La montagnola incantata di Bisio

In Teatro

Dagli “Sdraiati” di Serra e con la regìa di Gallione monologo dell’attore ispirato dalla metamorfosi della figura del genitore alle prese con l’adolescente modello Ipad

La ricetta è sempre quella: one-man-show con una stella. Stella del piccolo e/o del grande schermo a cui affidare le pagine di un best seller dell’editoria contemporanea.

Anche nell’attuale circostanza Giorgio Gallione non cambia né l’impianto registico con una spoglia scenografia unica e allusiva, né la squadra vincente che gli hanno sempre garantito il sold out; così ripropone l’accoppiata tra l’attore (non il cabarettista) Claudio Bisio e lo scrittore (non l’elzevirista) Michele Serra.

Cuce con penna fluida il copione in un abile montaggio dai libri Gli sdraiati e Breviario comico, e trova perfino il modo di valorizzare una struttura circolare dall’esplicito sapor di metafora.

Tutto parte dalla proposta di un genitore al figlio adolescente cresciuto nel nuovo millennio di fare insieme una lunga passeggiata fino alla cima di un monte dal panorama mozzafiato. L’adulto non riesce a spiegare che le ragioni dell’offerta non sono solo nostalgiche e affettive; il ragazzo non è in grado di capirlo e non ha nessuna intenzione di schiodarsi dalla sua stanza.

La fine però vede il giovane camminare sicuro in autonomia sul sentiero verso la vetta e molto in avanti rispetto al genitore. Lungo il percorso del monologo l’adulto ha modo di mostrarsi nelle sue varie dimensioni: non come padre-padrone d’anteguerra, non come neo-metrosexual-ragazzo-padre, emblema piuttosto di una nuova tipologia di modello educativo alternativo diventato la prassi padre-amico post-sessantottino empatico partecipe della vita del figlio.

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Con un grande limite di cui è consapevole: non saper trasmettere le proprie esperienze e non saper trovare un linguaggio in grado di superare la barriera generazionale. Sa di non farcela a comprendere o giustificare ma sa però accettare (o subire?) i comportamenti del ragazzo che ai sui occhi risultano ridicoli.

Sono enigmi ingiustificati la lontananza del ragazzo da un’attiva vita di comunicazione sociale e la sua mancanza di un impegno politico, come anche il suo costante isolamento dal mondo reale grazie o a causa delle cuffie dell’iPad. Gli è un mistero insondabile l’attuale attitudine al multitasking nella stessa misura della moda esposta nei templi acclamati del fashion.

E qui Bisio è davvero simpatetico col suo personaggio in quanto a smarrimento e a perplessità, più autentico e credibile ora di quanto non fosse nel similare Malaussène portato in scena sempre sotto la guida di Gallione. Forse perché può attingere in alle proprie reali esperienze di padre di due adolescenti e riderne lui per primo ragionandone tra sé o colloquiandone in diretta con gli spettatori.

Proprio abile a calibrare la sua logorrea di alto stile letterario sugli umori e palpiti colti in platea.

A supporto e scansione delle sue perplessità e incomunicabilità suonano le musiche e gli arrangiamenti di Paolo Silvestri eseguiti dal violino di Laura Masotto e dalla chitarra di Marco Bianchialla. Non il consueto score musicale di accompagnamento a un soliloquio, ma autentico secondo deuteragonista sulla scena, espressione di un linguaggio universale che non necessita di parole.

Sarà un caso se la soluzione dello spettacolo viene affidata all’attesa esecuzione integrale della sempre accennata e mai conclusa Father and Son di Cat Stevens? No, con una certa dose di furbizia, non è un caso.

Father and son, ispirato a Gli Sdraiati e Breviario comico di Michele Serra, con Claudio Bisio, al Piccolo Teatro fino al 3 aprile

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