Il nuovo progetto dei MASBEDO, disponibile nelle sale cinematografiche a partire dal 24 aprile 2025, porta sullo schermo un punto di vista inedito sulle vicissitudini giovanili.
«Ma perché, ad un certo punto, una persona non può stare a contatto con la propria malinconia, con la propria nostalgia, perché questo mondo non ci concede più di stare sulla stessa quota della sofferenza? Dev’essere tutto, in questo senso, amputato».
Così si apre la nostra intervista ai MASBEDO, il duo artistico formato da Nicolò Masazza e Iacopo Bedogni, avvenuta in seguito alla visione di “Arsa” (2024), il loro ultimo, grande, progetto.
L’anteprima della pellicola, presentata presso il Teatrino di Palazzo Grassi di Venezia, mostra una giovane donna alle prese con una quotidianità diversa dallo standard: la casa di Arsa è grande quanto i contorni sfumati dell’isola in cui vive, uno spazio brullo e selvaggio che, a sua volta, corrisponde alla distanza posta dalla protagonista tra sé e il resto del mondo. È entro questi limiti che la regia dei MASBEDO agisce, invadendo con droni e macchine da presa la sacra solitudine di un personaggio che, sin dai primi istanti di minutaggio, risulta autonomo e tridimensionale.
Arsa, interpretata dall’attrice Gala Zohar Martinucci, è in lutto. Il suo tempo è scandito da un orologio rotto, a cui fanno eco gli intervalli ridondanti delle onde del mare; in questo attimo infinito lei sogna e ricorda il padre, una figura per lei fondamentale. La quiete della protagonista si incrina a partire dall’incontro con tre turisti, dei ragazzi di all’incirca la sua età. Tra questi vi è Andrea, interpretato da Jacopo Olmo Antinori, che, a sua volta, ha perso da poco il padre.
La figura paterna viene indagata come tema principale, il punto zero di due vite completamente diverse, frutto di rapporti familiari opposti. Se il padre di Arsa viene infatti da lei sublimato, quello di Andrea non ha praticamente mai fatto parte della vita del figlio. L’incontro fra i ragazzi porta quindi la sceneggiatura a riflettere su realtà speculari: vuoto che genera, nel caso di Arsa, e vuoto che toglie nel caso di Andrea.
Il confronto fra questi due legami affonda le proprie radici in un discorso psicanalitico: «Incredibilmente», racconta Nicolò Masazza, «il non legame è irrisolvibile. Essendo il non legame comunque una forma di legame, il vuoto che può generare è un vuoto senza senso, un vuoto non degno. Con un vuoto non degno è come mangiare polistirolo: non alimenta, non risolve e ce l’hai sempre lì. Quando il legame è legame, come nel caso del padre di Arsa, diventa totalmente differente la cosa. Il frutto non cade mai lontano dall’albero e, come dice Jacques Lacan: “È in questo spazio, tra l’albero e il frutto, che si genera la tua vita”; è li in mezzo, quindi, che giochi la tua partita. Se per te l’albero non è mai esistito non hai idea di quanto ampio sia lo spazio, dove sia il confine». Uno sguardo il più possibile oggettivo su queste figure paterne rivela un «film fortemente antipatriarcale, in cui», a prescindere dal grande affetto provato dalla protagonista, «la figura maschile si presenta bucata, rotta».

Sul piano visivo, alla profondità del tema fanno eco delle spettacolari riprese subacquee. Ed è proprio a partire da una di queste immagini che il soggetto ha avuto origine: tra le coste di Stromboli, dove il film è ambientato, gli artisti hanno avuto modo di notare un’antica statua sommersa, abbandonata a se stessa. Dalla volontà di raccontare il percorso misterioso di questa scultura verso il fondo del mare è nato spontaneamente il soggetto, legato inevitabilmente a tematiche quali la memoria e la perdita.
Nonostante il fulcro dell’indagine artistico-cinematografica affronti una materia relativamente oscura, la pellicola al contrario si mostra sempre brillante. Il labirinto di scogli e canneti entro cui Arsa si muove è inondato di luce; i pomeriggi luminosi cedono il passo a serate calde e salmastre, mai veramente buie.
Il terrore dei mostri viene sempre solamente accennato: le allusioni fanno parte di un preciso programma dialettico, fortemente voluto dai registi, che vede posti in primo piano gli sforzi interpretativi dello spettatore. La volontà artistica del progetto si riflette quindi non tanto nelle modalità di produzione quanto in un rapporto di fiducia bilaterale che si costuisce, scena dopo scena, tra gli artisti e il pubblico.

Ai lunghi silenzi del film verrà affiancato il podcast “Tabula Arsa”, disponibile sui canali YouTube di Fandango e su tutte le principali piattaforme a partire dal 22 Aprile 2025. Questo secondo progetto è da considerarsi complementare all’opera, un’espansione sotto forma di un altro medium degli stessi temi proposti sullo schermo: arte, lutto, ricordo, scoperta, riuso, amicizia, e molti altri.