Il biopic che Kim Longinotto ha realizzato sulla mitica reporter dell’Ora di Palermo alterna con sagacia narrativa tre filoni: gli scatti di cronaca, spesso assai crudi, una serie di video di maxi-processi e altro, e le parole di Letizia, che racconta anche i suoi tre amori. Con sentimento e rispetto
Letizia Battaglia, classe 1935, non è solo una fotografa, donna, giornalista, ma anche una vera e propria forza della natura. Con il suo potente caschetto color fucsia, scuote profondamente gli animi dei presenti all’anteprima del suo docu-film Letizia Battaglia-Shooting the Mafia, al festival di We World. La sua, come lei stessa ha raccontato, inizialmente sembra essere una storia comune, quasi ordinaria, finchè un giorno non decide, mentre era giornalista per L’Ora di Palermo di diventare una fotografa.
Il film narra la storia di come sia arrivata a scattare alcune tra le foto più incredibili che documentano gli eventi legati alla mafia siciliana dai primi anni 70 per i successivi venti e oltre. Una delle prime battute del film diretto da Kim Longinotto recita: “Il primo omicidio non si scorda mai”. Presenta quello che sarà il suo lavoro: fotografare i mafiosi morti. Oppure, in alcuni casi, le vittime di mafia. Letizia Battaglia accompagna il pubblico in un viaggio alla scoperta della sua vita e dei suoi amanti (tre), ognuno descritto con immensa grazia e onore, quasi come se si spogliasse davanti alla telecamera, raccontando dettagli intimi della sua vita, condividendo attimi molto intensi ma allo stesso tempo puri e colmi di significato.
Le sue parole si alternano con le foto che ha scattato e con alcuni video girati durante i maxi-processi o presi dai telegiornali, dalle telecamere presenti a funerali e manifestazioni. Lo spettatore viene trasportato indietro nel tempo, in un periodo buio della storia del nostro Paese, pieno di dolore e difficoltà. Incutono timore e stupore i fotogrammi di cui sono protagonisti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: nonostante la loro storia sia nota a tutti, e siano passati tanti anni dalla loro morte, riescono a emozionare il pubblico con le loro parole legate alla giustizia e alla libertà.
Nel film è interessante l’intreccio dei tre filoni (fotografie, video, amori), utilizzato dalla regista per “spezzare” il ritmo: data la difficoltà dell’argomento, parlare solo dell’una o dell’altra cosa sarebbe risultato noioso e ridondante. Con le sue foto, infatti, Letizia Battaglia rende partecipe chi guarda di una serie di eventi che hanno cambiato il corso della storia italiana, in cui spiccano elementi così crudi che si stenta a credere siano avvenuti veramente. Ma le foto sono lì apposta per documentare tutto questo, dure, piene di sangue, perfette come fossero prese mentre viene girato un film.
Shooting the Mafia, però, non è solo questo, ma anche un intimo racconto di come una donna all’epoca 40enne si sia fatta strada in un mondo maschile (e maschilista) diventando la prima fotoreporter per un quotidiano e superando ostacoli non da poco quali minacce anonime, telefonate e biglietti recapitati da personaggi oscuri. Non l’hanno fermata, ma lei di paura un po’ ne ha avuta. Lei stessa racconta che fu forse per questo, insieme all’immenso dolore, che non riuscì a fotografare i corpi di Falcone e Borsellino. O forse fu semplice dignità, dato lo stato in cui erano. Eppure ne aveva fatte di fotografie a cadaveri. Di questo si pente ancora oggi, “ma ormai non si può tornare indietro”.
Alla fine della visione viene da pensare a come la criminalità sia oggi rappresentata (anche idealizzata) dal cinema e dalla tv: personaggi mafiosi diventano protagonisti (diretti o indiretti) di film cult (e non), spesso diventando idoli delle masse o punti di riferimento tra i più giovani. Lo stesso Il traditore, il film sul caso di Tommaso Buscetta diretto da Marco Bellocchio, lo ritrae come un uomo potente, forte, pieno di soldi, e con, almeno all’apparenza, una vita bellissima da trascorrere. Ecco, in Shooting the Mafia è presente in uno dei video d’archivio il Buscetta vero, e l’effetto che fanno le sue parole è completamente diverso: eppure le immagini sono praticamente identiche, a rendere il film di Bellocchio ancora più bello.
Insomma il bio-pic della Longinotto è un documento fondamentale, offre testimonianze e racconta un periodo tragico della storia italiana: e se è rappresentato con un pizzico di ironia, come solo Letizia Battaglia sa fare, diventa quel tanto più leggero, a tratti divertente, da adattarsi ad ogni tipo di pubblico, anche quello più debole di cuore.
Letizia Battaglia – Shooting the Mafia, un documentario di Kim Longinotto con Letizia Battaglia. Al cinema dall’1 al 4 dicembre