Il tempo giusto per essere amati: “Un’estate” di Claire Keegan

In Letteratura

Non è la sua famiglia, ma è quella di quei due sconosciuti che la ospitano a permetterle di capire, per la prima volta, che cosa vuol dire sentirsi parte di un sistema di affetti reciproci. In una fattoria di campagna, in Irlanda, una bambina spedita dai genitori a passare l’estate da una coppia senza figli impara la delicatezza, l’accoglienza, l’ascolto. Una novella lunga di Claire Keegan perfetta per raccontare ciò che accade quando il sole scalda il cuore.

«Continuo a non trovare le parole ma questo è un posto nuovo, servono parole nuove»

La scrittura diretta e impeccabilmente intonata di Claire Keegan narra nel breve racconto (di sole 75 pagine) di un amore tenero dall’incredibile risonanza emotiva: teso ed essenziale, scarno in superficie, Un’Estate nasconde in ogni scena di vita mondana irlandese un significato inaspettatamente pregnante.

Pubblicato originariamente nel 2010 in Irlanda, dove ha goduto di buona ricezione, Un’Estate è arrivato in Italia soltanto nel 2023, pubblicato da Einaudi, certamente aiutato dalla fama riscossa a livello mondiale dal suo predecessore, Piccole Cose da Nulla.

È una storia semplice: nel periodo estivo una bambina viene mandata a vivere con gli zii materni, che non conosce e abitano lontano, mentre la madre aspetta l’ennesimo fratellino; il poco tempo passato insieme permette alla bimba (nonché narratrice del racconto) e agli zii, i Kinsella, di costruire un legame dolce e forte.

Ma, come spesso accade con Keegan, la semplicità è fuorviante, sapientemente cela dietro piccoli quadretti bucolici vastità difficili da descrivere eppure rese in maniera limpida. C’è qualcosa di profondamente toccante nel modo in cui Un’estate abita gli spazi più ambigui e delicati: quei momenti di esitazione tra una parola e l’altra, la soglia sottile tra ciò che si sa e ciò che resta appena fuori dalla comprensione. “Tutto diventa sempre qualcos’altro,” riflette la giovane narratrice, “si trasforma in un’altra versione di quello che era prima,” e intorno a lei il mondo sembra costantemente in movimento, in bilico, colto nei suoi momenti di transizione e trasformazione.

E forse è proprio il vivere questi momenti di incertezza ordinaria, insieme alla brevità dell’incontro (e del libro) a rendere così impattante quest’estate. Le scene di vita quotidiana – una gita al negozio in paese, le faccende domestiche, una passeggiata in spiaggia, un funerale – diventano occasioni per dipingere un mondo emotivo delicato e complesso, sia nelle descrizioni, a volte incomplete, della piccola narratrice, che fatica a trovare le parole giuste per descrivere quello che prova, sia nei molti non detti: preziosi nella storia sono i momenti di silenzio, le azioni più delle parole.

«- Non devi mai sentirti costretta a parlare, – dice -. Non devi farlo per forza, ricordatelo. Sono in tanti a rimetterci solo perché hanno perso un’ottima occasione per stare zitti.»

Il tema del silenzio si intreccia con facilità nella vita del paese: anche in questo racconto, Keegan sembra voler rendere netta la divisione tra i protagonisti e la folla; gli abitanti del paesino irlandese sono indelicati e schietti, pieni del bigottismo e pregiudizio incattivito tipico dei paesi in profonda crisi. Così Claire Keegan non manca di ricordarci che sotto i paesaggi idillici d’Irlanda si aggira lo spirito di un Paese in profonda difficoltà, segnato dagli scioperi della fame, a cui allude la stessa autrice, a ricordare la storia profonda e complessa della sua Terra.

Una complessità che può essere solo intercettata vagamente dalla bimba, finalmente in una casa in cui si sente sicura, vista. La vita dei Kinsella è semplice, e con semplicità restituisce alla bambina la cura e l’attenzione che così chiaramente le mancano: un bagno caldo, dei vestiti puliti, una carezza. Con semplicità, e pur senza usare molte parole, si rende evidente quanto essere amati passi dai gesti più quotidiani. Gesti che stridono a confronto con la desolazione della sua casa natia. La madre, per cui «tutto è un lavoro», i fratelli, troppi, e il padre scontroso, anaffettivo, assente, che gioca troppo d’azzardo e si ubriaca troppo spesso.

«[…] e sento di nuovo i denti di ferro del pettine sulla testa stamattina presto, la forza delle mani di mia madre mentre mi fa le trecce strettissime, la sua pancia sulla mia schiena, dura per il bambino che deve nascere. […]. Li ho sentiti che dicevano: – Quanto tempo dovrebbero tenerla? – – Non possono tenerla tutto il tempo che vogliono? – »

Il romanzo giunge con dolcezza al termine dell’estate, fino a un finale inevitabile e a un paragrafo conclusivo forte ed emotivo: la bambina è stata per la coppia un dono, tanto quanto loro lo sono stati per lei. In una scena carica di simbolismo, l’uomo indica tre luci in cielo, ricordando che prima ce n’erano soltanto due: «Le due luci baluginano come prima, ma in mezzo ne brilla un’altra, fissa.»

Keegan possiede una straordinaria sensibilità per il dialogo e un talento raro nel creare frasi di una perfezione cristallina, capaci di racchiudere un’intera vastità emotiva.  Un’estate è una novella sorprendente, inaspettatamente potente, che racconta con delicatezza e profondità i modi sottili e inaspettati in cui l’amore può farsi strada nelle nostre vite, penetrando lentamente e con forza nel cuore fino a colmarlo completamente, fino a cambiarci grazie al piccolo miracolo di essere visti.

«Kinsella mi prende per mano. Allora mi rendo conto che mio padre non l’ha mai fatto, nemmeno una volta, e una parte di me vorrebbe che Kinsella mi lasciasse andare, così non sarei costretta a provare niente di simile. È una brutta sensazione, ma andando avanti comincio ad abituarmi alla differenza tra la mia vita a casa e quella che ho qui, e la accetto.»

Un articolo su Piccole cose da Nulla si trova qui.

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