Al saggio dell’aspirante autore

In Letteratura, Weekend

Tuberi inventori, disastri di coppia e gostwriter: qualcosa ingolosirà un editore? Cronaca partecipata del giorno fatidico di una scuola di scrittura

Ci siamo conosciuti il sedici novembre del 2013. Diciannove studenti, la maggior parte da fuori Milano, due docenti. Per tenerci in contatto abbiamo  anche creato un gruppo su Google, quasi tutti i giorni ci siamo chiesti consigli e pareri sui nostri lavori. Ma nell’ultimo mese la generosità soccombeva alla tensione: si avvicinava infatti il giorno fatidico della presentazione agli editori.

La Bottega di Narrazione dell’editore Laurana è una creatura degli scrittori Giulio Mozzi, collaboratore di Marsilio, e Gabriele Dadati, curatore di Laurana. E’ l’unica scuola di scrittura in Italia che, a fine corso, permette agli aspiranti scrittori di incontrare gli inarrivabili editori. Chi vuole partecipare deve inviare al sito della Bottega progetti di narrazione, prime stesure, stesure parziali o semplicemente una scaletta. Il corso prevede un week end al mese per un anno, otto ore il sabato e otto la domenica, per un totale di duecento ore d’aula. Dalla prima Bottega , nel 2011, a oggi sono stati pubblicati, o sono in fase di pubblicazione, sette romanzi da case editrici come Rizzoli, Einaudi, Indiana, Edizioni Paoline, Newton Compton, Ets e Marsilio. Adesso tocca a noi.

L’incontro è fissato alle dieci e trenta di una domenica di dicembre, presentiamo in nove, gli altri lo faranno a marzo. Per non rubare tempo alle opere abbiamo messo a punto un buffet con impegno quasi pari a quello letterario. L’aula è piena, cerchiamo di individuare gli editori e ci consultiamo con Giulio e Gabriele per scoprire chi è venuto e chi ha dato buca. Riconosciamo Valentina Balzarotti dell’Agenzia Letteraria Internazionale, è venuta a farci una lezione sul ruolo degli agenti, e da quest’anno l’Ali ha deciso di istituire una borsa di studio di cinquecento euro.

Comincia Sara, il suo romanzo si chiama Il collezionista di tramonti. Sul fascicolo a disposizione degli editori c’è la sua biografia. Infermiera diplomata, lavora nel campo dei prodotti per l’incontinenza. La lettura è troppo veloce, Giulio la ferma più di una volta consigliandole di rallentare. In prima fila la figlia di nove anni  la riprende  con l’iPhone.

Non contento dei pannoloni, Giulio presenta Simonetta: «lavora nel calcestruzzo». Poi continua: «la brutta notizia è che sta scrivendo racconti – bestia nera dell’editoria italiana – la buona è che sono molto belli». Simonetta ha vissuto a Londra e a Tokyo, in un anno di Bottega si è guadagnata la fama di una tosta. A poche righe dall’inizio della lettura però piange, beve acqua e cerca di sdrammatizzare: «Ho dimenticato le palle a casa – dice tra un bicchiere e l’altro – di solito le porto sempre». Ridiamo e applaudiamo tutti, che bello, ci si può anche commuovere.

E’ il turno di Margherita e poi di Sara. Margherita ha scritto una storia d’amore che si ripete nel corso di tre secoli, Sara invece racconta piccole storie di provincia che non devono andare perdute. Tra il pubblico intravedo Matteo B. Bianchi di Indiana Editore e Alessandra Penna di Newton Compton che segue le letture sul fascicolo e prende appunti. Arriva il turno di Cristiana, architetto, accanto a lei si siede anche Claudia. Cristiana è dislessica, non riesce a leggere, e affida a Claudia un brano del suo libro che s’intitola Sepotessi, una storia per bambini che ha come protagonista un tubero inventore.

Mentre Claudia legge ancora, Giulio mi chiede di anticipare il mio intervento, doveva venire anche  mia figlia, così non mi vedrà. Dopo due mesi al ritmo di venti sigarette al giorno, inizio a leggere cercando di ricordare i consigli di un’amica che lavora in teatro. Il mio romanzo racconta la storia di una coppia separata che si trova a dividere la casa per una settimana, lui dorme sul divano, lei registra minuziosamente movimenti e stati d’animo. Alla fine della lettura mi godo l’applauso, ringrazio, e vado a bermi un bicchiere di vino.

Il buffet prevede mozzarelle di bufala portate da Marco, uno studente di Napoli, focacce, frittata di pasta, e per finire due vassoi di struffoli preparati da Stella, anche lei napoletana. La pausa pranzo è il momento migliore per le pubbliche relazioni: Laura Bosio, consulente di Guanda, mi fa i complimenti e sono felice, è una signora molto gentile e affettuosa, penso che il mondo dell’editoria non è poi così terribile.

La presentazione riprende con Whisky Merlino, il romanzo di Francesco, un commercialista torinese. «Whisky è un figo», ce lo siamo ripetuti tutto l’anno. E’ un ghostwriter che vive di notte e va in cerca della memoria del padre. Francesco legge piano, in platea da qualche parte c’è la sua fidanzata. Durante la lettura è arrivata Patricia Chendi, editor di Sonzogno che si siede silenziosamente in seconda fila. Anche Mimmo, come Francesco, parla poco. Fa il copywriter e il suo romanzo racconta il vuoto lasciato da una persona dopo la propria morte. Mimmo ha fatto teatro e legge immerso in una trance che lo isola per quasi mezz’ora. Chiude la giornata “la nostra Agnello Hornby”, soprannome di Stella Eisenberg, una ex preside che racconta la storia di una grande e ricca famiglia ebrea, forse la sua.

«La Bottega non finisce qui – dice Giulio agli ospiti rimasti – ci vediamo a marzo per i lavori di tutti gli altri».  La sala si svuota, rimangono i resti del buffet e un’ansia sottile che ancora non ci lascia in pace. In questa lunga giornata abbiamo scoperto che gli editori sono persone gentili e riservate, quasi invisibili. Noi invece ci siamo scoperti e adesso siamo di nuovo soli, forse più di prima. La Bottega per noi è finita e non possiamo fare altro che aspettare. Una mail o, meglio, una telefonata.

Foto di Barbara Friedman

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