Branagh/Poirot tradisce Agatha Christie a Venezia nel palazzo degli orrori

In Cinema

E’ poco più di uno spunto il poco noto giallo della grande scrittrice inglese che sta alla base di questo terzo episodio in cui l’attore-regista britannico si misura con il personaggio dell’investigatore coi baffi a manubrio. Che parte qui poco entusiasta ad occuparsi di delitti e varia umanità, e disilluso all’idea di trovare verità e giustizia. Però alla fine questa indagine in Laguna, tra spettri e tranelli, farà presa sulla sua vena malinconica. E darà al film buon ritmo e capacità di intrattenere con intelligenza

“La verità è triste”, sostiene Hercule Poirot, l’impareggiabile detective creato da Agatha Christie e tanto amato da Kenneth Branagh, che per la terza volta interpreta e dirige un film (Assassinio a Venezia) ispirato a un romanzo della regina del giallo inglese. Le prime due volte, però, la scelta era caduta su capolavori acclarati e più che noti al grande pubblico (oltre che già in precedenza ripetutamente portati sullo schermo): Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo. Questa volta il prescelto è un romanzo pressoché sconosciuto: Poirot e la strage degli innocenti (titolo originale: Hallowe’en Party), pubblicato nel 1969 da una Christie di certo non più giovanissima ma ancora curiosa del mondo e capace di intessere trame vivaci e intrighi appassionanti.

Trame e intrighi che in gran parte i lettori di questo romanzo non ritroveranno nel film, proprio per nulla. Stando alle dichiarazioni dello stesso sceneggiatore Michael Green, già responsabile degli adattamenti precedenti, il romanzo di Christie ha fornito qualche spunto, un indizio di atmosfera, due personaggi e un abbozzo di intreccio, ma nulla di più: tutto il resto è stato riscritto, cambiato, reinventato, a partire da un’ambientazione veneziana collocata in un improbabile 1947 dove suore e bambini si dedicano con strepitoso entusiasmo ai festeggiamenti di Halloween e un ex commissario di polizia (con il volto
corrucciato e spento di Riccardo Scamarcio) non trova di meglio che fare da guardia del
corpo al detective più brillante e tormentato della storia.

Poirot ci viene infatti proposto, fin dalle prime inquadrature, come un eroe assai riluttante, che non vuole più occuparsi di delitti e nemmeno di umanità, e preferirebbe tenersi a gran distanza dal mondo e dai suoi occupanti. Sicuro ormai del fatto che la verità non mette conto inseguirla e corteggiarla: è tutto tempo sprecato. Quando va bene si tratta infatti di un’approssimazione, un tentativo, un desiderio, un voler essere che non si trasforma mai in certezza e realtà. Nonostante tutto, Poirot non saprà resistere alla trappola al miele rappresentata dalla scrittrice di gialli e vecchia amica Ariadne Oliver (Tina Fey, strepitosa!), che gli porge (quasi letteralmente) una mela avvelenata e lo trascina in un balletto di spettri macabro e fascinoso.

Tutto inizia con una seduta spiritica e con il tentativo, in apparenza tanto facile, di smascherare una medium imbrogliona (Michelle Yeoh) e ristabilire verità e giustizia, e soprattutto razionalità. Ma nel meraviglioso e spaventoso palazzo veneziano dove l’intero film è ambientato, tra sorprese e incubi, promesse d’amore e veleni, filastrocche infantili e fantasmi crudeli – e una tempesta che nemmeno per un istante smette di infuriare – anche il detective più perspicace al mondo, con i suoi baffi a manubrio e il purissimo raziocinio, finirà col perdersi nei meandri del mistero e della paura.

Un divertissement più gotico di quello che ci si potrebbe aspettare, a tratti quasi horror, che mantiene comunque le promesse e riesce a divertire, tra un’inquadratura deformata e un dialogo malinconico, una maschera inquietante, uno scroscio di pioggia, un raggio di luce spettrale, un’ombra livida e sinuosa, una terrificante allucinazione. Non un’operazione sofisticata, ma di certo un prodotto di qualità più che buona, che intrattiene con intelligenza e gioca con i generi, flirtando con il soprannaturale ma non rinunciando a rivendicare razionalità e certezze in un finale di consueta rassicurazione. Perché dopo la tempesta viene il sereno, ed Hercule Poirot, dopo tanti dubbi e tentennamenti non può che riprendere in mano il bandolo della matassa e il proprio destino di inaffondabile detective già pronto per nuove avventure.

Assassinio a Venezia, di e con Kenneth Branagh, e con Tina Fey, Kelly Reilly, Jamie Dornan, Jude Hill, Michelle Yeoh, Emma Laird, Riccardo Scamarcio, Camille Cottin

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