Così la Ford, battendo Ferrari, ridiventò l’auto dei giovani

In Cinema

“Le Mans 66 – La grande sfida” di James Mangold racconta un’impresa sportiva, sul celebre circuito francese, ma ancor di più una grande performance industriale (dietro le quinte, c’era Lee Iacocca). E Christian Bale, in coppia con Matt Damon, va alla conquista del pubblico: è un antipatico da amare

Esce il nuovo film di James Mangold, Le Mans 66 – La grande sfida, titolo originale Le Mans 66 (Ford v Ferrari); il regista degli acclamati Quando l’amore brucia l’anima (2005) e Logan – The Wolverine (2017), fa di nuovo centro con una storia di amicizia e motori, di velocità e perseveranza dove Ford versus Ferrari non c’entra proprio nulla.

Sono arrivati gli anni ’60 in America e per Henry Ford II è tempo di crisi; i giovani americani non vogliono più auto da famiglia, grandi macchine a stelle e strisce in cui trovino comodamente posto la spesa, la moglie, i figli e magari un bel cane peloso. Vogliono auto potenti, veloci e belle da morire. È così che a Lee Iacocca (ingegnere industriale e manager, guarda caso di origini italiane, che lavorò sia in Ford sia in Chrysler occupandosi soprattutto di marketing) venne in mente di far concorrere la Ford nei circuiti delle vetture da corsa; un’idea geniale per mostrare le macchine della casa statunitense non solo come automezzi ma come oggetto di vanto personale e di potere. Ma per un’impresa epica, come quella di voler battere Enzo Ferrari nella 24 ore di Le Mans, serviva una squadra di eroi: Iacocca (Jon Bernthal) ingaggiò quindi Carroll Shelby (Matt Damon) e la sua scuderia che comprendeva il britannico Ken Miles (Christian Bale), ingegnere meccanico esperto ed automobilista geniale.

Con la bandiera statunitense sullo sfondo, viene quindi raccontata la storia di Ken Miles, ingegnere e pilota, marito, padre ed amico, eroe di un’epica impresa e ben presto dimenticato. Mangold dipinge il suo carattere burbero, che non lascia spazio a contraddizioni, tipico di una persona ben conscia delle proprie capacità; ci mostra Miles come l’anti eroe per definizione, un uomo mal visto dalla maggior parte di chi gli stava intorno, ad eccezione di chi lo conosceva meglio: Shelby, la moglie, il figlio e il suo team di squadra. Con Le Man’s 66 – La grande sfida, Mangold ha ridato a Miles la veste di mito che merita, permettendo ai più giovani spettatori di conoscerlo e a quelli più anziani di ricordarlo.

Il regista gioca bene tutte le sue carte: la sceneggiatura dell’inglese Jez Butterworth (Black Mass – L’ultimo gangster, 2015) dà corpo alla pellicola, diretta con perizia ed entusiasmo, ben calibrando i momenti di quiete e quelli di tensione. L’adrenalina è al massimo nel momento della gara, che è gestita molto bene e tiene attaccati alla poltrona; le musiche di Marco Beltrami accompagnano lo spettatore verso un finale dolceamaro che regala tante emozioni, anche più di un altro film cult di genere degli ultimi anni come Rush di Ron Howard (2013). Sullo schermo la coppia Damon – Bale funziona egregiamente e per una volta quest’ultimo interpreta un suo connazionale, dimostrando come sempre una mimica unica.

Dopo la visione di Le Man’s 66 – La grande sfida, tornando alle vostre auto, se troverete un cambio automatico al posto del manuale, ve ne pentirete amaramente.

Le Man’s 66 – La grande sfida, di James Mangold, con Matt Damon, Christina Bale, Jon Bernthal, Remo Girone, Caitriona Balfe, Tracy Letts, Josh Lucas  

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