitudini personali e, di conseguenza, sostegno interiore. Qualcosa di profondamente necessario in tempi in cui si è chiamati a stare tra sé, e ad affrontare solitudini di molti tipi.

Se proprio in chi mangia lo stesso pane si radica l’origine della parola ‘compagnia’, il pane dei giorni che stiamo vivendo è quello di una imperativa necessità di arrivare al cuore delle cose.
Di compagni per le ore a venire ecco allora un nutrito – e caldo – drappello: uno almeno per ciascun desiderio di Natale.

Epitome. O del desiderio del meglio (di ogni tempo).

Nuccio Ordine, Gli uomini non sono isole (La nave di Teseo)

Nessun uomo è un’isola, intero in se stesso; ciascuno è un pezzo del continente, una parte dell’oceano. Se una zolla di terra viene portata via dal mare, l’Europa ne è diminuita, così come lo sarebbe un promontorio, così come lo sarebbe il castello di un tuo amico o il tuo stesso: la morte di qualsiasi uomo mi diminuisce, perché sono preso nell’umanità, e perciò non mandar mai a chiedere per chi suona la campana; essa suona per te.(John Donne, da Devozioni in caso di emergenza)

Nuccio Ordine costruisce una biblioteca ideale in cinquanta mosse: una citazione per ogni pagina (con testo originale), seguita da un commento. Ce n’è per ogni momento della nostra vita.

Dello struggimento (sì: le ultime venti pagine piangerete, ma di bellezza)

Elena Loewenthal, La carezza. Un storia perfetta (La nave di Teseo)

Desiderio passato e altro che verrà, desiderio di essere vicini quando ancora si è vicini, desiderio di cancellare lo spazio che separa una pelle dall’altra. I due pensieri che si incontrano e diventano una dolcezza nuova, voglia di restare ed essere sempre così, umidi, sfiniti, appagati ma ancora no, ancora c’è quel sentore di sete che è mancanza, nostalgia di qualcosa che non si è mai avuto e mai si sarà, paura, un poco di paura per tutto il futuro che non sarà quel presente lì, pelle incollata a pelle, carezze che non finiscono più.

Dopo Abelardo e Eloisa, Admeto e Alcesti, Tristano e Isotta, una storia d’amore e di lontananza, di desiderio che non smette mai di vivere al presente. Tra le lacune e le interpretazioni del più meraviglioso dei manoscritti bizantini: il Codex Purpureus Rossanensis.

Della separazione. Al di fuori dei pregiudizi.

Michele Cocchi, Us (Fandango)

Non sapeva perché si fosse fermato, non era in grado di dare spiegazioni. Sua madre e suo padre insistevano, volevano sapere, volevano capire e lui era sincero quando diceva che non c’era nulla da capire, non c’era nulla da sapere, non se la sentiva e basta, non c’era molto da aggiungere. Loro continuavano ad addossarsi delle responsabilità, a cercare delle spiegazioni, ma non a tutto c’è una spiegazione, diceva lui, non per tutto ci sono responsabilità.

Sono in tre, non si sono mai visti. Il nome è quello del loro avatar, l’aspetto è quello che hanno nel gioco. Ogni giorno hanno una missione, ogni giorno ripercorrono la storia. Sono scollegati dal mondo fuori, sono chiusi nelle loro camere. Ma vivono, e imparano. Attraverso Us. Un libro per imparare a capire.

Del desiderio della natura. Il Verismo, oggi.

Alessio Torino, Al centro del mondo (Mondadori)

Sott’acqua la terra sembrava azzurra, ma appena affiorava diventava grigia. Se ne spalmava sulla fronte e sulle guance per essere dello stesso colore dei licheni. Con quel volto di corteccia andava davanti al tronco spezzato dal fulmine dove aveva visto la faccia del Demonio. Adesso la faccia del Demonio non lo guardava più.

Sarà salvato da un ragazzino, il sapere delle api e del miele di Villa La Croce? Salvato dal tempo che vuole il guadagno e della memoria è pronto a fare a meno? Nessuno conosce quello che Damiano pensa: inselvatichito, senza infanzia, segnato dalla tragedia della sua famiglia, ridimensionato come strambo e in fondo temuto. Eppure Damiano capisce: sente la natura, e progetta la sua resistenza.

Della protezione.

Daniela Matronola, Il mio amico (Manni)

Il dolore è un impedimento alla guarigione, sicuramente la rallenta, rende infinitamente penoso il decorso della malattia, provoca degli shock che si oppongono addirittura al risanamento. (…) Il dolore, una volta provato, diventa patrimonio della memoria. (…) Il dolore è un delitto contro l’umanità, è un crimine non alleviarlo, non eliminarlo.

Un personaggio che si forma per accumulazione: quattro racconti nell’intimità di una vita. Per scoprire che quello che si sceglie non è altro che la conseguenza di ciò che si è vissuto: e riparare il dolore, in fondo, è un modo per ricucire una ferita mai rimarginata.

Di quando tutto sembra perduto, ma poi resta sempre un ma poi.

Tullio Avoledo, Nero come la notte (Marsilio)


Questo è lo spirito dei tempi. Ma anche perché, in fondo, così è sempre stato. Sai cosa diceva Jack London? Il futuro è uno stivale che calpesta un volto umano, all’infinito. Dovunque ci sia una scheggia di potere, si progetta e si lavora contro di noi, per negarci un futuro. E nel frattempo, per generosa concessione di questo signore, dormiamo, mangiamo e facciamo l’amore sopra tonnellate di rifiuti tossici. Ci cresciamo i nostri bambini.

Un noir distopico, un ex poliziotto sulla via della dannazione, una serie di palazzi abbandonati, una comunità ai margini, una morte incongrua. Fresco di premio Scerbanenco, più di un thriller: un controcampo su una futura possibile società (umana?).

Della memoria, e del coraggio per raccontarla.

Marta Barone, Città sommersa (Bompiani)

(…) così era questa la notte in cui lui, cinquant’anni prima, si muoveva. Cinquant’anni. Suonava così irreale, così enormemente lontano. Eppure sentivo la sua presenza con singolare intensità, come vapore azzurro che saliva dai marciapiedi e mi circondava quasi costantemente, anche se continuavo a trovare incredibile che queste cose a me estranee – i palazzi umbertini gialli e rossicci, gli edifici ipertrofici della città millenaria, i pini marittimi dalle chiome scure ampie come papaveri al massimo della fioritura, le scale della facoltà di architettura su cui mi fermai qualche minuto a sentire il rombo del tempo che mi si rovesciava addosso, il viale alberato su cui scendemmo dopo aver visitato la Sapienza, Campo de’ Fiori nella sera di giugno, col bizzarro contrasto tra il languore convenzionale della piazza e la cupa statua di Giordano Bruno – queste cose estranee fossero state un giorno le sue, di quel ragazzo altrettanto estraneo, quel giovane animale libero e puro per il quale provavo quasi un sentimento di fraternità, io che ero orami più vecchia di quanto fosse lui quando se n’era andato (e anche questo, anche questo era incredibile).

Fare i conti con un padre che ha negato la conoscenza del proprio passato: un padre della cui vita la Storia ha attraversato i lombi, fratturandone per sempre il sorriso.
Torino, gli operai, la stagione ardente della richiesta di un riscatto, le contraddizioni, la lotta armata.  Marta Barone scrive un romanzo che è una pagina di acuminata ricostruzione storica: per capire il passato più recente e restituire profondità, collocazione, significato. Preziosissimo e importante.

Del desiderio (sacrosanto) di vita. Comunque.

Federica Sgaggio, L’eredità dei vivi (Marsilio)

Tu avresti capito.
È il tuo capire che mi manca. Il tuo vedere ogni particolare isolato nella sua organica, stringente e necessaria relazione con il tutto.
Il tuo corpo era il luogo dove abitavano i nessi fra le cose: implosi, ma pronti a esplodere per me, per spiegarmi il mondo, per dirmi fino in fondo un dolore, per rischiarare di luce una gioia.
Questo posto mi è caro. Anche se di sicuro tu qui non sei stata mai felice, e chissà perché ho nominato prima te e poi me: forse perché adesso che tu non ci sei il problema è stabilire quali sono i miei nuovi rapporti fra me e te.

Giovane sposa, madre, combattente, attivista inesausta del pensiero critico, Rosa emigra al nord e attraversa gli anni del boom e quelli del terrorismo, la democrazia cristiana e Berlusconi. Il figlio disabile e la lotta per l’affermazione della dignità, la percezione di un mondo che cambia, la rinuncia e il commiato. Il racconto di una donna e di un paese attraverso gli occhi di una figlia: un romanzo di potente scrittura, mai indulgente, vivissimo sempre.   

Dell’essere eroici, anche senza volerlo.

Andrea Marcolongo, La lezione di Enea (Laterza)

A ogni rivolgimento della Storia il lettore si affretta a deporre sul comodino L’Iliade e l’Odissea, e si precipita a prendere dallo scaffale l’Eneide. Il nostro unico impulso è la paura, e il bisogno disperato di sopravvivere – il nostro invisibile auriga non si pone più il problema di dove guidare il carro, ma di come rimetterlo in piedi dopo che è brutalmente deragliato azzoppando i due cavalli.

Non ci si sceglie gli eroi a caso. Essere mitologicamente figli di un apolide, scappato dalla propria patria in fiamme, che tiene sulle spalle il passato e per mano il futuro e la memoria ha un significato: Andrea Marcolongo indaga sulla figura di Enea e sulla sua umanissima lezione.

Della libertà  (e del perché leggere poesia fa molto, molto bene).

Pierluigi Cappello, Un prato in pendio (Bur)

(…)

Rimetta a noi i nostri cieli la parola aggiustata,
un segnale nutrito dal lampo nel poco di nessun conto
nel conto dei giorni vissuti senza cura
e abbracci, ma senza abbagliare,
ogni minuto preso dal vento
e il presente di queste mani
come se fosse eterno.

(da Poiein)

Cosa c’è oltre la siepe? Lo sguardo di un poeta, oltre ogni restrizione.
Versi per guardare lontano, dentro e fuori di noi.

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