Maturità: strategie di sopravvivenza

In Weekend

Anche per i prof c’è una prima volta e viene persino voglia di mollare. Ma si resiste e si impara. Qui buoni consigli per docenti, studenti e genitori

Professori

E chi se lo dimentica quell’esame, quel mese e oltre, quel caldo, quella tensione? Al tempo le prove di maturità avevano inizio ai primi di luglio e talvolta sconfinavano nella prima settimana di agosto. La chiamata  arrivò due giorni prima dell’inizio, su rinuncia (il fenomeno era abbastanza frequente), destinazione un severo e prestigioso liceo di Bergamo in cui un congruo gruppo di studenti era stato decimato prima e non era stato ammesso.

Dietro l’atteggiamento naturale ero tesa ad osservare i colleghi che, a parte uno, palesemente avevano esperienza da vendere, in particolare il presidente. Il momento più faticoso per me fu la correzione dei temi d’italiano (novantadue!): lettura a voce alta davanti alla commissione, accoglimento di pareri e suggerimenti, formulazione di un possibile giudizio, stesura di una articolata valutazione finale; il tutto in un’aula piccola, torrida e affollata.

Al quinto giorno considerai seriamente la possibilità di dimettermi.

Agli orali il presidente, occhiuto, tassativo e niente affatto incline al sorriso, vigilava senza un attimo di distrazione a che non uscisse dalla mia bocca la salvifica domanda di riserva o quella ‘a piacere’. Nei tre giorni dedicati agli scrutini feci appello alle energie residue per trovare argomenti efficaci e validi per dare qualche (almeno uno!) sessanta a studenti meritevoli, e soprattutto per evitare la falcidia finale che si consumava al rallentatore sotto gli occhi impietriti del commissario interno. Da quella prima  preziosa e faticosissima esperienza uscii esausta ma convinta di avere appreso i cosiddetti fondamentali. E cosi fu, per tutte le volte, cioè per tutti gli anni a seguire…

Studenti

Lo dico senza retorica: considero una vanto aver conosciuto tanti adolescenti che mi sono cresciuti sotto gli occhi, anche se alcuni si sono ribellati, altri si sono rifiutati di appassionarsi a ciò a cui mi appassionavo, altri hanno mostrato indifferenza, altri ancora mi hanno seguito e alla fine si sono lasciati conquistare, non da me ovviamente ma dai grandi temi.  Li ho visti tutti, indistintamente, in quel preciso momento della loro vita legati da un filo rosso: l’ansia da esame, quella che loro chiamano ‘caga’. Che lo dicano o no, che lo manifestino o meno, nessuno è immune da quella spina indistinta piantata sotto lo sterno.

Ho cercato di rassicurare un mio allievo di circa un metro e novanta  con cravatta di ordinanza che, privo ormai di saliva, continuava a ripetermi: «Prof, non vado, è inutile, non so niente, non mi ricordo niente, non mi ricordo niente, lo dica lei a mia madre». «Buona quella», ho pensato, mentre lei, la madre, nascosta e senza farsi vedere dal figlio, sgranava un rosario con mani tremanti.

La letteratura sul tema è talmente vasta che mi è davvero difficile selezionare i casi più significativi.Lo spauracchio attuale, all’origine di quell’angustioso tremore in mezzo allo stomaco, è la terza prova, il quizzone, che chiede conto di più discipline.

La mia personale raccomandazione? La tesina. È il vostro biglietto da visita, il vostro spazio di libertà dal quale potervi collegare col resto del mondo attraverso altre due o tre materie.

Genitori

Ho già parlato in questa sede dei genitori e li ho descritti con termini decisamente poco teneri.

Ai genitori dei maturandi voglio però dedicare  un pensiero partecipe e affettuoso, anche a quelli che pretendono  dal loro figlio risultati brillanti e lo affaticano psicologicamente. Anche a quelli che ti telefonano a casa (pochi) perché non riescono a dormire pensando a una possibile bocciatura.

Prendo in prestito da un lungo intervento di Pietropolli Charmet il passaggio che ho preferito, proprio in merito all’esame di maturità: “L’auspicio? Che gli adulti non rincorrano il successo, la visibilità, ma avvertano l’orgoglio di essere riusciti ad accompagnare i loro figli fin lì. Che ci sia una celebrazione domestica del passaggio di categoria. Ai ragazzi bisogna chiedere di essere onesti, di chiudere una fase di dipendenza, non di prendere 100”.

Immagine di copertina: Project 365 #147: 270509 Testing Times Ahead di Pete

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