Programmi per l’autunno: la collezione Thannhauser a Milano

In Arte

In ottobre, farà tappa a Milano un’esposizione dedicata alla collezione Thannhauser del Guggenheim di New York. Molti capolavori, tra impressionismo e post-impressionismo, e qualche domanda.

È arrivata, in Palazzo Reale a Milano, la mostra della collezione Thannhauser proveniente dal Guggenheim di New York, ultima della (prima) tappa europea della collezione, dopo Bilbao e Aix en Provence.

È un’importante collezione di dipinti impressionisti e postimpressionisti raccolti dai galleristi Heinrich e dal figlio Justin Thannhauser a partire dall’inizio del Novecento. La storia della significativa raccolta corre in parallelo con la vicenda umana di questi ebrei tedeschi che attraversano le drammatiche vicende del XX secolo.

Vincent van Gogh, Montagnes à Saint-Rémy,1889

Heinrich apre una galleria, significativamente il nome è Moderne Galerie, nel 1902 a Monaco. Intelligenza e lungimiranza sono subito evidenti: la galleria espone una delle prime mostre di Van Gogh appena pochi anni dopo la morte dell’artista. Ma la figura centrale dell’impresa è Justin. Giovanissimo studia psicologia e storia dell’arte (con Bergson e Wolfflin tra gli altri) viaggia a Parigi, Mosca, Firenze. Diventa amico di Marinetti e, nel 1912, organizza una delle prime mostre “internazionali” del Futurismo, a Monaco. Un episodio che suscitò un enorme scalpore e che dilatò la fama del collezionista e della sua galleria, che apre sedi anche a Lucerna e Berlino.

L’interesse del padre per l’impressionismo si allarga agli artisti del Blaue Reiter (espone la loro prima mostra nel 1911), alle avanguardie parigine, alle nuove leve tedesche. Ma l’incontro fondamentale è a Parigi con il gallerista Kahnweiler, amico e collezionista di Picasso. L’interesse e l’amicizia del giovane Justin per l’artista spagnolo sarà feconda e gli consentirà di raccogliere uno dei più importanti nuclei di sue opere.

Claude Monet, Il Palazzo Ducale, visto da San Giorgio Maggiore, 1908

Ma altrettanto importante è la vicenda umana di Justin. Partecipa alla prima guerra mondiale nell’esercito tedesco. Nel 1916 viene gravemente ferito e riceve la croce di ferro. Negli anni di Weimer le gallerie di Berlino e Monaco sono un polo di attrazione fondamentale per le avanguardie di tutt’Europa. Ma incombe l’ombra nera del nazismo. Con la stessa lungimiranza con cui ha raccolto la sua collezione si rende conto della necessità della fuga. Nel 1937 è a Parigi, dove apre una galleria in rue de Merosmenil (vi espone Gauguin, Matisse e Monet). Tre anni dopo, alla vigilia dell’occupazione tedesca della capitale francese, si rifugia in Svizzera. Nel 1941 si trasferisce avventurosamente a Lisbona da dove riesce a trovare una nave per gli Stati Uniti, a New York. In tutti questi spostamenti vanno persi parecchi dei capolavori raccolti durante l’attività di gallerista e tutte le opere di arte classica raccolte dal padre. Quando arriva in America conserva però un importante numero di capolavori.

Sono anni funestati da lutti atroci: il figlio Heinz muore in guerra nel 1944, nel 1952 il secondo figlio Michael si suicida. La moglie Kate muore nel 1960.

A New York comunque la galleria Thannhauser è diventata il punto di riferimento di giovani artisti e intellettuali del calibro di Leonard Bernstein, Louise Bourgeois, Henri Cartier Bresson, Marcel Duchamp, Jean Renoir, Arturo Toscanini, Thomas M. Messer, direttore del Solomon R. Guggeheim Museum. E prosegue la promozione delle avanguardie anche di quella americana.

Paul Gauguin, Haere Mai, 1891

Nel 1962 si è risposato con Hilde Breitwisch che lo seguirà nella sua attività e che – ormai senza eredi – concretizzerà la sua volontà di donare la maggior parte della collezione al museo Guggenheim. Donazioni che si realizzeranno tra il 1963 e il 1984. Justin muore nel 1976 a 84 anni, Hilde nel 1991, anno in cui le ultime opere entrano a far parte della collezione Guggenheim.

I pezzi in mostra sono in effetti eccezionali: dai bronzetti delle ballerine di Degas, a opere di Cézanne, Manet, Van Gogh, una splendida veduta di Venezia di Monet, Kandinskij, Matisse, Klee, il doganiere Rousseau. E naturalmente alcuni Picasso.

Pablo Picasso, Le Moulin de la Galette, 1900

Sorge comunque una domanda. Hanno senso queste mostre negli spazi pubblici? La visita è certamente gratificante, si possono cammirare alcuni capolavori che abitualmente si trovano oltreoceano, un po’ però come sfogliare un bel catalogo. Ma è questo il ruolo di uno spazio come Palazzo Reale? Non dovrebbe piuttosto essere, il suo, quello di “proporre” cultura anziché funzionare da semplice vetrina di prodotti culturali confezionati altrove?

Negli ultimi tempi qualcosa s’è fatto: la bella mostra sulle influenze del mondo classico su Picasso e le – sebbene modestissime – mostre su Ingres e i Preraffaelliti. Per l’inverno si annuncia anche una grande mostra di Emilio Vedova curata da Germano Celant che fa ben sperare. Certo, l’impressionismo è molto amato a livello popolare. Indubbiamente. Dalle scatole di cioccolatini alle sale di Palazzo Reale.

Guggenheim. La collezione Thannhauser. Da VanGogh a Picasso, Palazzo Reale, fino al 1 marzo 2020.

Immagine di copertina: Paul Cézanne, Fiasco, bicchiere e vasellame, circa 1877.